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    I pericoli della trattativa con l’Iran

    Perché l’Iran è pericoloso

    Ci sono poche cose al mondo più dannose e dunque militarmente e politicamente più significative delle armi atomiche, capaci di distruggere una città in un colpo solo e di lasciarla inabitabile per tempi molto lunghi. L’umanità conosce queste armi da quasi ottant’anni e nonostante i numerosi conflitti di questo periodo, dopo il primo bombardamento di Hiroshima e Nagasaki nel 1945, esse non sono state più utilizzate: perché gli stati che le possiedono sono pochi (esattamente 9: Usa, Russia, Cina, Gran Bretagna, Francia, India, Pakistan, Israele, Corea del Nord) e perché i loro comportamenti in questo campo sono razionali, tengono cioè conto delle reazioni degli altri che li distruggerebbero se le usassero per prime. Al club degli stati atomici però ci sono altre candidature, soprattutto in Medio Oriente. Ci hanno provato l’Iraq di Saddam Hussein e la Siria, fermati entrambi da Israele, e da decenni ci lavora l’Iran. 

     

    Il progetto atomico dell’Iran

    Questo è oggi probabilmente il più grave pericolo per la pace nel mondo. Perché l’Iran non è solo uno stato aggressivo e imperialista (come Russia e Cina) o governato da un’élite paranoica e priva di inibizioni (come la Corea del Nord), ma è anche un regime teocratico che teorizza il terrorismo suicida (loro lo chiamano “martirio”) e spesso ha mostrato di non avere cura della vita stessa dei propri sudditi pur di avanzare il proprio imperialismo religioso. Questa è la ragione per cui tutti gli statisti responsabili sono estremamente preoccupati dalla scommessa degli ayatollah: la minaccia della mutual assured destruction (la “distruzione reciproca garantita” in caso di guerra atomica) potrebbe non essere sufficiente a fermare un Iran nucleare. Inoltre, l’armamento atomico gli permetterebbe di intraprendere aggressioni convenzionali senza temere rappresaglie.

     

    Le reazioni al progetto di armamento nucleare iraniano

    Chi ha più cercato di fermare il tentativo iraniano è stato Israele, il nemico che gli ayatollah promettono di distruggere alla prima occasione. Lo Stato ebraico ha usato tutte le sue risorse di intelligence, di azione clandestina e di guerra informatica per fermare il progetto e in effetti è riuscito a rallentarlo per decenni. Anche gli Usa fino a un certo punto ci hanno provato, con sanzioni e azioni segrete. La svolta è venuta da Obama, convinto che l’Occidente avesse un debito morale verso l’Islam. Ha cercato quindi di trovare un accordo con la Repubblica Islamica, nemico storico del suo paese, promettendo vantaggi economici e una sostanziale tolleranza verso l’imperialismo iraniano, anche se esercitato ai danni degli alleati storici dell’America, come Israele, Egitto, Arabia. 

     

    L’errore di Obama e i suoi successori

    Nel 2015 Obama, contro l’opposizione di questi alleati e anche della maggioranza del congresso, firmò un accordo detto Jpcoa (non un trattato, perché sapeva che il Senato non l’avrebbe approvato, come esige la Costituzione Usa per i trattati internazionali), che prevedeva la sospensione da parte dell’Iran dell’arricchimento dell’uranio (l’esplosivo della bomba atomica), controllata dall’agenzia atomica dell’Onu, in cambio della sospensione delle sanzioni e di cospicui vantaggi politici-economici. L’Iran ne approfittò per estendere la sua espansione imperialistica in tutto il Medio Oriente e come fu documentato da Israele, non cessò affatto il suo progetto nucleare. Di conseguenza Trump, successore di Obama, decise di uscire dall’accordo e l’Iran ne approfittò per intensificare i suoi sforzi di ottenere l’atomica, soprattutto dopo che Biden decise di tentare di rientrare nell’Jpcoa.

     

    Le trattative

    I negoziati per la ripresa dell’accordo vanno avanti ormai da più di un anno, bloccati da diversi fattori. Il primo è che l’Iran vuole rientrare da una posizione di forza, non tornare al punto di partenza del 2015, ma far valere il suo status di threshold state (cioè stato al limite del nucleare, capace di avere la Bomba in poche settimane), come ormai purtroppo è. Il secondo è che oltre a questo esso ha pretese politico-economiche decisamente esagerate (risarcimenti economici enormi, riconoscimenti politici, la rinuncia a definire terroriste le sue attività di sovversione armata e le organizzazioni di cui si serve, ecc.). Il terzo fattore è che il principale mediatore fra Usa e Iran, che non si parlano direttamente, è stata a lungo la Russia, grande protettore e alleato della Repubblica Islamica, che però con la guerra in Ucraina è diventato esplicitamente un nemico degli Usa. Insomma, le trattative si sono bloccate più volte e sembravano fallite. Ora però al posto della Russia è arrivata l’Unione Europea (tendenzialmente piuttosto filo-iraniana anch’essa) che ha formulato, non si sa con che diritto, una “proposta finale” per l’Iran. Buona parte delle richieste iraniane sono accolte in questa proposta, ma l’Iran ha rilanciato con altre richieste. Il negoziato sembra di nuovo a un punto morto.

     

    Che accadrà

    La trattativa è segreta, ne conosciamo solo le indiscrezioni rese pubbliche dalle parti a scopo propagandistico. Non sappiamo quindi quali sono i termini esatti della discussione. Ma c’è un serio pericolo che Biden ripeta l’errore di Obama (perché l’ha condiviso come vicepresidente ed è ancora portatore delle stesse scelte ideologiche), e annunci un giorno che l’accordo è fatto, applicandolo subito. È probabile che questo possa accadere prima delle elezioni di novembre, dove è possibile che egli perda la maggioranza al Congresso, anche perché immagina possa essere un buon contenuto  di propaganda elettorale. Se ciò accadesse, questo lascerebbe soli i tradizionali alleati dell’America e in primo luogo Israele, a resistere all’espansione iraniana. E molto probabilmente nell’accordo ci sarebbero intese più o meno esplicite, per cui gli Usa si impegnerebbero a impedire un’azione preventiva israeliana contro l’atomica dell’Iran. Insomma il problema è estremamente delicato e mette Israele in una posizione molto difficile. Ma anche per l’America e l’Europa rafforzare con finanziamenti, influenza politica e lo stato di  threshold state un regime anti-occidentale, alleato della Russia, fanaticamente terrorista è decisamente un cattivo affare.

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