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    Il comico Jackie Mason: “Morte, tasse e antisemitismo uniche costanti nella vita”

    Jackie Mason è molte cose. Per cominciare, il suo nome di nascita è Yacov Moshe Maza. E’ un cabarettista, un attore, un doppiatore e uno scrittore americano. Ed è ebreo. Nato in Wisconsin nel 1928, è figlio di quattro generazioni di rabbini. Il suo umorismo ficcante, spesso, oltre alla politica americana, ha come riferimento la religione ebraica. Pochi giorni fa, Jackie Mason ha scritto un editoriale per Jewish News ed ha commentato l’ondata di antisemitismo nel mondo a seguito del nuovo conflitto, ora terminato con la tregua, tra Israele e Gaza.  L’ondata di violenze contro gli ebrei, per Jackie non è una novità: “Me ne ha parlato mio nonno. Me ne ha parlato mio padre. Me ne ha parlato ogni altro ebreo venuto dall’Europa. Me ne ha parlato anche il New York Times. Ho sempre detto che ci sono tre costanti nella vita: la morte, le tasse e l’antisemitismo, un argomento di cui purtroppo sono un esperto”.

     

    E’ chiaro che il conflitto Israelo-palestinese non sia la causa dell’antisemitismo, ma un’occasione per chi odia gli ebrei di giustificarsi. Perché sugli altri grandi conflitti, nessuno scende in piazza: “Non gridano per le centinaia di migliaia di siriani che sono morti nell’ultimo decennio per mano dei loro correligionari, più persone uccise di tutte le parti messe insieme nell’intera storia del conflitto israelo-palestinese. Non senti nessuno urlare su Twitter a riguardo. Non si sente nessuno urlare delle 50 studentesse afgane che sono state fatte saltare in aria dai talebani la scorsa settimana. No, senti solo quella continua esplosione stonata sui terribili violatori dei diritti umani, gli israeliani”.

     

    Israele e gli Stati Uniti d’America sono paesi amici, si sostengono economicamente e pubblicamente. Tuttavia, “tutto è peggiorato dopo che Donald Trump ha lasciato l’incarico, perché lui era un bene per gli ebrei”. Secondo Jackie Mason, durante l’era Trump “per quattro anni il pensiero ragionevole su Israele stava diventando realtà. Tutto nella regione si stava normalizzando. Le relazioni diplomatiche venivano rinnovate e, con gli accordi di Abramo, la pace regionale non era più una fantasia”.

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