Bollati Boringhieri ci ha regalato un interessante libro su Rabbi Akiva, che si pone a cavallo tra la biografia e la saggistica. Akiva, citato 1341 volte solo nel Talmud babilonese, è il “capo di tutti i saggi”, con 24 mila studenti e con 24 anni trascorsi studiando. Tanto misteriosa è l’assenza di fonti esterne al mondo ebraico che per ricavarne data di nascita e di morte dobbiamo procedere per deduzioni e affidarci alle informazioni che troviamo nel Talmud. A differenza del mondo greco-romano, quello ebraico non ha prestato abbastanza attenzione per il genere biografico e le fonti rabbiniche che di lui parlano, posteriori di almeno cento anni alla sua morte, peccano di oscurità. Chi era dunque rabbi Akiva? In quale contesto operò e quali furono i suoi maestri? Supponiamo che sia stato attivo poco dopo l’inizio dell’era rabbinica e che i suoi insegnati furono Rabbi Eliezer e Rabbi Joshua, entrambi allievi del fondatore dell’ebraismo rabbino Jonathan ben Zakkai. Il libro, pur dialogando continuamente con altri testi, risulta fluido e di facile lettura. Partendo dalle fonti rabbiniche traiamo il grande valore intellettuale e la modestia di Akiva, sostenitore della rivolta antiromana capeggiata da Bar Kochba e morto da martire pronunciando lo Shema. Una cosa è certa: quando si tratta di personaggi di tale statura dovremmo forse accantonare gli avvenimenti storici e focalizzarci su ciò che di questi la coscienza storica collettiva ricorda. Questo libro, che tenta di far dialogare storia e leggenda, è un invito e un monito ad agire in questa direzione.
Marta Spizzichino