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    Un talent show argentino usa l’immagine di Anna Frank e banalizza la Shoah

    Forse sarà stato un errore, ma è certo che quello che è avvenuto nel popolarissimo programma televisivo argentino “Showmatch” fa pensare all’ennesimo capitolo dell’ormai infinita serie di episodi in cui si banalizza la Shoah. 

     

    In una recente puntata del programma, uno dei più famosi talent show argentini, un concorrente ha cantato di “donne che non escono di casa” davanti ad una immagine di Anna Frank. La canzone, intitolata “I’m Not That Woman” e scritta dalla cantante spagnola Paulina Rubio, racconta di donne di potere che non seguono le norme sociali tradizionali.

     

    L’immagine di Anna Frank è apparsa improvvisamente proprio mentre la cantante Sofia Jimenez recitava il testo “Non sono il tipo di donna che non esce di casa”. Durante la canzone, sullo schermo figure femminili di spicco, tra cui Oprah Winfrey e Madre Teresa. 

     

    Gli spettatori non potevano credere ai loro occhi. E sono state immediate, ovviamente, le reazioni delle istituzioni ebraiche locali: “Usare Anna Frank come sfondo per una canzone che racconta di una donna che si rifiuta di restare a casa, significa portare la banalizzazione dell’Olocausto alla sua espressione estrema”, aveva scritto il museo della Casa di Anne Frank in un comunicato. “Anna Frank non è rimasta a casa perché era una donna sottomessa, ma ha dovuto nascondersi per sfuggire alla persecuzione della macchina nazista”.

     

    Il conduttore Marcelo Tinelli, assieme ai produttori, si è prontamente scusato definendo la vicenda “un errore non intenzionale”. Così con i membri del cast del programma hanno visitato la Casa di Anna Frank a Buenos Aires, un museo che ricrea la soffitta, che fu il nascondiglio, della giovane ragazza ebrea. La Casa e Museo di Anna Frank è stata inaugurata nel 2009, ospita mostre permanenti, e gestisce programmi educativi. Dal 2014 c’è anche una statua di Anna Frank a Buenos Aires.

     

    Tinelli si è poi scusato pubblicamente: “Mi assumo la responsabilità di quell’errore. Sono lontano dal banalizzare l’Olocausto. Ho visitato personalmente la Casa di Anna Frank ad Amsterdam quattro volte. Sono un padre che ha mandato uno dei suoi figli alla scuola ORT [ebraica].” – ha detto – “Esprimo le mie più sincere scuse”.

     

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