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    Auguri a Gene Simmons, “The Demon” fondatore dei “The Kiss”

    Compie oggi 73 anni Gene Simmons, uno dei volti più trasgressivi del rock,
    fondatore dei “The Kiss” e noto per la sua linguaccia e per le sue esibizioni
    truculente con il sangue sintetico. Gene si fa infatti soprannominare The Demon
    per via del suo trucco al volto e dei costumi che gli danno le sembianze di un
    demone.

    Bassista, cantante, produttore discografico. Dietro questa sua immagine
    terrifica, si cela anche un uomo di cultura, giornalista, insegnante,
    poliglotta. Simmons parla tre lingue: inglese, ungherese ed ebraico. Pochi,
    infatti, sanno che Chaim Witz, vero nome di Gene Simmons, nasce a Haifa in
    Israele il 25 agosto 1949 da madre ebrea, Flora Klein, ungherese deportata nel
    1944 all’età di quattordici anni, da prima nel campo di concentramento di Ravensbruck, dove lavorò raccogliendo patate, poi a
    Flossengbur, ed infine
     Mathausen, dove venne liberata nel maggio
    1945 dalle truppe americane.

    Gene Simmons negli anni ritrova dei documenti
    della madre che testimoniano la persecuzione nazista nei confronti della sua
    famiglia. La nonna Ester Blaus muore nelle camere a gas e Flora ed il fratello
    furono gli unici della famiglia a salvarsi. Una vita durissima quella di Flora,
    che sopravvissuta decide di sposare il carpentiere Jechiel Witz, con il quale
    si trasferisce in Israele e dove nasce Chaim. Abbandonata dal marito emigrò
    negli Stati Uniti, dove Chaim decide, in onore della madre, di prendere il
    cognome Klein e di diventare Eugene Klein e fondare insieme a Paul Stanley i
    The Kiss.

    Eugene, in arte Gene, rimarrà per sempre legatissimo alla figura
    materna. Rivela Gene che per anni la madre non volle mai raccontare i dettagli
    della sua prigionia e che il suo motto, dopo essere uscita viva da quel
    calvario, è sempre stato: “Every day on earth is a good day”.

    L’esperienza drammatica della madre ed il suo meccanismo di rimozione,
    tipico di molti deportati, sovrasta come un incubo la rappresentazione del
    mondo di Gene, così come la violenza che profondamente rimane “nella mente e
    nella carne”, come abilmente descriveva anche Primo Levi.

    Evocando la Shoah ed il proprio vissuto Gene afferma: “Finché ne parli c’è speranza. È come quando vedi dei
    nidi di uccello in cucina e devi accendere la luce e scacciarli invece di
    lasciarli dentro”.

    Sul palcoscenico e di fronte a migliaia di persone, davanti ai riflettori
    non manca certo la luce, per scacciare il demone che è in lui.

    La messa in scena di “The Demon” appartiene forse agli archetipi della
    cultura ebraica, lo yiddish humor è l’umore autosarcastico: è il ridere di sé
    per esorcizzare la propria sventurata condizione. Del resto la messa in scena
    delle proprie paure ed angosce in fondo non è proprio la chiave della musica
    rock?

    Una violenza quindi che con grande abilità il nostro “demone” riesce ad
    esorcizzare, interpretandola in maniera caricaturale e liberatoria. Il “babau”
    del bambino diventa un burattino, di cui egli tiene le fila, e lo esibisce con
    magistrale destrezza.

    Auguri Demon! Sei una rivelazione del genio umano.

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