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    A Parigi alla grande Sinagoga di Nazareth sono tornati i Violon de l’espoir

    La grande Sinagoga di Nazareth nel III Arrondissement di Parigi ha ospitato uno evento da tempo atteso e dal profondo significato emotivo dedicato ai ‘Violons de l’espoir’.  I parigini hanno ascoltato i racconti del liutaio Amnon Weinstein e le musiche dei ‘Violini della speranza’, testimoni preziosi del dolore e della sofferenza dei loro proprietari. Il Consistoire di Parigi, in collaborazione con l’Associazione dedicata alla memoria di Mireille Knoll, con il Rotary Distretto 1660 e con altre organizzazioni ebraiche francesi, non ha deluso le attese offrendo un programma ricco e coinvolgente, dedicato alle nuove generazioni. 

    Amnon Weistein lavora in un seminterrato nel cuore di Tel Aviv, da Israele i suoi novanta violini viaggiano per il mondo. Era giunto in Erez Israel da Vilna nel 1938 dopo aveva perso gran parte della sua famiglia. Negli anni ottanta del secolo scorso, un uomo che suonava il violino ad Auschwitz gli portò il suo strumento. Non lo aveva più toccato da quando era sopravvissuto al campo di sterminio, ma voleva farlo restaurare per regalarlo al nipote. Quando Amnon lo aprì vi trovò della cenere: la cenere dei forni crematori davanti a cui il musicista era costretto ad esibirsi. Da quell’episodio nacque il progetto cui Weinstein dedica la vita, aiutato dal figlio Avshalom, che ha ereditato la passione dal nonno Moshe, anch’egli liutaio.

    Strumento errante, il violino seguiva gli ebrei nelle loro peregrinazioni, anche quelle più estreme, di fuga e di morte. È stato uno dei mezzi preferiti utilizzati dai nazisti per umiliare gli ebrei facendoli suonare nei ghetti e nei campi di sterminio per allietare i gerarchi. Ogni violino ha una storia legata alla Shoah, è stato donato da un sopravvissuto o da un suo famigliare. Gli strumenti sono catalogati in quattro gruppi che vanno dal primo, di cui si conoscono tutti i dettagli del proprietario e della sua storia, a quello dei violini anonimi per cui si stanno incrociando nomi, fotografie e vicende. I violini sono molto diversi tra loro: i più semplici sono opera di liutai sconosciuti, alcuni sono di buona qualità, realizzati da maestri ebrei o tedeschi, altri sono magnifici con intarsi a stella di Davide, un inno alla cultura klezmer dell’Europa Orientale. 

    C’è il violino che faceva parte di una delle orchestrine di Auschwitz che accompagnavano i deportati nelle camere a gas, quello che fu gettato da un treno in viaggio verso i lager e venne raccolto e conservato da un operaio francese; ci sono i violini dei musicisti ebrei che nel 1936 lasciarono la Germania per andare a formare l’Orchestra Filarmonica della Palestina, poi dello Stato d’Israele, quelli che viaggiarono con i rifugiati verso degli Stati Uniti e furono nascosti per decenni nelle soffitte per dimenticare l’orrore. 

    “La Shoah è una storia di morte, in taluni casi ho ricostruito anche una storia di speranza – dice Amnon – perché molte persone sono sopravvissute grazie alla musica dei loro violini. Ma se vuoi fare il liutaio devi dimenticarti di poter maneggiare un violino per i dolori che accusi riparandolo. Se il mio braccio sinistro potesse parlare, avrebbe molto da dirmi.”

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