Skip to main content

Scarico l’ultimo numero

Scarica il Lunario 5784

Contatti

Lungotevere Raffaello Sanzio 14

00153 Roma

Tel. 0687450205

redazione@shalom.it

Le condizioni per l’utilizzo di testi, foto e illustrazioni coperti da copyright sono concordate con i detentori prima della pubblicazione. Qualora non fosse stato possibile, Shalom si dichiara disposta a riconoscerne il giusto compenso.
Abbonati

    Giorno Memoria: Dureghello, ignoranza diffonde moda dell’odio

    “L’unicita’ della Shoah rende impossibili paragoni con altre tragedie. E lo testimonia l’evidenza che ancora oggi il nostro popolo viene continuamente provocato”. Lo afferma all’AGI Ruth Dureghello, presidente della comunita’ ebraica di Roma, che in occasione delle celebrazioni per il Giorno della Memoria ne sottolinea l’importanza e spazza via ogni possibile paragone con altri genocidi. Perche’ episodi di antisemitismo si registrano in Italia come nel resto d’Europa, anche a distanza di 75 anni, segno che il pregiudizio c’e” ancora. L’ultimo in Italia, in ordine di tempo, riguarda la scritta “Qui ci sono ebrei” sulla porta della casa di Lidia Rolfi, partigiana non ebrea, a Mondovi’. “C’e’ ancora grande difficolta’ ad accettare che possiamo vivere integrati sulla piazza europea – spiega Dureghello – Oggi si affaccia ancora la volonta’ di odiare. Guardate i social! E poi, ci sono posti nel mondo dove si affacciano tentativi di suprematismi, qualche volta anche in Italia, e cosi’ si diffonde un odio gratuito, ignorante, puro che prende il sopravvento. Spesso chi odia nemmeno conosce la storia, lo fa per moda”. E infatti, Primo Levi ha messo l’accento sul fatto che la Shoah e’ stata qualcosa di unico. Al punto da non essere paragonabile con altre tragedie. “Con tutto il rispetto – aggiunge – ribadisco che non si possono fare paragoni. Non e’ storicamente possibile. La Shoah si distingue da altre tragedie, comprese quelle di natura geopolitica, perche’ risponde ad un progetto di sterminio di un intero popolo in tutta Europa. Per gli ebrei c’era un piano per scovarli, prenderli, annientarli. Senza possibilita’ di scelta di andare altrove. Dovevano sparire. Non c’era esilio. Solo deportazione, per poi sparire. Ho rispetto per tutte le altre grandi tragedie, per gli esilii imposti ma attenzione, non e’ la stessa cosa della Shoah. Stiamo parlando della distruzione di un popolo intero. Siamo stati braccati, scovati, venduti, inceneriti. Nessuno possibilita’ di scampo se non grazie a famiglie che hanno messo a repentaglio la loro vita. Il progetto delle pietre d’inciampo serve a questo: ricordare famiglie e persone, ebree e non, che furono portate via dalle loro case e non piu’ tornate perche’ sterminate”. 

    “E su questo – prosegue – dico che qualsiasi altro tentativo di appropriarsi di questo progetto, non risponde alla sua origine. Mettere una pietra d’inciampo o una targa per ridare dignita’ ad una persona ha senso e merita rispetto ma sottolineo, attenzione a non fare paragoni”. I sopravvissuti ai campi di sterminio, testimoni preziosi di quello che e’ stato, sono sempre di meno. “Purtroppo non possiamo fermare il tempo – dice Dureghello – l’eta’ anagrafica corre, e’ inevitabile il ricambio generazionale. Passiamo raccogliere loro testimonianze, diffonderle e argomentare, contestualizzare. Ma non bastiamo solo noi, anche chi ha ascoltato e ci ascoltera’ deve farsi ambasciatore di questo. Ognuno deve farsi carico di trasmettere la memoria che ha appreso, non solo verso le famiglie di appartenenza, e mi riferisco ai giovani delle scuole che vengono ad ascoltarci, ma anche verso la societa’ se non vogliamo che il patrimonio e la lezione che ne scaturisce siano persi. Certo, i sopravvissuti sono sempre meno, a Roma e’ rimasta una sola persona che non vuole parlare. Ma in realta’ sopravvissuti siamo tutti noi. Noi siamo qui, ci siamo perche’ i nostri genitori sono scappati, hanno trovato un modo per sottrarsi. Mio nonno si dichiaro’ di matrimonio misto e si e’ savato.Tutte le comunita’ ebraiche d’Europa sono costituite da sopravvissuti”. Che ricordo di Piero Terracina uno degli ultimi testimoni romani di Auschwitz recentemente scomparso? “Con Piero abbiamo fatto molte cose insieme – racconta Dureghello – ricordo un episodio recente a Zagarolo dove andammo per preparare i ragazzi al viaggio che facciamo con la Regione e che stiamo per fare di nuovo, ad Auschwitz. Eravamo li’ e un bambino, dopo aver ascoltato la sua storia si e’ avvicinato e gli ha messo in tasca un bigliettino: chiedeva scusa perche’ la sua famiglia era politicamente schierata con il fascismo e lui si vergognava”. E Piero con la delicatezza e pacatezza che lo caratterizzava, gli ha detto che non spettava a lui perdonare, avrebbe dovuto farlo chi non c’era piu’. Ma gli disse: ‘Se mi scrivi questo, vuol dire che hai capito’, aggiungendo poi: ‘spero che ora tu in futuro sappia fare le tue scelte giuste tenendo conto di tutto questo’. Piero Terracina era un uomo gentile che sapeva parlare ai giovani”. 

    “Come fa ancora – ricorda – Sami Modiano o come fanno le sorelle Bucci che raccontano la loro storia di bambine con fermezza e dolcezza insieme”. Ma perche’ Liliana Segre da’ tanto fastidio? “Perche’ rappresenta la verita’ – risponde secca Dureghello – una verita’ scomoda che dopo 75 anni a qualcuno da ancora fastidio. Lo sappiamo bene che in Italia ci sono delle complicita’ sulla questione ebraica e qualcuno non vuole farci i conti. Dietro ogni deportato e quindi dietro alla sua vicenda personale, ci sono complicita’ e responsabilita’. Accettarlo e’ fastidio. Anche le fake news che girano suoi social servono a negare queste complicita’ e quando invece vanno in televisione testimoni limpidi come Liliana Segre, con il numero tatuato sul braccio, diventa difficile negare. Ripeto, dopo anni, per qualcuno la verita’ e’ scomoda. Per fortuna non per tutti e’ cosi”. Avvertite quindi anche solidarieta’? A Roma, a parte episodi gravi di antisemitismo, c’e’ partecipazione? “Si – afferma – quando vado nelle scuole a parlare, a parte qualcuno che fa il bulletto e ascolta con scarso interesse o non ascolta proprio, vedo tanta partecipazione. Alla fine di ogni incontro ho sempre il capannello intorno di chi mi chiede ancora particolari, vuole capire meglio. In generale, non c’e’ scuola dove non sia stata fermata un po’ di piu’, come in altre occasioni di dibattito o per strada. L’importante e’ che questi attestati poi abbiano un seguito e che chi mi chiede o ascolta, diventi a sua volta testimone”. Come definisce il rapporto con le istituzioni attuali? “E abbastanza buono. La comunita’ ebraica di Roma svolge un ruolo sociale attraverso iniziative e non parlo solo di quelle legate al giorno della memoria, ma anche contro il razzismo per esempio, o il fascismo. E su questo terreno, a livello di Campidoglio e Regione c’e’ buona collaborazione ma anche a livello di Governo. Posso dire che in Italia, rispetto ad altre realta’ europee come per esempio Ungheria, Polonia o in Germania dove ci sono crisi profonde, la situazione e’ diversa ed in meglio, perche’ il presidio istituzionale e’ abbastanza forte anche se spesso si verificano fatti inqualificabili che puntualmente denunciamo. Ma la coincidenza di intenti con le istituzioni italiane e’ abbastanza solida”. (Agi)

    CONDIVIDI SU: