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    I libri del lunedì. Le terze tavole. La Shoah alla luce del Sinai, di Massimo Giuliani

    Le terze tavole. La Shoah alla luce del Sinai (EDB) è la più recente pubblicazione di Massimo Giuliani, docente di Pensiero ebraico nelle Università di Trento e di Urbino e presso il Diploma in studi ebraici dell’Unione delle Comunità Ebraiche Italiane. Forte di una prosa incisiva, nelle Terze tavole il carattere che si impone con più evidenza all’attenzione del lettore è la polifonia. Il tema della Shoah nel pensiero ebraico (ma non solo) del secondo dopoguerra, punto di partenza dell’autore, è all’origine di decine di percorsi in altrettante direzioni differenti, declinazioni diverse di una questione ancora oggi in buona misura aperta. Sono vie che, come tante fughe musicali a partire da un tema determinato, si allontanano e si riavvicinano elasticamente, e in cui viene data voce a tanti autori che hanno riflettuto sul trauma della Shoah.

    C’è chi, all’interno del mondo ebraico, ha letto la Shoah come uno scandalo teologico di fronte a cui ogni risposta è impossibile – secondo André Neher è il silenzio la cifra di Auschwitz – ma anche nell’universo cristiano c’è chi ha affrontato la questione senza remore. La Shoah, per il teologo protestante Martin Cunz, è uno scandalo innanzitutto cristiano perché, attraverso una plurisecolare tradizione di disprezzo motivato teologicamente ha da una parte posto le premesse dell’antisemitismo razzista moderno, dall’altra inibito le reazioni di fronte allo sterminio. “La Shoah è stata la bancarotta del cristianesimo” perché, negli anni di Auschwitz, non lasciar morire gli ebrei “era l’atto più teologico che un non ebreo potesse compiere”, ma solo pochi e isolati individui hanno scelto in questo senso. 

    “Anche se non siamo tutti responsabili, siamo tutti macchiati”, ha sintetizzato il filosofo Robert Nozick, tanto più se si considera che alla Shoah, che pure è giusto considerare evento senza precedenti, sono seguiti genocidi e persecuzioni, accompagnati ancora una volta dall’indifferenza dei più. “Ciò che è accaduto può ritornare”, ha scritto Primo Levi, e non si tratta di un generico avviso a mantenere alta la guardia, ma di una frase da soppesare e meditare. Forse dipende dall’insistenza, nelle strategie della Memoria, più sulla dimensione conoscitiva – pure indispensabile per contestualizzare un evento, come detto, senza precedenti evitando paragoni facili e fuorvianti – che su quella emotiva, secondo Giuliani almeno altrettanto importante. Come ha notato lo storico Saul Friedländer, d’altronde, “sebbene decenni di studi abbiano aumentato la nostra conoscenza degli eventi, non hanno purtroppo aumentato la nostra capacità di comprenderli”.

    La Shoah si staglia insomma come un passaggio epocale nella parabola del popolo ebraico. Dopo la distruzione di milioni di vite, e con esse dello sforzo secolare per l’emancipazione e l’integrazione che aveva prodotto una simbiosi feconda per la cultura europea e un contributo creativo straordinario, è inevitabile l’elaborazione del lutto, così come è stata necessaria analoga elaborazione dopo la perdita di Gerusalemme e del Tempio duemila anni fa. Dopo l’attacco subito ad Auschwitz dal popolo ebraico – “un attacco al Dio di Abramo, di Isacco e di Giacobbe, un attacco alla sua rivelazione, un rinnegamento della sua Legge” – spiega Giuliani parafrasando le parole del rabbino e filosofo Emil Fackenheim – è indispensabile una restaurazione dell’alleanza su delle tavole nuove, le simboliche terze tavole. Tavole da porre accanto ai frammenti di quelle infrante del Sinai per rilanciare il patto. Delle terze tavole per esprimere la responsabilità piena verso il mondo e la volontà di ripararlo, soprattutto oggi, dopo la sconfitta dell’umanità nelle camere a gas di Auschwitz.

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