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    Parashà di Tetzavè: Al Monte Sinai fummo tutti proseliti

    In questa parashà, dopo aver completato le istruzioni sui vestimenti del Kohen Gadòl e degli altri kohanìm, viene data la mitzvà di portare due offerte quotidiane sul mizbèach (altare) che si trovava nel cortile del mishkàn, il tabernacolo mobile nel deserto. Nella Torà è scritto: “Ed ecco ciò che tu offrirai sul mizbèach: due agnelli dell’età di un anno per ogni giorno continuamente. Uno degli agnelli offrirai al mattino e un secondo nel pomeriggio” (Shemòt, 29:38-39).

                Queste erano offerte quotidiane di tutto il popolo d’Israele. Normalmente una persona doveva essere presente quando portava un korbàn (offerta) al Bet Ha-Mikdàsh. Non essendo possibile che tutto il popolo fosse presente ogni giorno, i primi neviìm (profeti) stabilirono che venisse a Gerusalemme una rappresentanza del popolo (T.B., trattato Ta’anìt, 26a) .   

                Rav Joseph Beer Soloveitchik (Belarus, 1903-1993, Boston) in Mesoras Harav (p. 268-9) fa notare che nella parashà di Pinechàs (Bemidbàr, 28:6) vi è un passo simile con un versetto che però non appare in questa parashà. In quella parashà è scritto: “Un olocausto quotidiano (korbàn tamìd) come quello offerto al Monte Sinai”.

                Rashì (Troyes, 1040-1105) afferma che la Torà paragona l’olocausto quotidiano a quello offerto sul Monte Sinai prima che i figli d’Israele ricevessero la Torà. 

                L’affermazione di Rashì si basa su un passo del Talmud Babilonese (Chaghigà, 6a) dove i Maestri affermano che l’olocausto che venne offerto al Monte Sinai durante la stipulazione del patto con il popolo d’Israele era equivalente al korban reià (offerta di apparizione), cioè all’olocausto che i pellegrini portavano al Bet Ha-Mikdàsh a Gerusalemme durante le tre feste di PèsachShavu’òt e Succòt

                Rav Soloveitchik aggiunge che i Maestri nel trattato Talmudico di Keritòt (9a) considerano l’olocausto offerto durante il patto del Sinai come il paradigma del korbàn gherùt (sacrificio di proselitismo), cioè dell’olocausto che il proselita doveva portare al Bet Ha-Mikdàsh come ultima fase del processo della sua entrata a fare parte della comunità d’Israele, dopo la circoncisione e l’immersione nel mikvè

                Rav Soloveitchik afferma che il korbàn gherùt è analogo al korbàn reià. Quest’ultimo korbàn veniva portato a Gerusalemme durante le tre feste dagli israeliti che si venivano nel Bet Ha-Mikdàsh per esprimere la loro totale sottomissione all’Eterno. Questo concetto si riflette nel carattere dell’olocausto stesso dove l’intero animale veniva offerto sul mizbèach (altare), diversamente da altre offerte nelle quali parte dell’animale veniva consumato da chi lo offriva e/o dai kohanìm

                In modo simile, afferma rav Soloveitchik, quando il popolo d’Israele completò il processo di proselitismo e si presentò all’Eterno al Monte Sinai, essi portarono un korbàn analogo al korban reià, per indicare la loro totale sottomissione all’Eterno. Lo stesso korbàn doveva venire portato da ogni nuovo proselita quando esisteva il Bet Ha-Mikdàsh, che in questo modo manifestava la sua totale sottomissione all’Eterno. 

                Rav Soloveitchik conclude affermando che il motivo per cui vi è questa mitzvà di portare ogni giorno unkorbàn tamìd come al Monte Sinai, è per commemorare quotidianamente il patto del Sinai quando tutti noi fummo proseliti.

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