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    Addio a Dani Karavan, maestro dell’arte ambientale

    Con la
    morte di Dani Karavan Israele perde uno degli artisti storici più riconosciuti
    a livello internazionale. Karavan di Israele aveva visto la sua fondazione,
    perché era nato a Tel Aviv nel 1930 che i genitori, pionieri dell’immigrazione,
    avevano raggiunto circa dieci anni prima. Sarebbe riduttivo definire Karavan
    come scultore perché il suo lavoro, a partire dagli anni ’60, ha sempre messo
    in relazione le forme plastiche con il paesaggio urbano e naturale, creando
    opere site specific attraversabili in un continuo dialogo con
    il pubblico.

    Sebbene
    abbia cominciato a studiare pittura con Avigdor 
    Stematsky e Yehezkel
    Streichman, tra i padri della pittura israeliana del Novecento, negli anni
    Sessanta aveva capito che la sua produzione non poteva essere limitata allo
    spazio della tela. 

    Le
    costanti del suo lavoro da quel momento in poi derivano dalle sue vicende
    biografiche. Dal padre Avraham, capo paesaggista della città di Tel Aviv, aveva
    ereditato l’attenzione nella progettazione della natura in città, mentre
    l’esperienza di fondatore di un Kibbutz nel 1948 lo aveva convinto che la sua
    arte doveva essere realizzata per una fruizione pubblica.  

    Tra le
    prime opere su larga scala c’è il bassorilievo per la Knesset di
    Gerusalemme (1965-1966) dedicato alla città e alla dichiarazione di
    indipendenza, cominciando poi alcune commissioni pubbliche sul territorio come
    il monumento nel Negev (1963-1968), a ricordo dei caduti della brigata
    israeliana nella guerra del 1948, dove forme in cemento entrano in relazione
    con il deserto. Tra le commissioni più recenti in Israele si ricorda la
    piazza Habima di Tel Aviv (2005-2013), pensato come uno spazio
    di incontro e dialogo fatto di acqua, legno, pietra e vegetazione.

    Non sono
    mancate per Karavan le partecipazioni nei grandi contesti espositivi come la
    Biennale di Venezia (1976) e Documenta 6 a Kassel, fino al 1998 quando è stato
    insignito di uno dei più importanti premi nel mondo dell’arte il Praemiun
    Imperiale
     consegnato ogni anno in Giappone con il patrocinio della
    casa imperiale. Con un lui in quell’edizione Robert Rauschenberg, che fu
    artista di riferimento della pittura americana dagli anni Cinquanta, 
    e l’architetto Álvaro Siza.

    Karavan
    ha avuto una presenza costante anche in Europa come la Piazza della
    Tolleranza
     (1996) donata all’UNESCO a Parigi dallo Stato d’Israele che
    con le sue forme circolari che ruotano intorno a un ulivo è stata dedicata alla
    memoria di 
    Yitzhak Rabin. Tra le
    più suggestive installazioni ambientali il lungo “passaggio” verso il mare in
    omaggio a Walter Benjamin a Portobou in Spagna, dove il filosofo trovò la morte
    nel 1940.

    La varietà della produzione di Karavan racconta anche un continuo rapporto
    con la storia, la memoria, in cui si inseriscono i memoriali della Shoà, e un
    legame speciale con l’Italia.  

    Come ha
    raccontato più volte, Firenze fu meta giovanile per lo studio degli affreschi
    che lo avevano ispirato per la realizzazione di grandi pannelli in cemento,
    proiettandoli attraverso la sua visione nella contemporaneità.

    Non è
    quindi difficile incontrare installazioni di Karavan in Italia, e specialmente
    in Toscana, come quella voluta da un altro grande artista come Daniel Spoerri
    che invitò lo scultore israeliano a realizzare un’opera per il suo giardino: in
    quell’occasione un ulivo squarciato da un fulmine fu ricoperto internamente di
    foglia d’oro e divenne emblema di Adamo ed Eva, la dualità nata da un unico
    elemento. 

    Daniel
    Karavan si spegne riconosciuto come maestro. Nel 2018 il Meis di Ferrara gli
    aveva dedicato una mostra e anche in quell’occasione non aveva mancato di
    relazionarsi con la città e la sua storia. Oltre a una serie di opere,
    selezionate da Noa Karavan, aveva dato la sua lettura di un altro famoso
    giardino: quello dei Finzi Contini raccontato da Giorgio Bassani nel suo
    celebre romanzo.

    Proprio in questi giorni al Docs Barcelona
    è stato presentato un documentario dedicato a Karavan e diretto da Barak
    Heymann, dove l’artista novant’enne, passeggia tra le sue opere con il carisma
    e la determinazione che hanno contraddistinto la sua vita.

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