Skip to main content

SPECIALE PESACH 5784

Scarica il Lunario 5784

Contatti

Lungotevere Raffaello Sanzio 14

00153 Roma

Tel. 0687450205

redazione@shalom.it

Le condizioni per l’utilizzo di testi, foto e illustrazioni coperti da copyright sono concordate con i detentori prima della pubblicazione. Qualora non fosse stato possibile, Shalom si dichiara disposta a riconoscerne il giusto compenso.
Abbonati

    Le 7 premesse della crisi ucraina, spiegate nel modo più semplice

    1. Origini

     

    La Russia è nata a Kiev, che oggi è la capitale dell’Ucraina. Mercanti e briganti scandinavi, detti Rus’ nell’Ottavo secolo discesero dal mar Baltico verso il Mar Nero  lungo il corso del fiume Dnieper e costituirono a partire dall’882 un grande principato, unificando il territorio dell’attuale Ucraina, della Bielorussia e di parte della Polonia, fondendosi poi progressivamente con la popolazione slava indigena. Dopo che nel 1200 il Rus’ fu depredato e semidistrutto dai Mongoli dell’Orda d’Oro, progressivamente il baricentro economico e politico si spostò a nordest, verso Novgorod e Mosca, che divenne sede del principato di Moscovia e poi dell’impero degli zar, e di conseguenza del primate ortodosso. Due secoli dopo, anche buona parte dell’Ucraina era diventata parte del dominio degli zar. Il resto, la Galizia, faceva parte della Polonia (poi dell’impero austro-ungarico) e la costa della Turchia. Vi era anche uno stato autonomo dei cosacchi, il resto del principato ucraino che fu incorporato alla Russia nel 1774 da Caterina II.  Nell’Ottocento, il regime zarista portò avanti una politica di russificazione delle terre ucraine, sopprimendo l’uso della lingua ucraina nella stampa e in pubblico. Nell’impero asburgico vi era maggiore tolleranza. In entrambe le zone vi era una larga popolazione ebraica che parlava yiddish.

     

    2. Il periodo comunista

     

    Dopo varie turbolenze, alla fine delle Prima Guerra Mondiale la maggior parte dell’Ucraina fu incorporata nell’URSS e una parte minore in Polonia. L’Ucraina, “il granaio dell’Europa” era ricca di contadini indipendenti, che il comunismo voleva eliminare. Stalin nel 1932-33 sequestrò tutte le derrate alimentari, creando una carestia artificiale con milioni di morti, ricordata col nome di Holodomor (uccisione per fame). Nella seconda guerra mondiale, in odio ai russi, buona parte degli ucraini si schierarono dalla parte dei nazisti, collaborando anche largamente al genocidio della popolazione ebraica. Dopo la guerra tutta l’Ucraina diventò parte dell’Urss, sede di industrie avanzate, agricoltura razionale e del maggior porto delle acque calde. Vi era comunque sottotraccia una forte insofferenza per il dominio russo.

     

    3. L’indipendenza

     

    Con la crisi dell’Urss nel 1990-91, l’Ucraina proclamò la propria indipendenza. Il primo presidente fu un ex comunista di idee nazionaliste, Leonid Kravčuk, che quattro anni dopo fu sconfitto da un ingegnere legato alla Russia, Leonid Kučma. Nel 2004 la continuità fu rotta dalla “rivoluzione arancione” fillo-occidentale che portò all’elezione del suo leader Viktor Juščenko, il quale però non riuscì a portare verso l’Europa il suo paese. Seguirono una serie di crisi politiche, elezioni, attentati (lo stesso Juščenko fu avvelenato), processi più o meno manipolato. La crisi politica divenne gravissima nel 2014, con scontri di piazza, elezioni a ripetizione, manifestazioni contrapposte, in occasione dell’accordo di associazione dell’Ucraina all’Unione Europea.

     

    4. L’intervento russo

     

    Già nel febbraio/marzo del 2014 però soldati russi senza insegne si impadronirono della Crimea (una grande penisola sul Mar Nero di importanza strategica che era stata separata dalla Russia e unita alla Crimea di Crushev nel 1954). Ad aprile del 2014 dichiararono indipendenza dall’Ucraina anche due provincie orientali, quella di Donec’k  e Donsetk, che hanno chiesto l’annessione alla Russia, con cui condividono lingua e identità etnica. La conquista russa di questa prima fetta di territorio ucraino è stata condannata dall’Onu e non riconosciuta dagli stati occidentali. In effetti la guerra del Donestk fra stato ucraino e ribelli non è mai cessata. Dal 2019 è presidente dell’Ucraina il filo-occidentale ed ebreo Viktor Zelenskij, che ha ripreso le richieste di adesione all’Unione Europea e alla Nato.

     

    5. La divisione                                      

     

    L’Ucraina è un paese diviso socialmente ed economicamente. La parte orientale è molto vicina etnicamente, linguisticamente e per produzione di massa (come l’acciaio) alla Russia; la parte occidentale è più vicina alla Mitteleuropa, con contatti fitti con Polonia e Ungheria e un persistente ricordo della popolazione ebraica e del dominio asburgico.

     

    6. Le ragioni immediate del conflitto

     

    Putin coltiva il progetto politico di ricostruire l’impero perduto con la crisi dell’Unione Sovietica, recuperando almeno il territorio dell’ex Urss, se non gli stati satelliti. Se non è possibile integrarne il territorio, vuole instaurarvi dei governi amici e impedire che si stabilizzino forze vicine all’Occidente, come ha già fatto in Georgia nel 2008, senza opposizione europea. In particolare sente la responsabilità di tutelare le minoranze russofone esportate in tutti questi paesi dalle politiche prima dello zar e poi dei Stalin e dei suoi successori. Questo mette in prima fila l’Ucraina, che è la culla della Russia, come si è visto, ma espone a rischi gravi anche i paesi baltici (Lituania, Estonia, Lettonia) che erano parte dell’Urss e preoccupa Polonia, Ungheria, Cechia. La pretesa di impedire l’espansione della Nato in Ucraina non è un gesto contro un’inesistente imperialismo americano, ma la volontà di interdire ai popoli già vittime dell’imperialismo russo la possibilità di scegliere una democrazia occidentale, che potrebbe essere contagiosa.

     

    7. Cosa accadrà

     

    Nessuno può dirlo. La macchina da guerra russa funziona, ma il paese è economicamente debole, con strutture vecchie, autoritarie e inefficienti e una demografia calante. La Russia oggi esporta solo armi e materie prime e ha un PIL complessivo nettamente inferiore a quello dell’Italia (1.478 miliardi di dollari contro 1.884; pro capita 10mila dollari contro 30mila). Ma di fronte si trova delle politiche deboli ed esitanti, tanto da parte dell’Europa che degli Usa, e cerca di approfittarne. Il fatto che gli Usa, dopo aver abbandonato l’Afghanistan lascino anche senza resistenza l’Ucraina, e che l’Europa faccia ancora meno, dà a Putin un potere notevole, che sta già esercitando anche in Medio Oriente, appoggiando l’Iran in Siria più di quanto avesse mai fatto. E dietro c’è la Cina, che mira a prendersi Taiwan e potrebbe calcolare che se la Russia si mangia una seconda fettina di Ucraina, certo Biden non avrà la volontà di impedirle di conquistare l’isola. Come ha detto un funzionario inglese, questo tempo ricorda molto gli accordi di Monaco che portarono alla spartizione della Cecoslovacchia.

    CONDIVIDI SU: