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    Il Papa in guerra. Le nuove analisi dello storico David Kertzer su Pio XII

    È un libro strano questo Un Papa in guerra. La storia segreta
    di Mussolini, Hitler e Pio XII
    dello
    storico David Kertzer. Con le sue 133 pagine di note fitte fitte piene
    di riferimenti bibliografici e segnature archivistiche e le 18 pagine di
    bibliografia (con una netta prevalenza di quella internazionale) parla al
    pubblico ristretto degli addetti ai lavori, in grado di sciogliere le sigle,
    cogliere le scelte metodologiche e interpretative perseguite e ricostruire il
    dibattito storiografico in cui il volume si va a collocare. Ma le due piantine
    del 1939 – una di Roma e l’altra della Città del Vaticano – e le otto pagine di
    brevi note biografiche sui «personaggi» all’inizio dicono altro e intercettano
    lettori molto diversi dagli storici di professione. Così come, del resto, lo
    stile narrativo delle oltre cinquecento pagine che seguono quei brevi
    medaglioni.

    Il libro, infatti, parla a tutti ed è intenzionalmente costruito
    per farlo: una cronaca minuto per minuto, scelta per scelta, bivio per bivio
    della Seconda Guerra Mondiale così come fu vista e vissuta dalla Santa Sede.
    Kertzer ripercorre nel dettaglio la storia italiana dagli ultimi giorni di regno
    di Pio XI alla liberazione e alla vittoria della Repubblica al referendum,
    accompagnando il lettore nei meandri della dialettica politica, intellettuale e
    ideologica di quegli anni, nel tentativo riuscito di collocare Pacelli e le sue
    azioni nel suo tempo. Sulla base di anni di ricerca precedenti e di mesi e mesi
    di lavoro sui fondi del pontificato di Pio XII resi disponibili a marzo 2020 (e
    la cui consultazione fu interrotta nel giro di pochi giorni dall’esplosione
    della pandemia), lo studioso americano presenta i primi (e solidi) risultati di
    uno studio ancora in corso. Kertzer narra con maestria l’andamento convulso
    della guerra e, in questo modo, aiuta il lettore inesperto a orientarsi nei
    fatti e nelle decisioni che suscitano. Questo approccio – inusuale nella ricerca
    a questo livello – rende il volume interessante ben al di fuori dei ristretti
    circuiti accademici e forse spiega le reazioni accese che lo stanno
    accompagnando sulla stampa nazionale e internazionale. 

    Carte alla mano, Kertzer dimostra la
    coerenza strategica della politica del papa che, in ogni modo, si adoperò per
    evitare lo scontro con Hitler, che si credeva avrebbe trionfato in tempi brevi.
    Nonostante il flusso continuo di notizie su quel che avveniva nei territori
    sotto controllo nazista, sulla sorte dei parroci polacchi e sui massacri che
    stavano travolgendo gli ebrei d’Europa, Pacelli si prefisse di proteggere la
    Chiesa nel continente, provò a manovrare Mussolini a questo scopo e continuò a
    considerare un rischio più grave l’eventualità di una vittoria dei sovietici.

    L’approccio
    alla questione ebraica si colloca in questo scenario e si dipana attraverso
    almeno tre filoni di riflessione intrecciati tra loro. In primo luogo, la
    legislazione razzista non fu considerata un elemento problematico perché, in
    parte, riprendeva tradizionali disposizioni antiebraiche della Chiesa stessa.
    Obiezioni furono sollevate costantemente intorno agli ebrei battezzati, che in
    Vaticano si consideravano cristiani a tutti gli effetti in linea con secoli di
    giurisprudenza canonistica sulla materia e che, invece, i nuovi dispositivi discriminavano
    in quanto ebrei.

    Gli unici interventi nei giorni tragici del 16 ottobre
    riguardarono, per l’appunto, i battezzati, che furono cercati, identificati e
    spesso liberati su diretta richiesta. Inoltre – ed è il terzo aspetto su cui
    Kertzer insiste – risulta indubbio quanto in Vaticano si sapesse con
    ragionevole precisione a cosa andassero incontro gli ebrei e quanto l’opzione
    del silenzio strategico trovasse anche qualche prudente ma autorevole
    contestatore. Pagine importanti vengono dedicate al nodo altrettanto delicato
    dell’apertura dei conventi, soprattutto per Roma, che non ottennero né
    autorizzazioni né impedimenti formali. Spunti importanti per futuri lavori, che
    meritano sicuramente ulteriori indagini. 

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