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    Può un attentato contro una sinagoga non essere antisemita?

    Questa volta è finita bene. Il sequestro degli ostaggi alla sinagoga “Beth Israel” di Colleyville, in Texas, non ha prodotto vittime innocenti: dei quattro sequestrati uno è stato liberato durante le undici ore di assedio e tre sono riusciti a fuggire in mezzo all’azione della polizia, in cui è stato ucciso solo l’attentatore. Non sempre finisce così: negli Usa, che per tanti decenni erano apparsi come la terra più libera per gli ebrei, ormai gli attacchi alle sinagoghe sono numerosi e spesso mortali. Difficile dimenticare, per esempio, la strage  del 2018 alla sinagoga Etz Haim di Pittsburgh, in cui un terrorista ha ucciso 11 fedeli in preghiera. La presa di ostaggi a Colleyville è l’ultimo di una serie di attacchi e incidenti antisemiti in Texas e negli Stati Uniti. Da ottobre a dicembre, ci sono stati almeno 10 incidenti antisemiti nello stato, principalmente nel Texas centrale. Lo scorso autunno, per esempio c’è stato un incendio che ha causato gravi danni  a una sinagoga di Austin. Ciò è avvenuto subito dopo che alcuni studenti hanno vandalizzato una scuola superiore di Austin con svastiche. Più o meno nello stesso periodo, una dozzina di persone ha esposto uno striscione contro gli ebrei su un cavalcavia autostradale ad Austin.  Volantini antisemiti sono stati recentemente sparsi anche in varie città e quartieri della contea di Hays, nel sud del Texas. In tutti gli Usa, soprattutto nelle università ma anche in luoghi simbolici come il Dipartimento di Stato sono state trovate svastiche, volantini contro gli ebrei e Israele; nel frattempo nelle università vi sono stati licenziamenti di professori perché ebrei e sostenitori di Israele, decisioni di boicottaggio, autorizzazione di corsi in cui si fa propaganda per il BDS e si giustifica il terrorismo palestinese .

     

    Paradossalmente, della campagna contro gli ebrei fa parte la negazione del carattere antisemita di questi incidenti, in particolare quando essi sono motivati da odio per Israele e per l’America da parte di soggetti islamici. Così secondo quel che hanno affermato spesso le autorità accademiche, non sarebbe antisemita sciogliere un gruppo studentesco o licenziare un docente che offrono appoggio a Israele o disinvestire selettivamente i fondi universitari dalle imprese che lavorano con Israele. Così però è accaduto anche a Colleyville. Subito dopo i fatti, gli agenti dell’FBI hanno dichiarato che l’attentato secondo loro non aveva motivazioni antisemite, come ha raccontato con sconcerto uno dei più importanti giornali dell’ebraismo americano, la rivista Tablet. La ragione è che l’attentatore, Malik Faisal Akram, definito britannico da tutta la stampa e nei comunicati ufficiali in quanto portatore di un passaporto inglese, ma proveniente dal Pakistan, chiedeva come condizione per rilasciare gli ostaggi la liberazione di una terrorista, Aafia Siddiqui, neuroscienziata pachistana nota come “Lady Al-Qaeda”, colpevole di avere organizzato attentati contro i militari americani. 

     

    Il fatto è però che dal punto di vista islamista la lotta contro gli Usa, l’Occidente, Israele e gli ebrei sono parti della stessa battaglia e, guarda caso,  Malik Faisal Akram non aveva sequestrato i fedeli per esempio nelle due chiese cristiane che si trovano sulla stessa strada della sinagoga, né avventori di negozi e fast food lì intorno. Durante il sequestro il terrorista aveva cercato di trattare non con autorità locali ma con un rabbino di New York, cui ha fatto due telefonate. Insomma l’obiettivo della sua azione poteva essere diverso dall’assalto diretto agli ebrei, che pure ha commesso, ma le modalità mostrano un odio specifico, di cui non è possibile negare il carattere antisemita. Va anche detto che la campagna per la liberazione di “Lady Al-Qaeda”, prima di questo sequestro, ha coinvolto molti dei gruppi estremisti di sinistra che fanno campagna contro Israele e anche gli ebrei, considerati dal mondo “woke” parte dell’”1 per cento bianco” che opprime indifferentemente neri, palestinesi, omosessuali, insomma tutte le minoranze. E’ un atteggiamento che purtroppo si sta diffondendo anche fra le autorità. La negazione diffusa del carattere antisemita delle campagne contro Israele e gli ebrei, o, come si preferisce dire, “i sionisti”, dunque la loro “correttezza politica” è oggi fra i problemi più pressanti che l’ebraismo americano deve imparare a riconoscere.

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