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SPECIALE PESACH 5784

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    L’INDIGNAZIONE A VOLTE NON BASTA

    In un report dell’OSS (l’antenato della CIA) del 1943, si legge che “From ‘Mein Kampf’ it is obvious that Hitler only reads to confirm his own ideas”, ossia: basta leggere il Mein Kampf per capire come sia ovvio che Hitler legga soltanto per cercare la conferma delle proprie idee. 

    Adolf Hitler acquisiva informazioni scartando quelle che andavano contro i suoi desideri, ma questo atteggiamento non può essere sbrigativamente liquidato soltanto a stregua di mala fede. Se Caio ha l’intenzione X è comprensibile che accumuli tutti gli elementi che gli consentano di portare a compimento i propri obiettivi. Peraltro, avrebbe potuto scrivere Adolfo Hitler nel Mein Kampf: “Sono un artista fallito, gli ebrei sono relativamente pochi, ma occupano troppe posizioni importanti nella società per via delle loro capacità e del loro talento, le religioni si basano in gran parte sulla loro fede, per quale ragione tollerarli quando sarebbe così facile sbarazzarsi di una implacabile concorrenza”?

    Spesso si sottovaluta il peso dell’invidia, che pur essendo il vero valore fondante ed il collante di tante nazioni, non può né vuole essere citata. A Roma, al n° 20 di Via S. Martino ai Monti, vi è un palazzo cinquecentesco, dove troneggia una targa che recita: “Domenico Sampieri Bolognesi, detto il Domenichino, gloria della pittura, in questa sua casa riparava dalla guerra implacabile dell’invidia. SPQR 1872”.

    L’idea fissa, che permea di sé tanti fanatici, segnatamente nella nostra società così malata d’ideologia, porta a fare delle ricerche di stampo informativo–culturale, che seguono un ben noto metodo il(logico) che porta a scambiare le ipotesi con le conclusioni, accantonando sistematicamente anche le evidenze più palesi.

    Prendiamo per esempio l’accusa di apartheid, al cui riguardo Davide Assael (Moked, 19 febbraio 2020) scrive: “il Paese più islamizzato del mondo non musulmano è Israele, dove la popolazione islamica sfiora il 22%! E parliamo di una minoranza in conflitto con la maggioranza che la ospita, dunque potenzialmente (e spesso fattivamente) ostile! Dati che l’Europa sempre pronta a puntare l’indice sulle presunte politiche discriminatorie dello Stato ebraico dovrebbe annotarsi bene prima di parlare. Israele sarebbe piuttosto da assumere come modello interculturale forse unico al mondo. Ma dove si trova un’altra nazione capace di far vivere in casa propria chi si dichiara proprio nemico? Un modello, che a me pare profondamente ebraico, che dovrebbe fare scuola nel mondo”. 

    Beninteso, potranno esservi e vi saranno, infinite controindicazioni. Resta vero, tuttavia, che il metodo scientifico postula che tutti gli elementi siano presi in considerazione, prescindendo da simpatie e antipatie, per tacere, poi, dei metodi di puro impianto stregonesco, non basati su altro che su misteriose e insondabili cospirazioni, che forse nemmeno l’uomo delle caverne avrebbe preso in considerazione.

    Anziché gridare al razzismo, rafforzando indirettamente lo spirito di trasgressione dei più trascurati, un sano atteggiamento postulerebbe l’accrescimento dell’accesso alle fonti d’informazione e la crescita di uno spirito critico. Il ricorso alla sola indignazione, che sta contagiando pure le istituzioni, finisce per mortificare l’intelligenza. Non a caso crescono e proliferano i movimenti degli “indignados”; mai che si veda nascere ed attecchire un movimento di “razonadores”. Ma perché mai dovremmo temere il ricorso alla ragione, che dovrebbe assicurare la sopravvivenza della civiltà sulla terra?

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