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    Parashà di Vayechì. Una pacifica separazione dalla vita

    Nell’ultimo giorno di vita il patriarca Ya’akòv ebbe la forza e la chiarezza di mente per dare ai figli le sue ultime benedizioni e raccomandazioni: “Ya’akòv chiamò i suoi figli e disse: venite insieme, così che io possa dirvi ciò che avverrà alla fine dei giorni. State uniti e ascoltate figli di Ya’akòv; ascoltate vostro padre Ya’akòv” (Bereshìt, 49:1-2).

    Rav Beniamino Artom (Asti, 1835-1879 , Londra) in una derashà che tenne il 14 Tevèt 5631 (7 gennaio 1871) alla Upper Bryanstone Street Synagogue su questa parashà, introdusse le sue parole con un detto dei maestri: “Quando i giusti muoiono, le loro ultime raccomandazioni ai loro figli non riguardano la ricchezza o le eredità materiali, ma solo il timore di Dio” (Agadàt Bereshìt). Contrariamente a quello che accade il più delle volte, “nel momento di abbandonare questo mondo, il patriarca Ya’akòv si rivolse ai figli con un messaggio di fede e di speranza nel futuro”. “Così fecero tutti i patriarchi e gli uomini giusti in Israele: prima che la loro anima si separasse dal loro corpo essi diedero ai figli le loro ultime benedizioni e lasciarono loro l’eredità della rivelazione”.  

    Rav Shimshon Rafael Hirsch (Amburgo, 1808-1888, Francoforte) nel suo commento alla Torà sottolinea le parole “unitevi e ascoltate”.  “Materialmente siete solo i figli di Ya’akòv, una minoranza senza potere. E proprio per questo motivo siate uniti, non separatevi perché la vostra forza consiste nello stare uniti”.

    Rav Yechiel Ya’akòv Weinberg (Polonia, 1884 -1966, Montreux) in Lifrakìm (p. 466), commentando il versetto “Tuo padre ha comandato prima della sua morte” (ibid., 50:16), scrive: “Quando i genitori sono in vita, essi sono la garanzia e il legame della fratellanza tra i figli, sia nei sensi che nello spirito. Generati da una padre e partoriti da una madre, i figli sono legati ad entrambi dalla vita famigliare in comune, dalla forza dell’educazione comune e dalla forza del comando divino. Essi ascoltano le parole dei genitori, sono obbligati ad onorarli e a rispettarli anche quando sono i genitori che hanno bisogno dei figli […]. Non è più così quando i genitori lasciano questo mondo. Il legame famigliare pian piano si dissolve, i ricordi famigliari diventano annebbiati […] e vi è il pericolo che [i fratelli] si separino è diventino degli estranei, se non fosse per la mitzvà  di onorare i genitori [anche dopo la loro morte] e per le raccomandazioni date loro [dai genitori] in fin di vita.

    R. Artom, nel commentare la scena di Ya’akòv che da’ le sue ultime benedizioni e raccomandazioni ai dodici figli, commenta: “In conclusione, se la nostra vita terrena è stata dall’inizio alla fine una catena di buone azioni e di doveri ben eseguiti, se abbiamo goduto dei piaceri transitori della vita con moderazione, ricordando sempre, per non amarli troppo, il giorno in cui li dovremo abbandonare; se il nostro cuore è rimasto rafforzato dalla nostra indomabile fiducia in Colui che dispone di ogni cosa, e da una ferma speranza nel futuro spirituale; se abbiamo operato costantemente nel preparare una preziosa eredità per i nostri discendenti, non solo di benessere e agiatezza, ma di buoni consigli e nobili esempi, allora il letto di morte non sarà una scena funebre, ma una pacifica separazione dalla vita e dalle persone amate che un giorno rivedremo nuovamente”.

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