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SPECIALE PESACH 5784

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    30 anni fa moriva Herbert Pagani, indimenticabile artista

    Moriva all’età di 44 anni a Palm Beach (il 16 agosto
    1988), esattamente 30 anni fa per una gravissima forma di leucemia, Herbert
    Avraham Haggiag Pagani. Personalità poliedrica (era nato a Tripoli il 25 aprile
    1944) Pagani è stato un esponente di spicco del mondo artitstico tra gli anni
    ’60-’70 e ’80 ricoprendo diversi ruoli: cantautore, disc-jockey, poeta,
    scrittore, scultore, pittore, e attore.

    Dopo essere scappato dalla Libia per sottrarsi ai pogrom
    antisemiti, visse tra l’Italia, la Germania e la Francia.

    La folta chioma alla Bob Dylan e
    alla Lucio Battisti, lo sguardo penetrante e quella voce melodiosa seguita da
    verve e espressività fuori dal comune non passarono inosservate e negli anni
    ’60 divenne famoso in Italia con le sue performance prima radiofoniche per
    Radio Montecarlo, – insieme a Gigi Salvadori,
    Ettore Andenna, Luisella Berrino e Roberto Arnaldi – poi come cantante
    partecipando a diverse trasmissioni televisive Rai e ad un Festival di Sanremo

    Come cantante ha inciso
    brani di facile presa e popolarità come: Cin cin con gli occhiali, Canta (che
    ti passa la paura), L’amicizia e Ahi… le Hawaii, cantata anche nel film Amore
    mio aiutami, diretto nel 1969 da Alberto Sordi; Non ti amo più (1962);
    Lombardia (1965), versione italiana de Le plat pays di Jacques Brel e La bonne
    franquette del 1974, ripresa successivamente da Fiorello insieme al fratello
    Beppe ed a lungo jingle musicale dei «Club Méditerranée».

    La sua migliore produzione in italiano è considerata
    tuttavia ’Teorema’ (1980) ma soprattutto ”Albergo a ore” (del 1970), brano che
    ebbe problemi con la censura e che era l’adattamento dalla versione in lingua
    francese Les amants d’un jour (portata in Francia al successo da Édith Piaf);
    la versione italiana è stata proposta anche da Gino Paoli, da Ornella Vanoni,
    nel 1972 da Milva, e da Marcella Bella.

    Nella sua produzione artistica molta influenza ebbe la
    sua orgogliosa identità ebraica che mai nascose e il suo infinito amore per
    l’ideale sionista. Adattò in italiano, con la struggente canzone
    “Il
    capretto”, la versione “Dona Dona” un canto che è una denuncia
    dell’indifferenza dei più che consentirono il massacro del popolo ebraico
    durante la Shoah. Scrisse anche “La stella d’oro”, una storia sulla condizione
    dell’ebreo cacciato e perseguitato che cerca la sua Terra Promessa. Ma
    soprattutto Pagani è stato l’autore di un lungo ed appassionato testo – nato
    prima in francese – “Arringa per la mia
    Terra”, che è una difesa delle ragioni del sionismo e dell’essere ebreo. Scritto
    nel novembre del 1975, all’indomani della vergognosa mozione ONU che assimilava
    il sionismo al razzismo, l’autore lo diffuse, l’11 novembre 1975, dai microfoni
    dell’emittente Europe 1, e, nell’aprile 1976, alla televisione francese.

    Pagani è sepolto nel cimitero di Tel Aviv Kyriat
    Shaul.

     

    ’Arringa per la mia Terra’

    “Di passaggio a Fiumicino sento due turisti dire,
    sfogliando un giornale: “Fra guerre e attentati non si parla che di ebrei, che
    scocciatori…” È vero, siamo dei rompiscatole, sono secoli che rompiamo le balle
    all’universo. Che volete. Fa parte della nostra natura.

    Ha cominciato Abramo col suo Dio unico, poi Mosè con
    le Tavole della Legge, poi Gesù con l’altra guancia sempre pronta per la
    seconda sberla, poi Freud, Marx, Einstein, tutti esseri imbarazzanti,
    rivoluzionari, nemici dell’ordine. Perché?

    Perché l’ordine, quale che fosse il secolo, non poteva
    soddisfarli, visto che era un ordine dal quale erano regolarmente esclusi;
    rimettere in discussione, cambiare il mondo per cambiare destino, questo è
    stato il destino dei miei antenati; per questo sono sempre stati odiati da
    tutti i paladini dell’ordine prestabilito. L’antisemita di destra rimprovera
    agli ebrei di aver fatto la rivoluzione bolscevica. È vero. C’erano molti ebrei
    nel 1917.

    L’antisemita di sinistra rimprovera agli ebrei di
    essere i proprietari di Manhattan, i gestori del capitalismo… È vero ci sono
    molti capitalisti ebrei.

    La ragione è semplice: la cultura, la religione,
    l’idea rivoluzionaria da una parte, i portafogli e le banche dall’altra sono
    stati gli unici valori mobili, le sole patrie possibili per quelli che non
    avevano una patria.

    Ora che una patria esiste, l’antisemitismo rinasce
    dalle sue ceneri, o meglio, scusate, dalle nostre, e si chiama antisionismo.

    Prima si applicava agli individui, adesso viene
    applicato a una nazione. Israele è un ghetto, Gerusalemme è Varsavia.

    Chi ci assedia non sono più i tedeschi ma gli arabi e
    se la loro mezzaluna si è talvolta mascherata da falce era per meglio fregare
    le sinistre del mondo intero.

    Io, ebreo di sinistra, me ne sbatto di una sinistra
    che vuole liberare gli uomini a spese di una minoranza, perché io faccio parte
    di questa minoranza.

    Se la sinistra ci tiene a contarmi fra i suoi non può
    eludere il mio problema. E il mio problema è che dopo le deportazioni in massa
    operate dai romani nel primo secolo dell’era volgare, noi siamo stati ovunque
    banditi, schiacciati, odiati, spogliati, inseguiti e convertiti a forza.
    Perché? …perché la nostra religione, cioè la nostra cultura erano pericolose.

    Qualche esempio? Il giudaismo è stato il primo a
    creare il sabato, il giorno del Signore, giorno di riposo obbligatorio. Insomma
    il week-end. Immaginate la gioia dei faraoni, sempre in ritardo di una
    piramide. Il giudaismo proibisce la schiavitù. Immaginate la simpatia dei
    romani, i più grossi importatori di manodopera gratuita dell’antichità.

    Nella Bibbia è scritto: “La terra non appartiene
    all’uomo, ma a Dio”; da questa frase scaturisce una legge, quella della
    estinzione automatica dei diritti di proprietà ogni 49 anni. Vi immaginate la
    reazione dei papi del medioevo e degli imperatori del Rinascimento?

    Non bisognava che il popolo sapesse.

    Si cominciò quindi col proibire la lettura della
    Bibbia, che venne svalutata come Vecchio Testamento. Poi ci fu la maldicenza:
    muri di calunnie che divennero muri di pietra: i ghetti. Poi ci furono l’indice,
    l’inquisizione e più tardi le stelle gialle.

    Ma Auschwitz non è che un esempio industriale di
    genocidio. Di genocidi artigianali ce ne sono stati a migliaia. Mi ci
    vorrebbero dieci giorni solo per fare la lista di tutti i pogrom di Spagna,
    Russia, Polonia e Nord Africa. A forza di fuggire, di spostarsi, l’ebreo è
    andato dappertutto. Si estrapola il significato e eccoci giudicati gente di
    nessun posto. Noi siamo in mezzo ad altri popoli come gli orfani affidati al
    brefotrofio.

    Io non voglio più essere adottato, non voglio più che
    la mia vita dipenda dall’umore dei miei padroni di casa, non voglio più
    affittare una cittadinanza, ne ho abbastanza di bussare alle porte della storia
    e di aspettare che mi dicano Avanti.

    Stavolta entro e grido; mi sento a casa mia sulla
    terra e sulla terra ho la mia terra. Perché l’espressione terra promessa deve
    valere per tutti i popoli meno che per quello che l’ha inventata?

    Che cos’è il sionismo? …si riduce a una sola frase:
    l’anno prossimo a Gerusalemme.

    No, non è lo slogan di qualche club di vacanza; è
    scritto nella Bibbia, il libro più venduto e peggio letto del mondo.

    E questa preghiera è divenuta un grido, un grido che
    ha più di duemila anni, e i padri di Cristoforo Colombo, di Kafka, di Proust,
    di Chagall, di Marx, di Einstein, di Modigliani, e di Woody Allen l’hanno
    ripetuta, questa frase, almeno una volta all’anno: il giorno della Pasqua.

    Allora il sionismo è razzismo ?

    Ma non fatemi ridere. Il sionismo è il nome di una
    lotta di liberazione e come ogni movimento democratico ha le sue destre e le
    sue sinistre.

    Nel mondo ciascuno ha i suoi ebrei. I francesi hanno i
    còrsi, i lavoratori algerini; gli italiani hanno i terroni e i terremotati; gli
    americani hanno i negri, i portoricani; gli uomini hanno le donne; la Società
    ha i ladri, gli omosessuali, gli handicappati.

    Noi siamo gli ebrei di tutti.

    A quelli che mi chiedono: “e i palestinesi?” Rispondo
    “io sono un palestinese di duemila anni fa, sono l’oppresso più vecchio del
    mondo, sono pronto a discutere con loro ma non a cedergli la terra che ho
    lavorato. Tanto più che laggiù c’è posto per due popoli e due nazioni”

    Le frontiere le dobbiamo disegnare insieme.

    Tutta la sinistra sionista cerca da trent’anni degli
    interlocutori palestinesi, ma l’OLP, incoraggiata dal capitale arabo e dalle
    sinistre europee, si è chiusa in un irredentismo che sta costando la vita a
    tutto un popolo, un popolo che mi è fratello, ma che vuole forgiare la sua
    indipendenza sulle mie ceneri.

    C’è
    scritto sulla carta dell’OLP: “verranno accettati nella
    Palestina riunificata solo gli ebrei venuti prima del 1917″.

    A questo punto devo essere solidale con la mia gente.

    Quando gli arabi mi riconosceranno, mi batterò insieme
    a loro contro i nostri comuni oppressori.

     

    Ma per oggi la famosa frase di Cartesio penso, dunque
    sono non ha nessun valore.

    Noi ebrei sono cinquemila anni che pensiamo e ci
    negano ancora il diritto di esistere.

    Oggi, anche se mi fa orrore, sono costretto a dire mi
    difendo, dunque sono.”

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