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    Leggi razziali: le scuse per l’antisemitismo di ieri. E per quello di oggi?

    Nei giorni scorsi l’Università Italiana ha solennemente chiesto scusa, con una riunione di tutti i rettori, agli ebrei che ottant’anni fa furono espulsisi come docenti che come studenti, dall’Accademia. E’ un atto dovuto, le università italiane si allinearono senza eccezione al razzismo del regime e molti docenti, fra cui alcuni che divennero poi famosi “padri della patria” come Norberto Bobbio, non ebbero alcuna vergogna ad avventarsi sulle cattedre rubate ai docenti ebrei. Ma l’Università non fu sola. Lo stesso accade a tutte le scuole del regno. Che io sappia, una sola, il mio Liceo Petrarca di Trieste, che aveva espulso una quarantina di ebrei, fra cui mio padre, mia madre, mia zia, ha ritenuto di ricordare la circostanza con una mostra e un film, peraltro ignobilmente boicottati dal Comune di Trieste perché “troppo duri”. Ma gli ebrei furono espulsi da ordini professionali, associazioni pubbliche come il Touring Club (ancora mi ricordo mio nonno ammonirmi a non iscrivermi, perché “furono i primi a buttarci fuori”) e poi dall’esercito e dalla magistratura (ma qui il Consiglio Superiore ha fatto una seduta di commemorazione), da società pubbliche e private. Vale la pena di ricordare che questo esilio civile non parve degno di polemica ai comunisti, che erano in pratica la sola opposizione al regime organizzata (all’estero). E neppure, naturalmente, alla Chiesa, che cercò solo di proteggere gli ebrei convertiti. Oggi, di fronte a un antisemitismo che viene soprattutto dall’immigrazione musulmana e dalla sinistra (sotto il mascheramento dell’antisionismo), la società italiana non sembra aver sviluppato anticorpi ed evidentemente non desidera ricordare le sue colpe. Ma ciò che è rimosso tende a ritornare, come si vede benissimo nell’atteggiamento dei media nei confronti di Israele.

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