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    Cassazione, non c’e’ moschea abusiva solo con preghiera venerdi

    Non si puo’ parlare di moschea abusiva solo perche’ 80 persone si riuniscono al venerdi’ sera in preghiera. Con questa motivazione, la Cassazione ha annullato con rinvio la sentenza con cui la Corte d’Appello di Milano aveva condannato nel 2019 a un’ammenda di 3mila euro un cittadino 33enne ivoriano, O.S., per violazione del testo unico dell’edilizia. I giudici lo avevano ritenuto colpevole di avere cambiato la destinazione d’uso commerciale di un locale affittato ad Oggiono (Lecco) trasformandolo da negozio del centro storico a luogo di culto clandestino per fedeli di culto islamico. 

    In primo grado era stato assolto dal Tribunale di Lecco ‘perche’ il fatto non sussiste. Ora gli ‘ermellini’ offrono una nuova interpretazione della vicenda, sottolineando che “alla luce della giurisprudenza amministrativa, non basta a configurare il mutamento della destinazione d’uso la semplice riunione in preghiera in un giorno della settimana, poiche’ di uso incompatibile o difforme puo’ parlarsi se l’attivita’ di preghiera non sia riservata solo ai membri dell’associazione o se il fine religioso rivesta carattere di prevalenza nell’ambito degli scopi statutari o effettivamente perseguiti da parte dell’associazione”. In questo caso, e’ il ragionamento della Suprema Corte, che si richiama anche al principio costituzionale della liberta’ di culto, “dal solo dato della presenza di 80 persone riunite in preghiera il venerdi’ non puo’ dedursi la sussistenza del requisito che giustifica la richiesta del permesso a costruire, sicche’ si rende necessario un accertamento piu’ approfondito e una motivazione particolarmente rigorosa per pervenire alla condanna”. La vicenda ha avuto anche risvolti civili e di giustizia amministrativa. Ora per O.S, difeso dall’avvocato Antonio Sugamele, si profila un nuovo processo d’appello. (AGI)

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