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    ”La variante Omicron destabilizza le persone” – La Dott.ssa Diana Coen racconta il supporto del counseling psicologico dell’Ospedale Israelitico

    Sin dall’inizio della pandemia il lock down e il distanziamento hanno creato diversi problemi alle persone, che hanno iniziato a risentire psicologicamente di questo improvviso cambiamento del proprio stile di vita: lo smart working, la DAD per i ragazzi, la limitazione, se non la cancellazione degli eventi e delle attività sociali, sono solo alcuni degli elementi che hanno inciso sullo stato d’animo di grandi e piccoli.

     

    Per dare sostegno a queste persone, sin da subito l’Ospedale Israelitico ha avviato un servizio gratuito di counseling psicologico, diretto dalla Dott.ssa Diana Coen.

     

    Una equipe di psicologi dell’Ospedale si è messa a disposizione dei pazienti ricoverati o in quarantena e dei familiari, per aiutarli a gestire il forte momento di stress dato dall’isolamento, le ansie e le paure generate dal Covid.

     

    “Abbiamo creato uno sportello che fosse a disposizione non solo dei pazienti, ma anche del personale e delle persone che da fuori avessero bisogno di un supporto – racconta la Dott.sa Coen- i pazienti affrontavano abbastanza bene la situazione, perché si concentravano sulla guarigione, perciò hanno reagito alla malattia. Non siamo mai dovuti intervenire fisicamente davanti al letto di un paziente, ma abbiamo cercato di offrirgli conforto, un contatto con il mondo esterno e soprattutto indicazioni su come affrontare il disagio del contagio”.

     

     “Il nostro lavoro – racconta ancora la Dott.sa Coen – consisteva nella validation therapy, ovvero aiutarli a recuperare la dimensione personale di vita fuori: non focalizzarsi sulla malattia ma su chi sono i pazienti al di fuori dell’ospedale. Perciò parlare della loro vita e delle loro famiglie, aiutava ad uscire dal loop della malattia.

     

    Il vero problema erano i familiari, specie quelli più giovani, che venivano allontanati dal parente malato e vivevano uno stato di incertezza, di paura, di confusione molto forte.  Abbiamo sempre cercato di creare un ponte tra il paziente e la famiglia, mettendo a disposizione dei telefoni e tablet, se le persone che venivano ricoverate all’improvviso non ne avevano uno, e soprattutto li abbiamo sempre tenuti informati sulle loro condizioni e sull’andamento del contagio”.

     

    Un supporto non solo verso i pazienti e i loro cari, ma anche per il personale interno, che si trovava per la prima volta a fronteggiare una malattia ancora poco conosciuta, i lunghi orari, la fatica e soprattutto la sofferenza dei contagiati:

     

    “La persona che non respira spaventa. Sta male il paziente, ma sta male anche chi lo accudisce, quindi questa nuova dimensione della malattia era terrificante. La sensazione di impotenza era diventata devastante per il personale – racconta ancora Diana Coen – ci sono stati disagi che hanno caratterizzato i nuovi disturbi dovuti alla pandemia”.

     

    Un target principalmente di adulti, quello che si è rivolto al servizio di counseling dell’Ospedale Israelitico: uomini e donne tra i 35 e i 40 anni, che hanno visto interrompersi improvvisamente la loro routine lavorativa e si sono dovuti adattare allo smart working, perciò le loro vite hanno subito un forte scompenso.

     

    Sorprendente è stata invece la reazione dei più giovani, che nonostante la Didattica a Distanza li abbia costretti a casa, senza poter vedere i propri compagni, hanno saputo reagire a questa nuova condizione e si sono subito attivati per poter mantenere i rapporti sociali con gli amici:

     

    “I ragazzi hanno una grossa capacità di reazione di fronte alle modifiche dell’ambiente; perciò sanno rileggere i disagi in un nuovo modo di vedere la realtà.

    Adattarsi a tutti i dispositivi di sicurezza è stato molto più facile per loro, che per le persone adulte e c’è molto più senso civile da parte dei giovani. Riescono a continuare ad avere una vita sociale nonostante tutto, basta pensare all’utilizzo che fanno dei social: quello è un sistema per continuare ad avere un contatto con gli amici, pur stando a distanza. Si porteranno dietro le difficoltà di questo periodo ma sapranno reagire”, continua la Dottoressa, sottolineando come il Covid abbia avuto effetti psicologici più sugli adulti, che faticano a rimettersi in gioco.

     

    È tra gli adulti infatti che sono aumentati i disturbi depressivi, in cui vige la sensazione di non uscire dalla pandemia. Una sensazione che, secondo le parole della Dottoressa Coen, va combattuta:

     

    “La variante Omicron ha distrutto la progettualità a breve termine. È quella che sta destabilizzando di più le persone; mentre prima eravamo tutti impegnati a combattere il virus e c’era la prospettiva del quando le cose finiranno…, con questa nuova ondata è tornata l’incertezza.

     

    L’essere umano vive di progetti: nelle prime due ondate c’era una prospettiva su cosa fare una volta finita la pandemia; la brutta sensazione nata con quest’ultima variante è che non ci sia un dopo, perché le persone non sanno se domani risulteranno o meno positive al virus.

     

    Vige la paura che questa situazione duri per sempre e si trasforma in una depressione, che non è fatta di pianti disperati, ma da un senso di rassegnazione, che si manifesta con sintomi come eccessiva stanchezza, stress, insicurezza e isolamento volontario, per evitare contatti.

     

    Il nostro lavoro consiste nel focalizzarsi sulla prospettiva futura. D’altronde questa pandemia passerà e noi ci ritroveremo reduci di un evento vissuto come catastrofico”.

     

    Come reagire? Il primo passo per risollevare una persona che si trova in questo stato depressivo è riportarla ad una fase attiva, facendola focalizzare su tutto ciò che può fare semplicemente rispettando le normative di sicurezza. È importante mantenere un atteggiamento positivo.

     

    Il lavoro dello psicologo in questa situazione consiste sostanzialmente nel ridimensionare le ansie e le paure dei pazienti, creando dei binari su cui le persone possono tranquillamente andare avanti.

     

    Per i ragazzi che hanno sofferto di disturbo post traumatico da stress, quindi il desiderio di fuggire, agitazione, difficoltà di concentrazione, conflitti con i genitori, il servizio di counseling si rivolge ai genitori, incitandoli ad incoraggiare i propri figli, a tenerli sempre informati su quello che accade e soprattutto di saper ascoltare i timori dei ragazzi senza minimizzarli ed aiutarli ad esprimersi.

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