Quarto cambio, moviola e Arabia Saudita. Queste le principali novità della partita di Supercoppa italiana tra Juventus e Milan in programma a Gedda il prossimo 16 gennaio al King Abdullah Sports City Stadium. Un diritto, quello di disputare la partita sul proprio suolo nazionale, acquistato dall’Arabia Saudita con 20 milioni di euro per la possibilità di disputare 3 delle prossime 5 finali tra la vincitrice del campionato italiano e quella della Coppa Italia. L’operazione di marketing da parte della monarchia assoluta saudita è da considerarsi una sorta di repulisti internazionale dell’immagine della famiglia reale al vertice di uno Stato sovrano che, assieme al Vaticano, è l’unico al mondo a non avere un Parlamento. Nel tentativo di fornire a Riad un volto (di facciata) migliore il principe ereditario Mohammed Bin Salman avrebbe fatto, secondo il Corriere della Sera, un’offerta di 4,5 miliardi di euro alla famiglia americana Glazer per acquistare il Manchester United, una cifra clamorosa se si pensa che la valutazione della società inglese è quotata intorno ai 3,2 miliardi di euro. Affare al momento che sembra essersi arenato dopo il caso Kashoggi, il giornalista ucciso da uomini dei servizi segreti di Riad all’intero del consolato saudita ad Istanbul. La decisione di giocare una partita al di là dei confini nazionali non ha sempre una natura economica o politica, ma può essere legata anche all’ordine pubblico come nel caso della finale di Coppa Libertadores (la Coppa dei Campioni sudamericana) che andrà in scena domenica prossima a Madrid. Dopo i disordini scoppiati il 24 novembre scorso nella partita di ritorno tra le due squadre di Buenos Aires, Boca Juniors e River Plate, con l’assalto dei tifosi del River al pullman dei giocatori del Boca, le autorità argentine hanno deciso di disputare il Superclasico proprio nella capitale iberica. Una beffa della Storia: una ex colonia spagnola come l’Argentina che torna (sportivamente) nelle braccia del suo vecchio colonizzatore per garantire la sicurezza del derby di Buenos Aires.
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Nicola Zecchini