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    Il Congresso americano rifiuta il finanziamento di Iron Dome: Un voto che apre prospettive allarmanti

    Gli Stati Uniti non vogliono più finanziare Iron Dome, il sistema d’arma difensivo che ha garantito la sicurezza di Israele nell’ultimo decennio. Lo ha deciso la Camera dei rappresentanti, subendo il ricatto della “squadretta” dell’estrema sinistra del partito democratico composta da deputati come Ilhan Omar, Alexandria Ocasio-Cortez, Mark Pocan, Rashida Tlaib,  Ayanna Pressley, tutti sotto l’ala protettiva dell’ex candidato alla presidenza Bernie Sanders. Martedì scorso si trattava di votare un provvedimento economico di grande importanza per il rilancio dell’economia dopo il Covid. In questo provvedimento era contenuto il budget per rifornire Israele dei razzi antimissile Tamir che sono lo strumento con cui Iron Dome concretamente abbatte i missili diretti contro le città israeliane. Il costo stimato di ognuno di questi razzi è intorno ai 20 mila dollari; ma a causa della necessità di mirare a ogni missile nemico con almeno due Tamir per sicurezza e anche dei colpi a vuoto o inutili, si stima che ogni abbattimento costi circa 100 mila dollari. Ne vale la pena, visto che si tratta di vite umane, di case, di scuole; ma è un costo enorme per Israele. Bisogna aggiungere inoltre che in seguito agli accordi con gli Stati Uniti i Tamir si producono solo in Usa, non in Israele.

     

    Dunque il finanziamento previsto nel progetto di legge era molto consistente, circa un miliardo di dollari, che dovrebbe consentire ai costi attuali circa diecimila abbattimenti: sembrano tanti ma sono decisamente pochi in proporzione ai 20.000 razzi in mano a Hamas e ai 130 mila che si dice stiano nei depositi di Hezbollah. Vale la pena di aggiungere che questi soldi avrebbero sì garantito la sicurezza di Israele, ma sarebbero stati spesi in Usa, dando lavoro all’industria aeronautica americana. L’ultima considerazione, ma forse la più importante è che i Tamir e tutto il sistema Iron Dome sono solo armi difensive, che servono a salvare vite umane, non a distruggerle. E non si tratta solo di vite israeliane: senza l’antimissile Israele sarebbe costretto a contrattaccare le basi degli aggressori  in maniera molto più energica per limitare le stragi che farebbero i terroristi  se non fossero fermati dall’antimissile, trascurando tutte le procedure che oggi servono a proteggere i non combattenti a Gaza. Il risultato sarebbe una guerra senza limiti, con costi umani terribili da entrambe le parti.

     

    La squadretta di estrema sinistra non si è fatta impressionare da queste considerazioni e ha minacciato di far bocciare l’intero progetto di legge, con gravi conseguenze economiche, se non fosse stato eliminato il capitolo su Iron Dome. E la leadership democratica, volente o nolente, ha piegato la testa e ha obbedito. E’ probabile che, come ha rassicurato il ministro degli esteri israeliano e uomo forte della coalizione di governo a Gerusalemme Yair Lapid, prima o poi il Congresso troverà il modo di restituire questi fondi a Iron Dome. Dopotutto la cifra del miliardo di dollari era stata promessa personalmente da Biden dopo la fine dei combattimenti a Gaza a primavera, e ci sono anche forti interessi economici americani in gioco. Ma il colpo è comunque molto grave. Perché innanzitutto il voto della Camera americana dimostra che non è affatto vero che l’appoggio a Israele sia tornato bipartisan, dopo la chiusura dell’epoca di Netanyahu e Trump, come sosteneva lo stesso Lapid. Esattamente come un anno fa, per Israele si battono i repubblicani, contro Israele l’ala più combattiva del partito democratico; gli altri democratici sono quantomeno tiepidi o incapaci di imporsi. In secondo luogo si vede che l’opposizione a Israele non è umanitaria o pacifista, perché se c’è un sistema d’arma civile e pacifico questo è proprio Iron Dome. Il voto mostra un pregiudizio ideologico, un odio feroce che non si ferma neppure davanti alla prospettiva di vittime civili indifese: per dirla tutta, nel Partito Democratico prevale oggi un antisemitismo bello e buono.

     

    Infine, bisogna ricordare che la realizzazione dell’armamento atomico iraniano è lontana appena qualche settimana, secondo le valutazioni condivise dagli esperti. E’ chiaro che l’America non ha il tempo e la determinazione per fermarlo con mezzi diplomatici, ammesso che ciò sia possibile, e che dunque un ricorso alle armi è probabilmente la sola possibilità. Ma gli Stati Uniti – tutto il suo sistema politico, non solo l’amministrazione balbettante ma anche gli estremisti che comandano al Congresso – non sono affatto disposti a prendersi questa responsabilità. Anzi mostrano l’intenzione chiara di impedire a Israele di provarci. Lo stato ebraico d’altro canto ha un governo debole, confuso, con la presenza di estremisti di sinistra nono poi troppo diversi dalla squadretta di Washington. Bennett ha promesso a Biden di informarlo in anticipo di ogni iniziativa militare rilevante.

     

    È probabile dunque che fra un mese o due, quando Teheran farà capire di avere la bomba atomica, nessuno avrà fatto niente per impedirlo e sarà troppo tardi per provarci, Israele si troverà di fronte un nemico mortale, fornito di deterrenza nucleare, e non sarà affatto sostenuto dagli Stati Uniti, anzi sarà oggetto a tentativi di boicottaggio militari come quello di questi giorni. E’ una prospettiva difficilissima. Possiamo solo sperare che sia decisiva la grande capacità di resistenza di Israele e del popolo ebraico, che certo non ha intenzione di subire la sorte dei filo-occidentali dell’Afghanistan. Certamente si preparano tempi difficilissimi.

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