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    L’alluvione di Firenze e Luciano Camerino

    Era il 4 novembre 1966, il giorno in cui Firenze venne colpita da una violenta alluvione che mise in ginocchio l’intera città.

    Furono numerosi i gruppi di volontari che, da tutta Italia, si diressero nel capoluogo toscano per fornire il proprio supporto. Vennero soprannominati “gli angeli del fango”. 

    Nemmeno la Sinagoga di Via Farini fu risparmiata dalle acque dell’Arno. Alla notizia delle condizioni critiche in cui versava il tempio, dalla Comunità Ebraica di Roma partì un collettivo di giovani che si recò sul posto per tentare di salvare i rotoli della Torah e gli oggetti sacri, resi inutilizzabili dalla tormenta. 

    L’acqua danneggiò circa novanta Sefarim, ed il fango si riversò sopra i numerosi volumi della biblioteca ebraica. “Un giorno di digiuno per espiare, ore di angoscia nella casa di riposo” scriveva un giornale. Molti di questi testi, dopo l’alluvione, vennero trasportati ed accolti al Tempio Maggiore di Roma, dove furono messi ad asciugare sulle sedute.

    Uno dei volontari partiti da Roma era un sopravvissuto alla Shoah: Luciano Camerino, deportato il 16 ottobre 1943, fu uno dei pochi a tornare dopo la tragedia dei campi di sterminio. La sua storia è rimasta impressa nella memoria collettiva, perché Luciano, alla vista del tempio devastato dal nubifragio, perse la vita a causa di un malore che lo portò via a soli 40 anni. Alcuni testimoni raccontano che avesse rivissuto le immagini dei campi.

    Camerino è stato sepolto al cimitero ebraico di Roma, accanto a uno dei novantacinque libri della Torah che aveva tentato di salvare. Nel 1996, il Presidente di Firenze Promuove, Franco Mariani, donò alla famiglia Camerino un sasso del fiume Arno da poggiare – come uso fare nella tradizione ebraica per i defunti – sulla lapide di Luciano, in ricordo dell’eroico gesto compiuto nell’aiutare il prossimo.

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