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    Sostenibilità al femminile nei nuovi progetti tra Israele e Vaticano

    Israele e Vaticano insieme per confrontarsi sui temi della sostenibilità e dell’inclusione femminile. Tanti gli spunti emersi nel simposio “Pensare green insieme – una prospettiva femminile sul cambiamento climatico e la sostenibilità” promosso dall’Ambasciata d’Israele presso la Santa Sede nei giorni scorsi presso la Pontificia Facoltà di Scienze dell’Educazione “Auxilium”.

    Un’iniziativa già prevista per l’8 Marzo, Giornata Internazionale della Donna, ma, come ha spiegato l’Ambasciatore «in un certo senso c’è un vantaggio per come sono andate le cose, poiché il ruolo della donna nella lotta contro le pressanti sfide universali non può e non deve essere limitato ad un giorno simbolico».

    L’Enciclica Laudato si’ del 2015 di papa Francesco «presenta all’intera umanità la nostra collettiva responsabilità della cura della natura» ha ricordato la giornalista dell’Ansa Nina Fabrizio, moderatrice del simposio, secondo cui «è il momento di chiederci quali sono i contributi specifici delle donne in questo campo, e quali nuove prospettive emergono dal pensiero femminile».

    Alessandra Smerilli, docente della Pontificia Facoltà di Scienze dell’Educazione e Segretaria del Dicastero per il Servizio dello Sviluppo Umano Integrale, ha evidenziato come le donne siano sproporzionatamente colpite dal cambiamento climatico, soprattutto in aree caratterizzate da disordini civili e dall’assenza di apparato amministrativo robusto e trasparante. «Nelle remote aree rurali, quando la povertà aumenta, gli uomini e i ragazzi spesso cercano di migrare e di cercare un futuro migliore, lontano, ma spesso  le donne restano prendendosi cura di bambini, anziani, dei raccolti. Assumono doveri e ricevono poco sostegno e poca o nessuna protezione». La docente ha ricordato le gravi conseguenze che la mancanza o scarsità di acqua può provocare nella vita di una donna: «In molti paesi, madre e neonati muoiono a causa della mancanza di acqua sicura, servizi igienici e igiene durante il parto. Questa mancanza di fonti di acqua sicura, servizi igienici e igiene sta tenendo le ragazze lontane dalla scuola per tanti giorni alla volta durante il ciclo mestruale».

    Dalit Wolf, Vice Direttrice israeliana di EcoPeace Middle East, è intervenuta parlando della crisi idrica in Medioriente. EcoPeace è una organizzazione unica nel suo genere: coordina la collaborazione di israeliani, palestinesi e giordani nei 3 uffici di Tel Aviv, Ramallah e Amman. Nel 2020, EcoPeace ha pubblicato il Green Blue Deal per il Medioriente che comprende quattro proposte concrete, e di grande impatto. «Per quanto riguarda lo scambio di energia idrica tra i nostri paesi, la Giordania venderà energia rinnovabile ad Israele e alla West Bank in cambio di acqua desalinizzata che sarà venduta da Israele alla Giordania. Questa proposta ha ricevuto un significativo sostegno politico con la recente firma di dichiarazione di intenti tra Israele e la Giordania». La seconda proposta avanzata riguarda le allocazioni idriche tra israeliani e palestinesi, la terza il fiume Giordano, sacro alle tre religioni abramitiche, e oggi ridotto ad un canale fognario: «EcoPeace ha sviluppato un masterplan regionale integrato, collaborando con la Banca Mondiale, con i governi ed il settore privato per implementare iniziative climatiche intelligenti a livello regionale che riabiliteranno il fiume, soddisfacendo i bisogni idrici ed economici delle popolazioni che risiedono lungo le sue sponde».

    L’impegno dell’organizzazione non si ferma qui. La quarta proposta riguarda infatti l’importanza della formazione di donne e giovani. «La metà della nostra popolazione è femminile e quasi un terzo della popolazione del Medioriente ha meno di 30 anni» ricorda Wolf che ha spiegato come vi sia in corso un progetto ambizioso per incoraggiare donne e giovani a diventare più  consapevoli delle sfide ambientali e a cercare soluzioni a problemi ambientali regionali, a ricorrere efficacemente alla diplomazia, al coinvolgimento di cittadini e alla tecnologia. Ecopeace ha infatti previsto un programma di istruzione climatica nelle scuole pubbliche, ricorrendo alla formazione di docenti donne palestinesi, giordane e israeliane. Vengono inoltre identificate giovani leader emergenti per formare gruppi di israeliani, palestinesi e giordani, giovani professionisti sulla via della diplomazia, dell’attivismo comunitario, delle competenze mediatiche e dell’imprenditoria sociale verde. 

    Di rilievo anche il contributo della Giornalista Fausta Speranza, autrice de “Il senso della sete: L’acqua tra geopolitica, diritti, arte e spiritualità”, secondo cui è necessaria una prospettiva femminile per «un ordine mondiale con logiche diverse, per una maggiore attenzione ai diritti».

    Il rapporto tra le donne e l’ecologia è stato lo spunto di riflessione anche di Linda Pocher, professoressa di teologia fondamentale, mariologia e cristologia alla Facoltà di Scienze dell’Educazione «Auxilium», che ha parlato delle donne generatrici in un mondo nuovo: il ruolo delle donne nel libro dell’esodo. 

    L’impatto che il cambiamento climatico può avere sulla vita delle donne, in aree già colpite da emergenze, è spesso inimmaginabile agli occhi di chi non è del settore, e lo stesso si applica al potenziale rilevante contributo che le donne possono offrire per affrontare la crisi. Gli interventi del simposio hanno fornito validi spunti di riflessione su un tema di grande e drammatica attualità.

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