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    Salone libro: standing ovation per Halina Birembau

    “Vi ringrazio per la decisione coraggiosa che mi ha
    permesso di essere presente qui. Non sarei qui non avesse perso l’idea
    fascista, nazista del nuovo ordine in Europa” Con queste parole – accolte da
    una vera e prpria standing ovation – Halina Birenbaum, 90enne sopravvissuta ad
    Auschwitz, ha preso la parola all’inaugurazione del Salone del Libro di Torino.
    Ieri la scrittrice polacca aveva annunciato l’intenzione di disertare la
    kermesse se la casa editrice Altaforte, vicina a Casapound, non fosse stata
    allontanata. La scrittrice ha raccontato cosa sia stata la Shoah e le
    sofferenze e privazioni che lei e la sua famiglia (completamente sterminata)
    hanno vissuto nel ghetto ebraico di Varsavia.

    “Avevo 10 anni quando la Germania nazista invase la Polonia
    dove sono nata. Varsavia era bombardata, la nostra casa bruciata, la mia citta’
    era in fiamme”. “Gli ebrei a quanto pare non avevano diritto di
    vivere e la sentenza di morte era stata emessa dai nazisti. Sono cresciuta – ha
    detto ancora- vedendo queste cose: la fame, i cadaveri sulle strade, il freddo,
    la possibilita’ di morire tutti i giorni”. “Nel luglio del 43
    decidono di portare via i 500mila ebrei del ghetto di Varsavia. In qualche modo
    riusciamo a nasconderci, regnava la fame piu’ totale, ma noi facevamo di tutto
    per non salire su quel treno. Ci nascondiamo con la mia famiglia ma ci hanno presi.
    Io, mia mamma, mio papa’ e un mio fratello veniamo catturati. Subito mia mamma
    mi dice di dichiarare 17 anni perche’ nei campi non volevano i bambini”.
    “Mio fratello – ha proseguito il racconto Halina Birembau- fece nascondere
    me e mia mamma nelle fogne e quella volta parti’ solo mio papa’. Dopo 3
    settimane pero’ ci trovarono nel bunker, catturarono e ci fecero salire sul
    treno, dove nei vagoni c’erano centinaia di persone, uno sull’altro, ci si
    calpestava e mancava l’ aria e lo facevano per farci soffocare gia’ nel
    viaggio”. Un viaggio fino al campo di concentramento “ma noi non sapevamo
    che li c’erano le camere a gas. Mio fratello all’epoca non aveva neanche 20
    anni e l’ultima immagine che ho di lui e’ quando viene colpito. Non mi e’ rimasta
    neanche una sua foto”. Una tragica fine anche per la mamma di Halina, poi
    la permanenza nel campo di Auschwitz, dove ” fa freddissimo, ci sono 18
    gradi sottozero, si vede il camino con il fumo delle camere a gas “ma dove
    arriva anche una frase di speranza: “una donna mi disse tutto questo
    passera’, il mondo scrivera’ di noi. Io l’ho visto questo mondo sono riuscita a
    sopravvivere e vederlo”.

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