Skip to main content

SPECIALE PESACH 5784

Scarica il Lunario 5784

Contatti

Lungotevere Raffaello Sanzio 14

00153 Roma

Tel. 0687450205

redazione@shalom.it

Le condizioni per l’utilizzo di testi, foto e illustrazioni coperti da copyright sono concordate con i detentori prima della pubblicazione. Qualora non fosse stato possibile, Shalom si dichiara disposta a riconoscerne il giusto compenso.
Abbonati

    UNIONE EUROPEA: GARANZIA DI DEMOCRATICITÀ FRA INSOFFERENZE NAZIONALI E BISOGNI DEI POPOLI

    La Germania doveva avere qualche riserva nei riguardi dell’Unione Europea, perché ebbe a modificare tempo addietro l’art. 23 della sua Costituzione, stabilendo che il Bundestag ed il Bundesrat fossero legittimati a ricorrere alla Corte di Giustizia UE per contestare un atto legislativo dell’Unione europea che violasse il principio di sussidiarietà, il quale pone dei limiti ai poteri dell’UE nei settori che non siano di sua esclusiva competenza. La Costituzione italiana non contiene una norma analoga e le sue previsioni non sembrerebbero improntate ad una tale diffidenza.

    Questo atteggiamento tedesco diede luogo ad una sentenza della Corte di Giustizia dell’Unione europea dell’11 dicembre 2018, nella causa C-493/17, che si pronunciò su un ricorso della Corte Costituzionale tedesca, avente ad oggetto l’attività della Banca Centrale Europea (BCE), che coinvolgeva la Banca Federale Tedesca. Il governo italiano, nell’occasione, chiese che fosse dichiarata irricevibile la domanda tedesca, perché tendente ad ottenere un parere senza però considerarsi vincolata dalla risposta.

    Il 5 maggio 2020, la Corte Costituzionale Tedesca rincara la dose, decidendo che – “La Corte di giustizia dell’Unione europea supera il suo mandato giudiziario (…) queste decisioni mancano del minimo di legittimazione democratica (…) Un programma per l’acquisto di titoli di stato soddisfa il principio di proporzionalità solo se costituisce uno strumento adeguato e necessario per raggiungere l’obiettivo perseguito”.

    La Corte Costituzionale tedesca ha precisato, attraverso l’ufficio stampa, che la Bundesbank non può quindi più partecipare all’attuazione e all’esecuzione delle decisioni della BCE in questione, a meno che il Consiglio direttivo della BCE adotti una nuova decisione che dimostri in modo comprensibile e comprovato che gli obiettivi di politica monetaria perseguiti non siano sproporzionati rispetto agli effetti di politica economica e fiscale risultanti dal programma.

    Tutto ciò sta a significare che la Germania ritiene che l’ultima parola in materia economica spetti a lei e non all’Europa, attraverso la Corte di Giustizia.

    La stampa specializzata (Martin Sandbu, Financial Times, 5 maggio 2020) ha intitolato così la notizia: “La Germania mette una bomba sotto l’ordinamento giuridico dell’U.E.- La sua sentenza sul programma della BCE di acquisto dei bond è fuorviante ed intempestiva”.

    La Corte di Giustizia, con evidente imbarazzo, rispose che “Per garantire un’applicazione uniforme del diritto dell’Unione, solo la Corte di giustizia, istituita a tal fine dagli Stati membri, è competente a constatare che un atto di un’istituzione dell’Unione è contrario al diritto dell’Unione “.

    Il punto centrale della vicenda riguarda il carattere inquietante di un atteggiamento di alcuni organi tedeschi che potrebbe porre in discussione le fondamenta dell’Unione europea. Il governo tedesco sta cercando, lodevolmente, di correre ai ripari, ma appare evidente che esiste una situazione che, atecnicamente, potremmo definire come d’insofferenza istituzionale.

    Non è vero, comunque, come sostiene una certa vena diffamatoria, che l’Unione Europea sia uno strumento della Germania, perché questa vicenda dimostra l’esatto contrario. Nel frattempo, l’erogazione dei contributi vari per la pandemia Covid 19 viene frenata da una posizione contraria dei Paesi Bassi. In risposta, molti si scatenano contro quel Paese, dimenticando le proprie responsabilità, con un atteggiamento comprensibile dal punto di vista umano, ma molto meno per quanto attiene agli itinerari della logica cartesiana. Infatti, quegli Stati europei che hanno concordato per l’introduzione nei Trattati del principio di unanimità, non hanno titolo per lamentarsi della brusca frenata imposta dai Paesi Bassi all’erogazione degli aiuti.

    La soluzione risiede nel rendere l’Unione europea più snella mediante l’abolizione, nei casi necessari, del principio di unanimità così come (e se ne parla troppo poco) della sburocratizzazione dell’Unione Europea, talvolta afflitta da gigantismo.

    Incolpare l’Unione Europea, che invece è indispensabile per il mantenimento della pace, della democrazia e della prosperità, è un’operazione troppo comoda. L’UE andrebbe rafforzata in molti punti, alleggerita in altri, secondo i tempi. Ma di lì a scaricare le proprie colpe su una sorta di entità dai contorni indefiniti, chiamata Europa, come se noi non ne facessimo parte, ce ne corre. Non dimentichiamo che è stato il Parlamento europeo ad accogliere la definizione IHRA di antisemitismo, che in Italia non si riesce a far passare, se non per la prima frase.

    Prima di iniziare a distribuire le colpe a destra e manca, fermiamoci un istante, e ragioniamo insieme.

    CONDIVIDI SU: