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    Mattarella, un presidente giusto

    È la parola dignità che il presidente della repubblica Sergio Mattarella ripete in un crescendo alla fine del suo discorso a Montecitorio per il secondo mandato. Ed è quella che colpisce di più. Dignità vuol dire rimuovere gli ostacoli, come prescrive la Costituzione, ascoltare le donne, i giovani, gli studenti. 38 minuti per richiamare parlamento, governo e magistratura alle proprie responsabilità. 55 applausi dei grandi elettori. “Dignità è opporsi al razzismo e all’antisemitismo, aggressioni intollerabili, non soltanto alle minoranze fatte oggetto di violenza, fisica o verbale, ma alla coscienza di ciascuno di noi”. L’accenno alle minoranze, il cui rispetto è la bilancia dello stato della democrazia in un paese, è l’ultimo di un’attenzione mai sopita nel settennato trascorso di Sergio Mattarella che nel primo discorso di insediamento, sette anni fa, ricordò Stefano Gaj Taché come un bambino italiano vittima di terrorismo. 

    Ma dignità vuol dire anche ricordare la maggioranza che sostiene il governo Draghi, il ruolo del parlamento al quale l’esecutivo deve lasciare il tempo di esaminare le leggi, e qui viene in mente la manovra, ma anche la riforma della giustizia con la magistratura che in sostanza deve abbandonare logiche di schieramento. Tutto perché i cittadini si devono sentire rappresentati dalla politica, non si devono sentire abbandonati o peggio temere le sentenze della magistratura. 

    Tanta la strada da fare. Così Mattarella ricorda Lorenzo, il giovane morto in fabbrica durante uno stage. Ma anche Papa Francesco, David Sassoli e Monica Vitti. Ci sono poi tutti i riti dello stato laico, a quel “Viva la Repubblica” che il presidente pronuncia alla fine del suo discorso o anche quello della campana di Montecitorio che suona soltanto in occasione della rielezione del presidente della repubblica, campana di quello che ai tempi del Papa Re era l’edificio del tribunale pontificio e che oggi è il luogo della nostra democrazia. Il giuramento in aula alla Costituzione, di cui il presidente è garante, quella Carta fondamentale approvata dopo il terribile conflitto mondiale e la Shoah che Mattarella ricorda nel suo discorso quando accenna alla crisi Ucraina. “Non possiamo accettare che ora, senza neppure il pretesto della competizione tra sistemi politici ed economici differenti, si alzi nuovamente il vento dello scontro; in un continente che ha conosciuto le tragedie della Prima e della Seconda guerra mondiale. Dobbiamo fare appello alle nostre risorse e a quelle dei paesi alleati e amici affinché le esibizioni di forza lascino il posto al reciproco intendersi, affinché nessun popolo debba temere l’aggressione da parte dei suoi vicini”, dichiara il presidente. 

    Riecheggiano alla mente le parole pronunciate proprio in occasione del 27 gennaio dallo stesso capo dello stato. “La giornata della Memoria – ha detto Mattarella – non ci impone solamente di ricordare i milioni di morti, i lutti e le sofferenze di tante vittime innocenti, tra cui molti italiane. Ma ci invita a prevenire e combattere, oggi e nel futuro, ogni germe di razzismo, antisemitismo, discriminazione e intolleranza. A partire dai banchi di scuola. Perché la conoscenza, l’informazione e l’educazione rivestono un ruolo fondamentale nel promuovere una società giusta e solidale. E, come recenti episodi di cronaca attestano, mai deve essere abbassata la guardia. Auschwitz, con i suoi lugubri reticolati, le ciminiere e le camere a gas, è diventato il simbolo dell’orrore nazista, del male assoluto. Ma è, e deve essere, la testimonianza costante di quali misfatti sia capace l’uomo quando si abbandona, tradendo la sua stessa umanità, a sentimenti, parole e ideologie di odio e di morte».

    Da qui il richiamo al valore della democrazia. “Un’autentica democrazia prevede il doveroso rispetto delle regole di formazione delle decisioni, discussione, partecipazione. L’esigenza di governare i cambiamenti sempre più rapidi richiede risposte tempestive.  Tempestività che va comunque sorretta da quell’indispensabile approfondimento dei temi che consente puntualità di scelte. Su un altro piano, i regimi autoritari o autocratici rischiano ingannevolmente di apparire, a occhi superficiali, più efficienti di quelli democratici, le cui decisioni, basate sul libero consenso e sul coinvolgimento sociale, sono, invece, ben più solide ed efficaci”. Un monito che richiama alla terribile lezione del passato, ai regimi nazisti e fascisti. 

    La reazione della comunità ebraica a quello che è uno dei presidenti più amati non si fa attendere. “Mattarella ha tenuto un discorso intenso e commovente. Nelle sue parole sono raccolti i valori della nostra Costituzione e su cui si fonda la Repubblica italiana. Dignità, solidarietà e speranza sono le parole con cui costruire il nostro futuro”, commenta Ruth Dureghello, presidente della Comunità Ebraica di Roma. “Grazie anche per la sua costante attenzione alla lotta alle diseguaglianze al razzismo e all’antisemitismo. La sua forza morale è di monito per tutti ad un maggiore impegno comune nel contrastare le derive dell’odio”.

    Un discorso che prelude un mandato pieno, di sette anni, di un presidente sempre al servizio della comunità e attento alle minoranze.  

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