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    Mossad provò a recuperare resti della superspia Eli Cohen

    Il Mossad circa 40 anni fa cercò invano di riportare in patria dalla Siria le spoglie di Eli Cohen, uno degli agenti simbolo dell’intelligence israeliana. Ad ipotizzare il tentativo è stato il fratello Maurice che, prima di morire, ne ha parlato con uno storico in una conversazione ora rintracciata dalla tv Canale 12 che ha dedicato un servizio alla vicenda. Figlio di ebrei siriani, Eli Cohen nei primi Anni ’60 come Kamil Amin Thabit scalò con grande abilità le gerarchie della leadership del partito Baath fino a essere nominato vice ministro della Difesa grazie ad uno dei suoi migliori amici, il generale Amin al-Hafiz, divenuto nel frattempo presidente della Repubblica. Cohen trasmise così ad Israele documenti fondamentali – e tuttora coperti da segreto militare – sullo schieramento dell’esercito siriano nel Paese e soprattutto dell’artiglieria che dalle Alture del Golan incombeva sulle città e sui villaggi israeliani. Notizie che diventarono decisive nella Guerra dei 6 Giorni del 1967 e che permisero ad Israele di sbaragliare l’attacco siriano conquistando il Golan. Le trasmissioni radio di Cohen in Israele furono dapprima tracciate grazie ad una squadra di tecnici arrivati dall’Urss: poi, nel gennaio del 1965, le triangolazioni portarono senza ombra di dubbio alla casa di Cohen, ad un passo da una caserma dell’esercito. Giudicato da un tribunale militare di Damasco, la superspia, che Israele riconobbe immediatamente come sua, fu impiccato, dopo atroci quanto inutili torture, su una piazza di Damasco il 18 maggio del 1965 in una esecuzione trasmessa dalla tv nazionale. A nulla valsero i tentativi di Israele e anche di papa Paolo VI di strappare Cohen alla morte. La Siria si è sempre rifiutata di restituire il corpo e non ha mai svelato il luogo di sepoltura. Maurice Cohen – anche lui un agente del Mossad – nella sua testimonianza fa riferimento a questa incertezza e parla del tentativo fallito di riportare in Israele le spoglie del fratello. “Sono quasi certo – ha spiegato Maurice – che lo tennero così segreto (il luogo di sepoltura, ndr) e che solo in pochi sapessero. Proprio perché ci fu un tentativo di rapire il corpo”. Sulla scia dell’aiuto che la Russia ha dato ad Israele nel riportare in patria il mese scorso la salma di Zachary Baumel, il carrista ucciso con molta probabilità nel 1982 nella Prima Guerra del Libano, alcuni media hanno ipotizzato un analogo intervento ma Mosca ha prontamente e inequivocabilmente smentito. Su dove siano i resti di Cohen non si ha ad oggi alcuna notizia. Di lui è però tornato indietro di recente l’orologio che aveva al polso ed è stato lo stesso Mossad a coordinare l’operazione che ha permesso di recuperare l’oggetto da “mani nemiche”. Nel riconsegnarlo alla moglie di Cohen, Nadia, il premier Benyamin Netanyahu ha ringraziato gli uomini dell’intelligence per “aver riportato in patria la memoria di un grande combattente”. (ANSA)

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