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    Parashà di Haazìnu: Perché il popolo d’Israele vive per sempre

    Nel suo ultimo discorso, Moshè esorta il popolo a seguire le vie dell’Eterno e ad evitare le gravi punizioni se trasgredissero i comandamenti. Il discorso di Moshè termina con parole di consolazione e di speranza: il popolo d’Israele rimarrà sempre in vita perché la sua presenza è indispensabile nonostante le  trasgressioni, che a rigor di legge giustificherebbero la loro dispersione.  

                Il Nachmanide (Girona, 1194 -1270, Acco) nel suo commento alla Torà si dilunga nella spiegazione dei due seguenti versetti di questa parashà nei quali l’Eterno dice: “Io ero pronto a disperderli, a vanificare il loro ricordo dal genere umano. Se non fosse per l’arroganza del nemico che traviserebbe la causa delle loro disgrazie dicendo: È la nostra mano che vinse, e non è il Signore che tutto ciò abbia operato” (Devarìm, 32: 26-27).

                Il Nachmanide afferma che le parole “vanificare il loro ricordo dal genere umano” si riferiscono a noi, le tribù  di Giuda e Beniamino esiliate tra le nazioni. In esilio non siamo considerati popolo o nazione e la Torà afferma che, a rigore di legge, saremmo rimasti in questa condizione di esilio per sempre, se non fosse stato per l’arroganza del nemico.

                Questo insegna, aggiunge il Nachmanide, che nel nostro attuale esilio, l’influenza protettiva dei meriti dei patriarchi è cessata e non potremmo essere liberi dal giogo delle nazioni se non fosse per la protezione dell’Eterno. Infatti così disse il profeta Yechezkèl: “… vi farò uscire dai popoli e vi radunerò dai paesi in cui siete stati dispersi; e sarò santificato in voi davanti alle nazioni. Allora voi saprete che io sono il Signore, quando vi condurrò nel paese d’Israele, nel paese che alzando la mia mano giurai di dare ai vostri padri. […] E voi, casa d’Israele, saprete che io sono l’Eterno, quando avrò operato con voi per amor del mio nome, non secondo le vostre vie malvagie, né secondo le vostre azioni corrotte…”(Ezechiele, 20: 42 e 44). 

                Queste citazioni, dice il Nachmanide,  non hanno lo scopo di dimostrare la potenza dell’Eterno, poiché tutte le nazioni sono nulla rispetto all’Eterno. La spiegazione di tutto questo è che l’Eterno creò gli esseri umani affinché riconoscessero il loro Creatore e mostrassero gratitudine nei Suoi confronti, e diede loro la scelta di fare il bene o il male. Quando essi scelsero il peccato e Lo rinnegarono, solo il popolo d’Israele rimase a Lui fedele. Così Egli fece conoscere alle nazioni, tramite Israele, con miracoli e prodigi che Egli è Dio onnipotente. Pertanto se la memoria di Israele andasse perduta, le nazioni dimenticherebbero i Suoi miracoli e le Sue opere; […] lo scopo della creazione dell’uomo svanirebbe perché non resterebbe nessuno che riconosca il Creatore […]. 

                E inoltre il significato del versetto alla fine di questa parashà nel quale è scritto: “Poiché l’Eterno difenderà il Suo popolo e  consolerà i Suoi servitori” (Devarìm, 32:36) è che Dio ricorderà con misericordia che i figli di Israele sono il Suo popolo fin dai tempi antichi. Essi sono i Suoi servitori a Lui fedeli anche durante le oppressioni  e le sofferenze dell’esilio, come è detto dal profeta Yesha’yà: “Certo, essi sono il mio popolo, figli che non agiranno falsamente” (Isaia, 63:8). 

                L’insegnamento di questi versetti è che il popolo d’Israele vivrà fino a quando esisterà il mondo perché, come scrisse il nostro Angiolo Orvieto (Firenze, 1896-1967) nella sua poesia “Il Berretto giallo”, “Siamo i testimoni della Sua parola”. 

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