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    Ad un mese dalla scomparsa. Testimonianze e ricordi su Rav Haijm Vittorio Della Rocca Z”l

    di Carlotta Livoli

    Rav Della Rocca è stata un’istituzione nel panorama ebraico italiano. Un uomo di grande cultura, amichevole, bonario ed accogliente, sempre dedito alla preghiera ed allo studio, ma soprattutto all’insegnamento. Instancabilmente si è dedicato alla formazione di tanti giovani ebrei, conducendoli con spontaneità e delicatezza sulla strada dell’alachà e delle mitzvot.
    La sua vita ha lasciato un segno indelebile negli ebrei italiani ed in particolare in quelli appartenenti alla comunità di Roma. Proprio per il suo amore ed entusiasmo verso la vita in ogni sua sfaccettatura è stato ricordato domenica 21 febbraio, alle ore 18:00, ad un mese dalla sua dipartita, attraverso una diretta trasmessa sulla pagina Facebook dell’UCEI, durante la quale “un coro di voci” si è riunito per poter onorare la memoria del caro Rav con affetto.
    Infatti, i figli Rav Roberto e Jonathan hanno organizzato insieme all’UCEI una serata in streaming invitando a partecipare ex alunni ed amici dell’amato morè che, commossi, hanno raccontato interessanti aneddoti.
    La moderatrice della serata, Simonetta Della Seta, ha ripercorso brevemente la storia della vita del Rav, ricordandolo come un uomo molto orgoglioso di essere romano, che amava fortemente la sua città e la sua comunità.

    La presidente UCEI Noemi Di Segni lo ha ricordato per le sue capacità di “saper guardare tutti allo stesso modo e con rispetto, saper dare senza dire di aver dato, saper omaggiare senza prostrarsi, saper criticare raramente senza mai denigrare il prossimo”.
    Maurizio Molinari, direttore di “La Repubblica”, lo ha ricordato per il suo sorriso ed il suo cappello, elementi distintivi del Rav. “Il sorriso”, ha spiegato Molinari, “perché l’inclusività, la capacità di essere un rav con tutti sempre, indipendentemente dalla persona che si avvicinava o che poneva una domanda”. Il sorriso, quindi, come simbolo dello stretto rapporto tra il rabbinato ed il popolo. Il cappello, invece, come segno “dell’istituzione, il rispetto per la rabbanut, il Beth Haknesset ed i rabbanim”.
    Vito Anav, intimo amico dei figli di Rav Della Rocca, ha raccontato aneddoti di una vita trascorsa insieme al morè, amico fraterno di suo padre Lello. “L’insegnamento più grande che ho ricevuto è stato il rispetto dei genitori” ha spiegato Vito. 
    Il professore Sergio Della Pergola ha, invece, raccontato del rapporto tra Rav Della Rocca e Rav Toaff, fatto di grande amicizia, reciproca stima e profonda fiducia, al punto che il secondo ha lasciato in eredità la sua copia personale del Talmud (ereditata a sua volta da suo padre) proprio al morè Della Rocca. 
    Commovente e sentito il discorso dell’ex alunna e morà Tiziana Sonnino, che ha raccontato di come Rav Della Rocca sia stato per lei “il morè per eccellenza”. “E’ stato il mio punto di riferimento, posso dire di averlo amato come un padre e che ha contribuito al consolidamento della mia identità ebraica”, ha raccontato la morà Sonnino; “Mi ha guidato sulla strada della conoscenza della Torà e della sua osservanza. Mi diceva che non dovevo rimanere una boccetta di profumo chiusa, ma dovevo trasmettere come avevo imparato ed assorbito da lui”. Ha poi proseguito ricordando come il morè avesse “la capacità di riconoscere le caratteristiche individuali di ogni allievo e nel riconoscere le differenze sapeva personalizzare le lezioni in base alle capacità di apprendimento di ciascuno. Riusciva ad appassionare generazioni di alunni portandoli ad introiettare la Torà e ad osservarla.”

    E’ poi intervenuto Luca Barbareschi, uomo di spettacolo, che ha avuto un’amicizia molto profonda con Rav Della Rocca. “Il Rav mi ha preso per mano” – ha raccontato con voce spezzata dalla commozione – come un bambino e mi ha insegnato tanto.” “Si diceva che quando uno dice una bella parola nasce un angelo, ecco, credo che Rav Della Rocca abbia fatto nascere molti angeli ogni volta che ha parlato”, ha concluso Barbareschi. 

    Per ultimi, ma non per importanza, i due figli, Jonathan e Rav Roberto. Jonathan ha raccontato dell’amore e della gioia con cui il padre trasmetteva la Torà dentro e fuori le mura domestiche, spiegando come questo approccio abbia permesso ad entrambi i figli di avvicinarsi spontaneamente all’osservanza delle mitzvot. 

    Rav Roberto Della Rocca ha concluso l’appuntamento con una riflessione di Torà, spiegando come la Torà insegna che ogni comunicazione debba essere preceduta da una chiamata. “Papà è stato un maestro che chiamava, richiamava ognuno alle proprie responsabilità e ad un impegno a farsi carico di valori e tradizioni”.

    Una serata ricca di emozione e coinvolgimento quella di domenica scorsa, che ha riscosso un grande successo ed apprezzamento. 

    Possa essere il ricordo di Rav Della Rocca di benedizione per tutti noi. 

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