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    Storia, obiettivi e nuove sfide del B’nai B’rith International – Intervista al CEO Daniel S. Mariaschin

    Daniel S. Mariaschin è il CEO del B’nai B’rith International, nonché il Direttore del Centro Internazionale per i Diritti Umani e le Politiche Pubbliche dell’organizzazione. In tale funzione, Mariaschin interpreta le politiche e la visione del B’nai B’rith, centrate attorno le questioni fondamentali della comunità ebraica con una varietà di pubblici, come il Congresso degli Stati Uniti d’America, i leader internazionali, e i media.

     

    In questi giorni Mariaschin è a Roma con una delegazione del B’nai B’rith Internazionale che incontrerà rappresentanti del governo italiano per parlare di questioni relative all’Iran, l’antisemitismo, il conflitto in Ucraina, l’Unione Europea, e la NATO, e sarà ricevuto anche da papa Francesco.

     

    Che cosa significa per lei rivestire il ruolo di CEO dell’organizzazione ebraica più antica e conosciuta con scopi umanitari e in difesa dei diritti umani?

     

    L’organizzazione per la quale lavoro ha una grande storia e una grande tradizione di aiutare la comunità ebraica nel combattere l’antisemitismo, sostenere lo Stato di Israele e aiutare le persone in difficoltà. Forniamo alloggi per cittadini anziani in difficoltà economica, raccogliamo denaro per le vittime di disastri naturali, e organizziamo una grande quantità di programmi culturali ebraici. La capacità di toccare in un modo e nell’altro le vite ebraiche è forse l’aspetto più importante per me. Ovviamente lavoriamo anche con la comunità non ebraica. Essere in grado di raggiungere, aiutare, ma anche di avere una presenza anche in contesti internazionali, come quello delle Nazione Unite, dove abbiamo una rappresentanza come ONG, lavorare sulla scena internazionale per aiutare lo Stato di Israele e lavorare per i diritti umani, è fondamentale. Siamo orgogliosi del nostro operato, in quanto lo consideriamo un obbligo ed una responsabilità molto importante verso il prossimo.

     

    In questo periodo quale può essere considerata secondo lei la missione del B’nai B’rith Internazionale?

     

    Ci sono ancora al giorno d’oggi alcune persone in tutto il mondo che negano la Shoah. Quindi questa è una sfida: aiutare i sopravvissuti  e le loro famiglie a ricevere la restituzione ed il risarcimento per le loro proprietà perdute. Durante la guerra le loro vite furono spezzate, e furono spezzate di nuovo quando i paesi europei si rifiutarono di pagare un risarcimento o di restituirgli le loro proprietà.

     

    C’è una alta percentuale di anziani bisognosi e ci sono problemi sanitari, abitativi, di sicurezza, di trasporto – sono problematiche che consideriamo grandi priorità, non solo negli Stati Uniti ma in molte parti del mondo.

     

    Il B’nai B’rith era presente alla fondazione delle Nazioni Unite a San Francisco e da allora ha svolto un ruolo attivo come ONG che difende Israele e i diritti Umani alle Nazioni Unite ed in altre organizzazioni. Il B’nai B’rith è un grande sostenitore di Israele alle Nazioni Unite. Ha notato o meno cambiamenti nell’approvazione di risoluzioni riguardanti Israele?

     

     

     

    In poche parole ci sono ancora tremendi pregiudizi contro Israele al Consiglio per i Diritti Umani delle Nazioni Unite, all’Assemblea Generale. Il pregiudizio contro Israele è integrato, a quanto pare, nel sistema delle Nazioni Unite. Vi offro un esempio: il Consiglio per i Diritti Umani ha creato una commissione di inchiesta per indagare sul comportamento di Israele nei territori e nello stesso Israele. Questa commissione è guidata da una persona che è stata commissario per i diritti umani alle Nazioni Unite, critica e ostile nei confronti di Israele, ed è diventata presidente di questa nuova commissione che indagherà su Israele. Si tratta di un “tribunale” contro lo Stato di Israele. Quindi abbiamo delle sfide all’interno del sistema delle Nazioni Unite da combattere. 

    Su alcune votazioni abbiamo osservato un leggero cambiamento sulle risoluzioni Mediorientali nel comportamento riguardante il voto, ma il pregiudizio all’interno delle Nazioni Unite è qualcosa che stiamo ancora combattendo. Assistiamo a nuovi cambiamenti nel mondo: gli Accordi di Abramo. C’è un nuovo vento che soffia nel Golfo. Un vento di conciliazione e di normalizzazione con lo Stato di Israele.

    Speriamo che questo nuovo vento si allarghi anche ad altri paesi. Israele ha tanto da dare al mondo e lo dimostra in continuazione: innovazioni nei campi scientifici, agricoli, sanitari e medici. Speriamo che più paesi vedano la normalizzazione dei rapporti con Israele come un’opportunità.

     

    Il B’nai B’rith è intervenuto nel tentativo di offrire il proprio contributo in tempi di crisi di varia entità, come nel caso recente della guerra in Ucraina. In che modo una organizzazione come il B’nai B’rith può fare la differenza ?

     

    Siamo molto orgogliosi di ciò che abbiamo fatto in Ucraina. Posso citare un paio di iniziative.

     

    Il leader del B’nai B’rith della Polonia è un medico ed ha aiutato a raccogliere forniture mediche per le trasfusioni di sangue ed a consegnarle attraverso il confine polacco ad uno dei più grandi ospedali di Leopoli.

     

    Anche il B’nai B’rith in Romania ha lavorato per assistere i rifugiati al confine. La situazione ci ha spinti a formare un gruppo di soccorso in Polonia per lavorare, per un certo periodo di tempo, non solo con gli stessi rifugiati, ma anche con le strutture che li accolgono.

     

    Questo fa parte di una lunga tradizione della nostra organizzazione. Per esempio ad Haiti siamo stati tra le prime ONG sul campo ad aiutare le vittime dello Tsunami, delle inondazioni e degli uragani. Fa parte del nostro DNA istituzionale.

     

    Infatti, l’organizzazione è stata fondata 179 anni fa, nel 1843, da 11 ebrei tedeschi immigrati negli Stati Uniti, che vivevano a New York. Qualcuno disse che c’era una vedova con dei figli che aveva bisogno di aiuto. Decisero di unirsi, raccogliere soldi per la vedova. Raccolsero 27 dollari americani. Nel 1843 erano tanti soldi. Da allora ha inizio la nostra lunga storia di aiutare coloro che erano bisognosi, che stavano affrontando difficoltà, coloro le cui case sono state spazzate via da un uragano, o come nel caso dell’Ucraina, che hanno perso la casa per via di una guerra.

     

    Questo è ciò che facciamo e ne siamo molto fieri.

     

    Una delegazione del B’nai B’rith Internazionale incontrerà Papa Francesco. Che cosa rappresenta questo incontro per i relazioni ebraico- cattolici?

     

     

     

    È estremamente importante. Seguo le relazioni ebraico- cattoliche da quando ero un adolescente. Quando Papa Giovanni XXIII fece questo importante passo avanti nelle relazioni ebraico- cattoliche e ci volle del tempo prima che il Vaticano e lo Stato di Israele  instaurassero piene relazioni. Ci sono questioni di dottrina e la possibilità di incontrarsi con il Papa e di avere quel contatto con la persona che detta il tono, i parametri, le linee guida delle relazioni del Vaticano con le altre religioni, è estremamente importante.

    Possiamo guardare indietro nella storia e le relazioni non sono sempre state così. Le cose sono cambiate ed è importante avere quella capacità di toccare, vedere, incontrare, parlare. Nel caso di papa Francesco abbiamo un legame speciale ed un interesse perché è stato cardinale a Buenos Aires. Ogni anno in Argentina il B’nai B’rith celebra una commemorazione per la Notte dei Cristalli e poco prima di essere eletto Papa, ospitò nella sua cattedrale la commemorazione della Notte dei Cristalli. Quindi conosce la nostra organizzazione, conosce abbastanza bene la comunità ebraica. Penso che questa sia un’opportunità. Non succede sempre, ma quando succede è molto importante.

     

    Quali programmi e attività organizzati dal B’nai B’rith hanno avuto la precedenza a seguito degli eventi socio-politici in ambito europeo?

     

    Stiamo lavorando notte e giorno per combattere l’antisemitismo e collaboriamo con vari organismi all’interno della struttura europea, come l’Organizzazione per la sicurezza e la cooperazione in Europa (OCSE), la branca che si occupa di discriminazione e antisemitismo, ci rapportiamo con la Commissione Europea, con vari organismi europei e nei paesi dove ci sono inviati speciali nominati per combattere antisemitismo  (come in Germania per esempio o in Francia, nel Regno Unito) stiamo lavorando con queste persone per combattere l’antisemitismo in Europa sul campo. Abbiamo fatto una serie di webinar, podcast, io stesso ospito un podcast. Ne abbiamo realizzato diversi sull’argomento. L’antisemitismo è ovunque. È in Europa, è negli Stati Uniti. Ma l’Europa ha una storia particolarmente tragica. Quindi combattere l’antisemitismo in Europa è una priorità assoluta.

    Siamo anche profondamente preoccupati per l’Iran.. Siamo stati critici dell’accordo JCPOA. Crediamo che non ci si possa fidare per il sostegno a Hezbollah, Hamas, le violazioni dei diritti umani, dei diritti LGBTQI, della fede Bahai. In Iran ogni giorno, 24 ore al giorno, avviene una aggressione retorica contro Israele e il popolo ebraico. Ogni giorno. Quindi anche la consapevolezza su cosa sia esattamente l’Iran, cosa rappresenti, cosa rappresenti questo regime di Teheran è qualcosa molto in cima alla nostra agenda. Quando parliamo con i diplomatici europei occorre un fronte unito contro l’Iran. Ciò significa non dare sanzioni alleggerite, non concedere questo tipo di concessioni. Gli iraniani non meritano queste concessioni. Quindi è qualcosa di veramente importante e soprattutto qui in Europa. Gli europei fanno parte dei colloqui P5+1, non tutti i paesi europei, ma la Francia, il Regno Unito.

     

    Un altro aspetto importante è combattere il BDS. Ci sono ancora alcune persone che non vedono il BDS come antisemitismo. Noi lo vediamo come antisemitismo. Se stai creando un doppio standard sullo stato di Israele, lo Stato ebraico, e stai chiedendo il boicottaggio quando Israele ha dato così tanto al resto del mondo, così tanto alla civiltà moderna, questo è inaccettabile. 

     

    Esiste un intervento o un’azione diretta per contrastare l’antisemitismo anche nel mondo arabo?

     

    Gli Accordi di Abramo hanno aperto nuove opportunità per farlo. Marocco, Emirati Arabi Uniti, Bahrein, abbiamo visto esempi ora di introduzione di istruzione sulla Shoah. Dopo tutti questi decenni devi insegnare alla gente a proposito degli ebrei. Chi sono gli ebrei? Chi è il popolo israeliano? Quali sono i grandi contributi che gli ebrei hanno dato al mondo. La gente vuole conoscere gli ebrei e conosce la religione ebraica. Ma cos’altro hanno fatto gli ebrei?

     

    Gli Accordi di Abramo hanno aperto nuove opportunità per mostrare che nel mondo arabo possiamo raggiungere il punto in cui si insegna a proposito del popolo ebraico, la storia ebraica, a comprendere Israele. E se possiamo farlo, e credo che possiamo, e c’è ricettività in molti luoghi, allora questo può diventare il modello per programmi aggiuntivi in ​​tutto il mondo arabo, che si spera un giorno potranno serviranno a educare le nuove generazioni su di noi .

     

    Come vede le attuali politiche negli Stati Uniti in merito alla protezione delle minoranze? Ritiene ci siano stati cambiamenti dopo la sparatoria alla sinagoga di Pittsburgh del 2018?

     

    Penso che ora ci sia un senso di consapevolezza su dove e a cosa può portare l’odio. Giorni fa il Congresso ha approvato ulteriori finanziamenti per la sicurezza delle istituzioni ebraiche.

     

    L’America è davvero un mosaico. Gli americani, con l’eccezione dei nativi americani,  sono tutti venuti da qualche altra parte. Mia madre è lituana, mio ​​padre è russo. Ognuno ha una storia. Ognuno ha le sue origini. Solo se ci conosciamo anche meglio ora, allora può funzionare questo grande esperimento, l’unico di questo genere nella storia, e che consiste nel riunire così tante persone e avere valori americani, una storia comune, l’orgoglio. E dobbiamo ancora abbattere le barriere. Mi piace vedere il bicchiere mezzo pieno, non mezzo vuoto. Gli Stati Uniti sono stati un buon incubatore di idee su come andare d’accordo. Abbiamo molte ONG, abbiamo molte organizzazioni che lavorano, chiese, sinagoghe, altri gruppi che lavorano.

     

    Funziona sempre? No. Abbiamo una situazione terribile: la sparatoria a Pittsburgh, la sparatoria al supermercato a Jersey City, sparatoria a West County New York ecc. Ma questo fa parte di un problema più ampio. Abbiamo avuto questa terribile tragedia in Texas. Una terribile tragedia. Oltre al controllo delle armi bisogna parlare di un rinnovato sforzo da parte nostra, a cominciare dai genitori, a cominciare dalle famiglie, a cominciare dalle sinagoghe e chiese e dal Governo per rinnovare il nostro sistema di valori. Cosa intendo con sistema di valori? Che devi rispettare il prossimo e devi anche imparare che la violenza non è una risposta a nulla. Quindi quando sei un bambino ti viene insegnato a non fare i capricci, le persone alla fine invecchiano e agiscono in base ai loro impulsi e dobbiamo trovare un modo per affrontarli. E ciò significa anche un maggiore impegno per l’educazione alla salute mentale e il finanziamento della salute mentale. Educazione a tutti noi su quali possono essere i problemi di salute mentale e aiuto per coloro che purtroppo hanno questi problemi. A volte se nessuno è lì per aiutare, possono succedere cose terribili.

     

    Lei è attivo nella promozione delle relazioni tra politici, leader religiosi e media al fine di promuovere i diritti umani, la protezione delle comunità ebraiche e la promozione delle relazioni con lo stato di Israele. Dei gruppi di persone che ha incontrato nell’ultimo anno su quale pensa di aver avuto il maggiore impatto?

     

     

     

    Sono profondamente coinvolto con il nostro rappresentante dell’organizzazione World Jewish Restitution. Il numero dei sopravvissuti alla Shaoh è in calo,  ma abbiamo bisogno che abbiano giustizia in vita. E questa è giustizia. Non si tratta di problemi di denaro, ma hanno bisogno di avere le loro pensioni, hanno bisogno di avere i loro compensi. Come è stato già detto molte volte: la Shoah non è stata solo il più grande omicidio della storia, è stato anche la più grande rapina della storia. Quindi, come parte del nostro lavoro, stiamo incontrando vari governi che non hanno ancora adottato una legislazione per farlo, per aiutare queste persone, o per restituire proprietà, o per dare un compenso per le proprietà sottratte. Lavoriamo molto duramente per cambiare questa situazione. Ci sono un certo numero di paesi dell’Europa centrale e orientale a cui ciò si applica. I nazisti avevano confiscato tutte queste proprietà e dopo la sconfitta dei nazisti, i governi comunisti che hanno preso il sopravvento, in particolare nell’est Europa, se ne sono impossessati, poi molte delle democrazie che hanno sostituito i governi comunisti dopo il 1989 hanno rilevato tali proprietà. Ma aspetta un attimo: c’era una famiglia ebraica che viveva lì, c’era una fabbrica di un ragazzo ebreo laggiù, c’era una scuola ebraica laggiù. Queste proprietà non appartengono al governo, ma ai sopravvissuti se in vita, o alle loro famiglie. La famiglia di mia madre era in Lituania, e coloro che vivevano in Lituania, tranne che per un cugino, sono tutti scomparsi.

     

    Tra i tanti progetti che ha condotto, come il trasferimento dei rotoli della Torah dalla Lituania all’Israele, c’è l’istituzione di programmi di educazione alla Shoah e così via. Quali programmi pensa di implementare nel prossimo futuro?

     

    Direi la difesa di Israele e la lotta all’antisemitismo.

    Hai menzionato i Rotoli della Torah. È stato probabilmente il momento più significativo della mia carriera perché durante la Seconda guerra mondiale c’erano 400 rotoli, non solo Torah ma haftaroth, megilloth di Esther che erano  stati nascosti ai nazisti, poi ai comunisti e sono in seguito comparsi nella Lituania indipendente. Sono stato coinvolto nei negoziati per portare quei rotoli in Israele. È stato molto importante per me perché mia madre è nata in Lituania ed uno dei suoi zii era un rabbino abbastanza famoso in Georgia, ma educato in Lituania. Abbiamo condotto una trattativa di successo. Alcune Torah sono rimaste in Lituania per la comunità ebraica, mentre le altre furono trasportate in aereo in Israele.  Una mattina io e i miei colleghi, ci trovammo all’aeroporto di Vilnius. Il rabbino capo d’Israele stava venendo lì per riportare a casa le Torah. Eravamo lì al freddo, credo che fosse febbraio, e nel cielo dell’aeroporto internazionale si vede un aereo della compagnia El-Al, con il maghen David sulla coda, che atterra con il rabbino capo per prendere le torah e portarle in Israele.  Ho pensato tra me e me che 60 anni prima la comunità ebraica della Lituania era stata decimata dai nazisti e dai loro collaboratori. Decimata! Oltre il 90% degli ebrei sono stati uccisi ed ora eccomi qui, in piedi in Lituania, mentre spunta nel cielo un aereo della compagnia di linea israeliana per portare la Torah a casa dal popolo ebraico. Quindi questa storia particolare la racconto molto perché è la più significativa per me e perché parla della continuità ebraica, parla dell’identità ebraica, parla di come veneriamo la Torah, ed è una storia di Sionismo.

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