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    Il video della funivia e dove dobbiamo fermarci

    Le immagini diffuse che riprendono gli ultimi istanti di vita dei passeggeri nella cabina numero 3 della funivia del Mottarone, e il repentino svolgersi della tragedia ripresa nei suoi minimi dettagli, ci pone nuovamente la questione di dove dovremmo fermarci nel raccontare le catastrofi e sul cosiddetto “dovere di cronaca”. Il video, come era ovvio avvenisse, ha suscitato molte reazioni a favore e contro la scelta di pubblicarlo per renderlo visibile al grande pubblico. Alcuni  tra i quali hanno subito tragedie simili, hanno spiegato l’impatto negativo che immagini di questa natura provocano nel ricordo di chi resta, perché queste rimangono scolpite, per sempre, nella mente dei famigliari sovrapponendosi forse alla memoria che ognuno di noi vuole continuare a conservare delle persone care che muoiono, specie quando travolte da eventi catastrofici come quello della funivia del Mottarone. Comprensibile, dunque, la scelta di alcune testate di non pubblicare il video per rispetto delle vittime e dei loro famigliari. C’è un punto, anche secondo noi, dove dovremmo fermarci, e la scelta della testata che ha divulgato quei lunghissimi istanti in cui si assiste al passaggio tra la vita e la morte, di oscurare i volti dei passeggeri non basta per “mitigare” questa incursione dell’informazione che non aggiunge nulla alla cronaca, se non a quella delle “emozioni”, più volte sollecitate anche in modo scomposto in questa vicenda, come in tante altre. L’avvertimento del conduttore al pubblico sulla durezza e sulla tragicità delle immagini prima di mostrarle, purtroppo, come è noto, sortisce spesso in un effetto contrario, perché stimola un’attrazione di buona parte dei telespettatori “al grande spettacolo” esclusivo.

    Di certo le immagini sono un documento prezioso per le indagini che stanno conducendo gli inquirenti, per comprendere meglio le responsabilità e per far sì che la giustizia faccia il suo corso. Ma fare cronaca creando una narrazione fatta di emozioni di chi guarda la tragedia sul piccolo schermo, è un atto superfluo, dannoso, che provoca dolore e una rinnovata disperazione. Per questo dovremmo fermarci.

    Photo by Tim Mossholder

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