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    COMBATTERE LE FAKE NEWS ANCHE IN TEMPI DI CORONAVIRUS

    1. Definizione

    Poiché ormai tutti parlano di fake news (da ultimo, in un convegno telematico recente al quale partecipavo) senza badare alle conseguenze, sarebbe da rilevare che il problema fondamentale è quello di stabilire cosa sia una notizia infondata; se dico che chi si comporta male andrà all’inferno, visto che non lo posso dimostrare, sto immettendo delle notizie false? Se sostengo che Gaza non è occupata, essendovi opinioni diverse, si incorre in sanzioni? Si consideri che la libertà d’espressione comporta perfino quella di mentire, e che tale libertà la si ritrova in tutti gli strumenti sovranazionali possibili ed immaginabili. Mentire non è un reato, se non ricorrono circostanze che ricadano in una fattispecie criminosa o in un illecito civile.

    Ciò rende essenziale l’operazione consistente nell’isolare le notizie false dal resto degli enunciati più o meno credibili; al riguardo accogliamo questa definizione: “le notizie false consistono nella pubblicazione online di enunciazioni sui fatti consapevolmente o intenzionalmente false (“we define “fake news” as the online publication of intentionally or knowingly false statements of fact”; Klein, David and Wueller, Joshua, Fake News: A Legal Perspective (March 8, 2017). Journal of Internet Law (Apr. 2017).

    Si è pure spiegato che il danno prodotto dalle notizie false consiste nella svalutazione e delegittimazione delle voci degli esperti, delle istituzioni autorevoli e del concetto di dati oggettivi, minando l’abilità della società di impegnarsi in discorsi razionali basati su fatti condivisi (“the most salient danger associated with “fake news” is the fact that it devalues and delegitimizes voices of expertise, authoritative institutions, and the concept of objective data—all of which undermines society’s ability to engage in rational discourse based upon shared facts” (Fighting fake news, Yale University, workshop March 7, 2017, by the Information Society Project at Yale Law School and the Floyd Abrams Institute for Freedom of Expression).

    2.- Inversione dell’onere della prova

    Le c.d. fake news, com’è notocomportano la gravissima insidia dell’inversione dell’onere della prova. Semplificando all’estremo, se il diffamatore sostenesse che Tizia è un’aliena che è giunta sulla Terra per avvelenare gli acquedotti, il meccanismo della falsificazione e la mentalità cospirativa sono tali da non attendersi che chi diffama adduca qualche prova a sostegno ma che sia la vittima a frugare nelle pieghe della sua memoria per trovare le prove a sua discolpa. Giustamente si è detto che è colui che fa una determinata affermazione a dover fornire le prove, non chi la contesta a doverne dimostrare l’infondatezza, non dovendosi mai invertire l’onere della prova. Ne consegue che chi sostiene una teoria o adduce l’esistenza di un fatto è tenuto a dimostrarlo e se cita una fonte, dev’essere una fonte attendibile, non il solito estremista pronto a sostenere anche le tesi più corrive.

    In questi giorni, le tesi di odiatori e di razzisti stanno prendendo piede, perché chi le condivide e diffonde: a) non controlla mai l’attendibilità della fonte, oppure b) condivide il pensiero razzista o complottista, essendo quindi disposto a credere al peggio non per un atto di scienza ma di volontà, essendo egli stesso razzista, assume volentieri il rischio che la notizia sia falsa, perché in ogni caso prende de mira dei soggetti che gli sono invisi.    

    Alcuni processi psicologici portano alla luce una distorsione notevole della realtà per cui, come hanno notato i migliori studiosi, si disquisisce d’Europa come se fosse un’entità esterna anziché un’entità sovranazionale di cui l’Italia è parte, col correlativo potere di intervenire alla pari con Francia e Germania in ogni decisione.  

    3.- Iniziative legislative contro le notizie false  

    Ora va di moda disquisire di ‘Fake News’ e, d’altronde, in Italia da parecchi decenni le stesse parole dette in inglese, sembra che abbiano una valenza superiore rispetto a quelle pronunciate in italiano. Infatti, ormai l’italiano è una lingua trascurata e lo si parla sempre peggio, per tacer di come viene scritto, con sfondoni (voce ammessa dalla Treccani) che non risparmiano nemmeno le testate giornalistiche più prestigiose o che, perlomeno, erano un tempo prestigiose.

    Un disegno di legge (2688/2017) così configurava il reato: “Chiunque pubblica o diffonde, attraverso piattaforme informatiche destinate alla pubblicazione o diffusione di informazione presso il pubblico, con mezzi prevalentemente elettronici o comunque telematici, notizie false, esagerate o tendenziose che riguardino dati o fatti manifestamente infondati o falsi, è punito, se il fatto non costituisce un più grave reato, con l’ammenda fino a euro 5.000». Nel caso in cui le fattispecie previste dall’articolo 656-bis del codice penale, introdotto dal comma 1 del presente articolo, comportino anche il reato di diffamazione, la persona offesa può chiedere, oltre il risarcimento dei danni ai sensi dell’articolo 185 del codice penale, una somma a titolo di riparazione. La somma è determinata in relazione alla gravità dell’offesa e alla diffusione della notizia, ai sensi dell’articolo 12 della legge 8 febbraio 1948, n. 47. Si applica altresì il terzo comma dell’articolo 595 del codice penale.  Chiunque diffonde o comunica voci o notizie false, esagerate o tendenziose, che possono destare pubblico allarme, o svolge comunque un’attività tale da recare nocumento agli interessi pubblici o da fuorviare settori dell’opinione pubblica, anche attraverso campagne con l’utilizzo di piattaforme informatiche destinate alla diffusione online, è punito con la reclusione non inferiore a dodici mesi e con l’ammenda fino a euro 5.000. Ai fini della tutela del singolo e della collettività, chiunque si rende responsabile, anche con l’utilizzo di piattaforme informatiche destinate alla diffusione online, di campagne d’odio contro individui o di campagne volte a minare il processo democratico, anche a fini politici, è punitcon la reclusione non inferiore a due anni e con l’ammenda fino a euro 10.000». Tuttavia, non è ‘passato’, per via dell’estrema difficoltà di esposizione a sanzioni per via di enunciati talvolta difficili da dimostrare così come per l’ulteriore difficoltà di identificazione del dolo.  

    4.- Monitoraggio e disvelamento delle falsità

    È stata da poco istituita una “Unità di monitoraggio per il contrasto della diffusione di fake news relative al Covid-19 sul web e sui social network”, presso la  Presidenza del Consiglio dei Ministrihttps://informazioneeditoria.gov.it/media/3218/decreto-unita-monitoraggio-fake-news_4-aprile-2020.pdf ed è sicuramente una buona idea, anche se vi sono, com’è giusto che sia, opinioni diverse al riguardo.

    L’Unione Europea ha istituito un sito https://euvsdisinfo.eu/ che ha lo scopo di combattere le notizie false sulla pandemia Covid-19, intanto altri siti UE si occupano di combattere le notizie false sull’Unione Europea: https://ec.europa.eu/italy/news/euromyths_it?page=1

    Uno dei giornalisti più autorevoli d’Italia, ha scritto di recente: “Scrive il New York Times, uno dei quotidiani più ostili a Trump dell’intero pianeta, che la Commissione europea avrebbe attenuato, su pressione dell’autorità di Pechino, un rapporto ufficiale sulle mistificazioni cinesi in tema di diffusione del Coronavirus”. Dovremmo chiedere al sito dell’UE sulle fake news di prendersela con la stessa Commissione europea?

    Da ultimo, le notizie false, invariabilmente complottistiche, si sono concentrate su Bill Gates, il fondatore di Microsoft, accusandolo di diffondere la pandemia, sull’assunto che più è assurda una notizia, più diventa credibile. Circola finanche una foto del governo francese accusato di fare un saluto massonico, quando invece è il simbolo di Parigi nel linguaggio dei segni. Per non dire delle favole sul gruppo Bilderberg che, col suo nome esotico, si presta in particolar modo a fare la gioia degli estremisti di turno. Ci siamo scordati del Sim (Stato imperialista delle multinazionali) invocato negli anni settanta dai terroristi?

    Certamente non possiamo sottovalutare la potenzialità delle notizie false di provocare l’odio sociale e la violenza. Tuttavia, esiste il rischio contrario, che è quello di tappare la bocca a chi esprime liberamente le proprie idee, che potrebbero pure essere giustissime e legittime, ma che debbono far fronte ad opinioni contrarie, eventualmente anch’esse legittime.

    5.- Conclusioni

    Vi è una congerie vastissima di studi sulle c.d. fake news (vedi, ad esempio, Pennycook, Gordon and Cannon, Tyrone and Rand, David G., Prior Exposure Increases Perceived Accuracy of Fake News (May 3, 2018). Pennycook, G., Cannon, T. D., & Rand, D. G. (2018). Prior exposure increases perceived accuracy of fake news. Journal of Experimental Psychology: General).

    A nostro avviso, le c.d. fake news prosperano: a) per via di un particolare atteggiamento psicologico: colui che è ignorante senza saperlo (la c.d. sindrome di Dunning – Kruger) quando gli si presenta una spiegazione così semplice da essere alla sua portata (tutta colpa di Soros, del gruppo Bilderberg, degli ebrei, dei massoni, dei tedeschi, degli olandesi, del nord Europa, e così via) si sente non solo allineato in alto alle persone di maggior cultura ed intelletto, ma soprattutto scopre di poterle superare, perché finalmente ha ‘scoperto’ il loro giochetto, b) per coloro che sono in mala fede, le notizie false costituiscono un modo lecito di essere antisemiti; non dico di odiare gli ebrei (il che costituisce un illecito) ma di aver finalmente svelato le trame di una persona fisica (Soros, Macron, Merkel) o di un gruppo (massoni, ecc.), c) le notizie false consentono di attivare il vieto meccanismo psicologico del capro espiatorio: non è il virus pandemico a  danneggiarmi, ma un complotto nel quale io, che appartengo alla minoranza scelta di chi ha tutto capito, non ci sono cascato. Le ideologie totalitarie ne hanno attinto a mani piene, a destra e pure a sinistra, d) persone in posizioni accademiche e di responsabilità eminenti talvolta dimostrano delle carenze; capita che disquisiscano di antisionismo senza aver compiuto l’operazione propedeutica di definire il fenomeno sul quale sono chiamate ad esprimersi, laddove sarebbe bastato leggere non dico un politologo ma un romanziere come Abraham B. Yehoshua, e qui arriviamo  all’altro corno del dilemma: così come non possiamo assumere che il c.d. uomo della strada sia onnisciente, nemmeno possiamo considerare con una presunzione iuris et de iure che ogni accademico sia in ogni caso all’altezza del compito. Siamo tutti esposti, giustamente, alla prova dei fatti, quale che sia il nostro status culturale, sociale e politico.

    Per il momento, le soluzioni al problema delle notizie false dovrebbero essere tre: a) controbattere (lo fa anche l’ottimo sito lavoce.info) col concorso attivo dei giornalisti professionisti delle testate ebraiche b) ricorrere alle norme sulla diffamazione e la calunnia anziché a future norme sulle notizie false, c) in ambito giornalistico, ricorrere più spesso al diritto di rettifica. Insomma, si potrebbe usare meno l’inglese (fake news) e un poco di più il ragionamento. Ciò comporta che, se si è davvero bravi, si possano usare o ci si possa ispirare ai siti denominati fact checking (controllo dei fatti; vedi https://www.agcom.it/siti-di-fact-checking ) con l’avvertenza che anche quelli potrebbero sbagliare. Tutti possiamo concorrere al controllo, nella misura delle nostre possibilità.

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