Skip to main content

SPECIALE PESACH 5784

Scarica il Lunario 5784

Contatti

Lungotevere Raffaello Sanzio 14

00153 Roma

Tel. 0687450205

redazione@shalom.it

Le condizioni per l’utilizzo di testi, foto e illustrazioni coperti da copyright sono concordate con i detentori prima della pubblicazione. Qualora non fosse stato possibile, Shalom si dichiara disposta a riconoscerne il giusto compenso.
Abbonati

    “Le cose che ci fanno paura”: Combattere l’antisemitismo con l’orgoglio di essere ebrei – intervista all’autrice Keren David

    L’antisemitismo è uno spettro che ancora si aggira per i paesi europei, assume nuovi volti, si fa chiamare con altri nomi eppure ancora esiste. L’ardua sfida è quella di spiegarlo ai ragazzi di oggi, divisi tra i social e le varie forme di intrattenimento. Keren David, docente universitaria e caporedattrice del Jewish Chronicle, ci riesce egregiamente nel suo libro “Le cose che ci fanno paura” (Giuntina). Cosa può far paura a due gemelle che vivono a Londra nei nostri giorni? Due gemelle apparentemente troppo diverse l’una dall’altra. Lottie: riservata, diligente, alta e bionda. Evie: simpatica, bassa statura e voglia di vivere tutto con leggerezza. Eppure, in maniera totalmente inaspettata, quando l’antisemitismo busserà alla porta delle loro case, le due sorelle scopriranno non solo di essere simili, ma di essere tutto ciò che non avevano mai creduto. Così grazie a Noah e Hannah comprenderanno la bellezza delle loro origini, cosa significa avere paura di non essere accettate per la loro religione, ma soprattutto l’incredibile meraviglia di essere orgogliosi di essere chi siamo, a prescindere da tutte le diversità. Un libro dedicato ai teenagers che riesce sorprendentemente a catturare i lettori di tutte le età. Shalom ha intervistato l’autrice, che ha svelato molto della sua opera e dell’antisemitismo in generale.

     

    Negli ultimi sei mesi Londra ha subito un picco di episodi di antisemitismo, quali sono le cause principali secondo lei?

     

    Questa è una domanda molto difficile. Fondamentalmente c’è un forte movimento propalestinese, le persone puntano per questo il dito contro gli ebrei, il che ormai è molto comune. Penso ci sia proprio una tendenza diffusa nell’identificare gli ebrei, ultraortodossi specialmente, come target, considerandoli visibilmente troppo diversi.

     

    Nel libro appare l’idea che le due gemelle si trovino improvvisamente ad affrontare l’antisemitismo per la prima volta. Cosa possono fare oggi le nuove generazioni per combattere la diffusione di pregiudizi antiebraici?

     

    Sicuramente combattere quegli stereotipi che ci sono sempre stati con la verità. I soliti “tutti gli ebrei sono ricchi”. Quello che penso è che debbano trovare alleati, come fa esattamente Evie nel libro. Penso inoltre, come spiego all’interno del romanzo attraverso il personaggio di Lottie, che si debba ricercare la felicità, la gioia e l’orgoglio dell’ebraismo. Per me questo è davvero importante, l’idea di capire cosa sia godere della bellezza dell’ebraismo della gioia di celebrare e festeggiare. Far diventare la lotta all’antisemitismo non solo qualcosa di solamente negativo ma anche un’esperienza positiva, molto connessa all’idea di ricerca della propria identità. Il rischio è che poi tutto diventi reazione all’antisemitismo senza nient’altro. Io penso che combattere i pregiudizi non debba definirci come ebrei, l’antisemitismo non deve definire chi siamo. Piuttosto è l’orgoglio della nostra storia e delle tradizioni che dovrebbe farlo. Io penso che i ragazzi debbano capire questo e scegliere la loro strada e il loro modo di essere ebrei.

     

    Nel libro appaiono alcune storie legate alla famiglia. C’è qualcosa di personale nel libro? Ha preso ispirazione dalla sua esperienza familiare e l’ha portata nel romanzo?

    Beh, forse un po’. La famiglia delle gemelle è molto diversa da quella in cui sono cresciuta io, e probabilmente l’ho fatto apposta. Quando scrivo voglio sempre essere qualcosa di “separato” dal mio racconto. Io sono cresciuta in una famiglia molto ortodossa ed osservante ma lontana dai quartieri ebraici della città, quasi fuori Londra con una piccola Comunità Ebraica locale. Io ero sempre l’unica ragazza ebrea nella mia classe, circondata sempre da non ebrei.  Questo essere “l’unica ebrea” è ciò che vivono anche le gemelle nel romanzo, da cui mi sono ispirata molto alla mia esperienza. Per quanto riguarda la storia di Lottie, che scopre man mano la gioia dell’essere ebrea ed osservante credo di averlo “rubato” invece dalla storia personale di mia sorella. Mentre io sono sempre stata come Evie. In linea di massima mi piace tenere divise realtà e finzione nei miei libri, ma in questo libro ho preso un po’ d’ispirazione dalle persone accanto a me, e da me.

     

    Il pubblico a cui si rivolge è i teen che oggi vivono una realtà molto ancorata a Tik Tok, Instagram etc. Pensa che oggi i libri possano ancora investiti di un ruolo sociale, specialmente per quanto riguarda leggere dell’identità ebraica?

     

    Spero vivamente che sia così! Mi auguro con tutto il cuore che oggi i teenagers scelgano ancora di leggere. La mia preoccupazione è con tutto questo guardare video, televisione, o tik tok i giovani non leggano più. Tuttavia, ho ricevuto molti feedback positivi sul mio libro da molti ragazzi, alcuni dei quali non ebrei. Io penso che il libro sia stato apprezzato dai ragazzi perché in realtà tratta l’idea ogni tipo di pregiudizio, ebraico e non, e su come i ragazzi percepiscano il sentirsi diversi. In questo senso, le giovani generazioni, hanno potuto specchiarsi nelle pagine del romanzo. Quello che dobbiamo fare è incoraggiare i teens a leggere di più, per la loro immaginazione per sviluppare un po’ di senso di empatia e poi per me… sono felice che leggano i miei libri!

     

    Oltre ad essere una scrittrice lei è anche la caporedattrice del Jewish Chronicle. Come riuscire a contrastare oggi tutte le fake news che riempiono il web? Specialmente nei confronti dell’antisemitismo e degli stereotipi contro gli ebrei?

     

    Ogni volta che penso a cosa possiamo fare al Jewish Chronicle, penso che si debba guardarsi intorno, guardare a cosa succede e cercare di capire cosa possiamo fare. Chiederci che domande si pone la gente, e soprattutto cosa vogliamo comunicare ai lettori, Io personalmente mi occupo pochissimo di antisemitismo nel giornale, proprio perché purtroppo tutte le altre pagine sono piene di notizie tristi sull’antisemitismo. Quello che faccio io è curare una rubrica di jewish life-style: persone con storie interessanti, libri, insomma cultura nel suo senso più positivo. Perché è bello leggere qualcosa che non sia sull’antisemitismo ma che sia invece sulla bellezza della vita ebraica. In Inghilterra gli ebrei cercano quasi di nascondersi, non so in Italia, questo è sicuramente un effetto della lotta continua all’antisemitismo. La cosa da fare invece è far conoscere l’ebraismo, attraverso la bellezza della cultura ebraica.

    CONDIVIDI SU: