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SPECIALE PESACH 5784

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    Rodi, un mondo ebraico che non c’è più

    Siamo a Rodi, l’isola più grande del Dodecaneso. È qui che da secoli una comunità sefardita fiorisce tra le viuzze della juderia, le botteghe, le case dai tetti bassi e i forni comuni per il pane. É qui, nell’Isola delle rose, che Salomone Galante, detto Solly – nonno dell’autore Marco Di Porto -, si gode la giovinezza tra le mensole della libreria Soriano e i primi amori. Le vicende personali del protagonista – così come i personaggi che lo circondano – sono inventati ma verosimili: la cuginetta Judith, tanto impertinente quanto gelosa del cugino maggiore, la bella Rachel che dall’esperienza a Milano ha imparato a fugare ogni inibizione e ancora Avi Soriano, proprietario della libreria in cui Solly lavora, un uomo senza scrupoli che sembra appena uscito da un romanzo di Isaac Bashevis Singer. A questo mondo, nato e cresciuto pacificamente sotto il dominio turco, fa da contraltare Giorgio Cutrera, un italiano che di ebrei aveva sentito parlare se non vagamente; perché era sicuro: di loro non c’era alcuna traccia nella città da cui proveniva, Cosenza. Un personaggio inebriato dall’ideologia fascista, tornato a soli 23 anni dalla campagna in Africa cieco da un occhio e senza una mano e tormentato dai sensi di colpa di un passato che sembra non sbiadire. Tra i continui pianti della figlia appena nata, l’insoddisfazione data da una vita grigia e la messa in discussione del proprio vissuto, Giorgio sperimenta la frustrazione. A queste figure fa da sfondo la storia del Novecento, dalla colonizzazione dell’isola da parte degli italiani all’occupazione nazista della stessa dopo il 1943. Sono le storie personali di Solly, travolto dalla discriminazione prima e dalla deportazione ad Auschwitz poi, e di Judith, la cui cittadinanza turca permetterà di salvarsi dalla strage nazista, a dare colore al libro. Ciò che ne deriva è un’istantanea di un mondo che era e che dai dialoghi familiari in giudeo-spagnolo trae la propria vivacità e peculiarità. È alla memoria di chi non ce l’ha fatta che il romanzo è dedicato e alla nostra responsabilità che esso è rivolto. Buona lettura.

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