Rav Snir Gueta, 34 anni, è un ex-calciatore professionista che ha militato nelle fila del Maccabi Haifa e Maccabi Netanya, prima di ritirarsi per dedicarsi agli studi rabbinici.
Oggi studia tutto il giorno nel Kollel e la sera insegna. Lo abbiamo incontrato dopo alcune sue attività a cui ha partecipato durante il suo soggiorno romano, tra cui una serata al Tempio Beth-El e una visita alla scuola ebraica.
Cosa l’ha
spinta a ritirarsi in anticipo dalla carriera di calciatore per diventare
rabbino?
È una decisione che ho preso alcuni anni prima di lasciare calcio. Andavo spesso ad ascoltare lezioni di Torah e dopo un paio di anni ho capito che quella era la verità. Era ciò che dovevo fare. Il Signore D-o mi ha aiutato in questa decisione.
Lo sport può
essere una piattaforma efficace per combattere l’antisemitismo ed il razzismo?
Una persona che è antisemita fuori dal campo di calcio lo è anche sul campo di gioco, ma non ho mai sentito di simili problemi per quanto riguarda le squadre che conosco.
Non so se lo sport possa riuscirci, perché alla fine ci sono sempre persone molto estremiste. Lo sport può dare qualcosa in più, ma non penso che abbia la forza necessaria per combattere qualcosa di così grande.
Pensa che
rispettare Shabbat e le festività ebraiche possa conciliarsi con le
competizioni calcistiche che spesso si
svolgono durante i weekend?
Dipende dal tipo di persona. Una persona già molto ortodossa non ha niente a che fare con il calcio, mentre una persona che si sta rafforzando, e che si vuole avvicinare a D-o può trovare una soluzione. Per esempio in Israele si deve trovare una soluzione poiché una grande parte della popolazione israeliana è tradizionalista, quindi si deve trovare un connubio tra Shabbat e calcio.
Quest’anno la
partita di Champions League Maccabi Haifa-Juventus si è svolta il 5 ottobre,
ovvero il giorno di Kippur alla fine del digiuno. Come si può affrontare la
questione?
È chiaro che è un problema. Se un giocatore digiuna non può giocare la sera e se non si concede ad un giocatore la possibilità di digiunare il giorno più sacro per il popolo ebraico, questo è sicuramente un problema.
Come si combinano sport, competitività e religione?
Riuscire ad avere successo nello sport come scopo nella vita non è adatto a chi è ultraortodosso. Soprattutto il calcio dà la sensazione ad un calciatore forte e famoso di essere come una divinità.
Oggi ha
incontrato i ragazzi della scuola ebraica. Come suggerirebbe ad un giovane di
dedicarsi allo sport e allo studio della Torah?
È molto
individuale. Dipende. Alcuni ragazzi possono studiare di più e altri di meno.
Un ragazzo che non riesce a dedicarsi allo studio è meglio che si dedichi di
più allo sport invece che andare in giro e fare averoth (peccati).
In che modo
la sua vita da sportivo influenza il modo con cui si approccia oggi allo
studio?
Sicuramente la mia vita precedente ha una influenza importante sulla mia vita di oggi. Mi dà la forza di fare di più. Mi dovevo svegliare presto, avevo allenamenti duri. Sono molto abituato all’impegno. L’impegno che prima mettevo nello sport oggi lo metto nello studio.
Gioca ancora
a calcio ogni tanto?
Certo che sì!
Sarah Tagliacozzo