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    Il rabbino Cesare Moscati da Roma a Napoli ricordando Rav Isidoro Kahn

    Il
    rabbino Cesare Moscati si insedierà a Napoli per i moadim. Una nomina che
    giunge molto gradita al rabbino che poco più di tre anni fa è andato in
    pensione. Shalom lo ha incontrato.


    Fin dalla sua formazione aveva un legame con Napoli?

    Tra i
    miei maestri ho avuto il rabbino Isidoro Kahn di Napoli: ogni settimana veniva
    a Roma la domenica a fare lezione al Collegio Rabbinico e si tratteneva anche i
    giorni successivi per il Beth Din. Il mio primo Morè è stato il rabbino
    Vittorio Della Rocca, cui devo gran parte della mia formazione e cui sono stato
    profondamente legato per tutta la vita.


    E il suo legame con il Tempio spagnolo da dove ha origine?

    Mio
    nonno materno andava allo Spagnolo e lì mi sono sempre sentito a casa.
    Negli anni ho formato molti ragazzi per il bar mizvà. Ho sempre provato un
    affetto particolare per i giovani cui non mi sono mai limitato ad insegnare le
    tefillot e le parashot. Ho voluto che si instaurasse un vero e proprio legame
    destinato a durare negli anni. Mi piace pensare di non essere stato solo un
    Maestro ma un Morè cui loro potessero fare riferimento nella loro vita
    quotidiana.


    Un’attenzione particolare alle persone umili e in condizioni economiche
    difficili?

    Ho incontrato
    e incontro in questi anni famiglie in gravi difficoltà economiche ma che mai e
    poi mai avrebbero accettato di privarsi della gioia dello Shabbat. Si
    indebitavano perfino per poter celebrare lo Shabbat e i Moadim e i giorni
    successivi a poco poco onoravano i loro debiti, un grande insegnamento per noi
    tutti. Provo ammirazione per quegli ebrei non più giovani che hanno potuto
    studiare poco ma che conoscono a memoria le tefillot e pregano con grande
    kavanà.


    Come si concretizzerà il suo lavoro a Napoli?

    Cercherò
    di dedicarmi il più possibile ad ogni singolo iscritto. Nelle piccole comunità
    il rapporto con ognuno è fondamentale. Il dialogo, l’incontro, lo studio sono
    parte della vita delle comunità in cui gli iscritti sono pochi. A Napoli Il mio
    predecessore il rabbino Finzi ha fatto un grande lavoro che intendo continuare.
    Vorrei ampliare la possibilità di mangiare kasher e l’utilizzo del mikvè.


    E il suo legame con Israele?

    Ho tre
    figli che abitano in Israele, sono un nonno cui piace stare con la famiglia ma
    certo questo non andrà a discapito della comunità di Napoli.

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