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    Ucraina – Leader dei giovani ebrei: “Qui c’è il panico. Tutti aiutano come possono”

    Lev Kleiman da 9 anni è il leader della comunità ebraica conservative e ‘dei giovani’ di Černivci, nell’Ucraina occidentale, una delle città da cui gli ucraini in fuga dalla guerra si fermano prima di andare in Romania.  

     

    «Qui c’è il panico – racconta Lev – sono stato ora in un negozio a comprare diverse cose per la nostra comunità e ho visto un signore che comprava circa 20 bottiglie di olio. Gli ho chiesto perché ne stesse comprando tante e lui mi ha risposto che non lo sapeva. La gente non sa perché, ma compra tutto. Non importa cosa, ma comprano tutto quello che trovano. Perché? Non lo so.  C’è il panico».

     

    Il giovane leader ha 36 anni ed è originario di Chişinău, in Moldavia. Tranne che per qualche anno in Israele da adolescente, ha sempre vissuto a Černivci. è sposato ed ha una bambina di 7 anni. «Mio nonno faceva parte dell’esercito sovietico» ci tiene a specificare. Non sanno se aspettarsi l’arrivo dei russi, ma, racconta, non si aspettavano nemmeno che i russi sarebbero arrivati a Kiev.

     

    A Černivci ci sono molte comunità ebraiche e vanno tutti d’accordo, spiega. «Nella nostra comunità c’è qualcosa tutti i giorni: ulpan, lezioni per bambini piccoli, per adolescenti. Per tutte le età, anche per anziani! Con il COVID abbiamo anche portato il cibo a casa alle persone che non potevano venire da noi di Shabbat. Non possiamo aiutare tutti, ma c’è anche la comunità Chabad che aiuta. Tutti, come possono, aiutano». 

     

    La comunità conservative locale è considerata quella dei giovani «Ci sono tanti giovani nella nostra comunità. Per questo la gente dice che questa è la comunità dei giovani. Non so come sia successo, ma è così. È un bene perché grazie ai giovani possiamo aiutare gli anziani».

     

    Anche la comunità di Lev in questi giorni duri di guerra si sta organizzando: «Abbiamo affittato stanze in un albergo per le persone che vogliono stare qui. Arriva gente da Odessa e da Kiev. Non solo ebrei, allora ho contattato il sindaco e gli ho chiesto di aiutare. Aiutiamo tutti come possiamo».

     

    «In comunità adesso lavoriamo e basta. Ho chiesto a tutti i membri della comunità che possono, di venire ad aiutare, e agli altri di rimanere a casa». La comunità continua ad incontrarsi su zoom.

     

    Questo Shabbat non è stato normale. Non si sono preparati come al solito, ma hanno cucinato il pasto per le tante persone che si sarebbero incontrate la sera. «In tanti mi chiamano per chiedermi cosa serve fare. Gli rispondo di andare nei negozi a comprare cose per gli anziani, se possono».

     

    Lev ha tanti amici che sono ancora a Kiev, ad Odessa, a Kharkiv. Molte persone stanno arrivando a Černivci: «Questo lo sappiamo bene. Sappiamo per esempio che a Kharkiv già non possono più uscire dalla città. Ho parlato con tanta gente di lì che mi ha detto che vorrebbero venire, ma che non possono. È tutto chiuso. Ci sono aerei, carri armati. La situazione non è buona. Le persone con cui ho parlato si stanno riparando nelle case». Venerdì chi era ad Odessa gli dicevano che lì andava ancora tutto bene. «Venite qui. Che cosa fate ancora lì? Gli ho chiesto. Mi hanno risposto che se fosse successo qualcosa sarebbero venuti».

    Lev e la sua famiglia sono ancora tutti in Ucraina. «Adesso io non posso più uscire dal paese, perché non mi darebbero il permesso. Gli uomini tra i 18 anni e la pensione non possono uscire. Mia moglie e mia figlia sì, ma sono qui con me. Vedremo cosa succederà. Ora mi stanno aiutando con la comunità».

     

    Lev racconta che qualcuno vorrebbe partire, lasciare l’Ucraina, e cercare rifugio in altri paesi, “anche in Italia” conclude.

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