Skip to main content

Scarica l’ultimo numero

Scarica il Lunario 5784

Contatti

Lungotevere Raffaello Sanzio 14

00153 Roma

Tel. 0687450205

redazione@shalom.it

Le condizioni per l’utilizzo di testi, foto e illustrazioni coperti da copyright sono concordate con i detentori prima della pubblicazione. Qualora non fosse stato possibile, Shalom si dichiara disposta a riconoscerne il giusto compenso.
Abbonati

    Addio Joseph Ratzinger. Fu il secondo pontefice ad entrare al Tempio Maggiore di Roma – Riccardo Pacifici ricorda quella storica giornata

    Un rapporto cordiale, malgrado le differenze, è stato quello tra Joseph Ratzinger e la Comunità Ebraica di Roma. Un legame che si strinse quando il 17 gennaio del 2010 Benedetto XVI fece visita al Tempio Maggiore di Roma, secondo pontefice a farlo dopo Giovanni Paolo II.

     

    Ne parliamo con Riccardo Pacifici, allora presidente della comunità ebraica di Roma, che ricorda quella giornata storica. “Quando fu eletto, la novità del nuovo pontefice era che veniva da una dottrina molto rigorosa e quando venne al Tempio tenne un discorso dai contenuti molto interessanti. Ha lasciato un segno importante rispetto a quello più ecumenico del suo predecessore”. Pacifici ricorda come venne organizzato il ricevimento. “Gli feci portare l’invito dagli amici di Sant’Egidio. E l’annuncio lo diede Bruno Vespa, a margine di una trasmissione in cui ero invitato quando mi chiese a bruciapelo se fossero vere le notizie sulla prossima visita”.

     

    Pacifici traccia anche i giorni precedenti, pieni di polemiche per il processo di santificazione di Pio XII e per la revoca della scomunica contro i lefebvriani, il «perdono» loro concesso riguardava anche il vescovo britannico Richard Williamson, noto per le posizioni antisemite e le tesi negazioniste sulla Shoah. “Fu una visita che ha avuto momenti di tensione, c’è anche chi chiese di annullarla. Trovammo subito ascolto con il suo portavoce, Padre Lombardi, e riportammo il nostro disagio. Lui accettò un intervento su Radio Vaticana per fare chiarezza”.

     

    La visita quindi si fa e con il protocollo Vaticano, la comunità traccia il percorso nei minimi dettagli. “Arrivò a Largo 16 Ottobre 1943, luogo simbolo: fu ricevuto dall’allora presidente della Fondazione Museo della Shoah Leone Paserman e il suo direttore scientifico Marcello Pezzetti, i quali gli illustrarono la dinamica della razzia. I sopravvissuti alla Shoah erano in prima fila nel Tempio. Il cerimoniale vaticano voleva che entrasse dall’entrata laterale, ma noi volevamo che facesse tutto il percorso a piedi per arrivare a Largo Stefano Gaj Taché perché volevamo che incontrasse i feriti all’attentato e per primi i genitori di Stefano e il fratello Gady. Noi rimproveravamo al suo predecessore di aver ricevuto Arafat con tutti gli onori pochi giorni prima l’attentato del 9 ottobre dell’82 in compagnia del presidente della Repubblica Sandro Pertini e del sindaco di Roma Ugo Vetere. E ci tenemmo a spiegare che l’attentato era stato fatto in un luogo di preghiera. Già da allora il papa era comunque molto malato”.

     

    “Riguardo alla polemica su Pio XII, nel mio discorso in Sinagoga ricordai che mio padre e mio zio Raffaele si erano salvati perché avevano trovato rifugio nel convento delle suore di Santa Marta a Firenze che non fecero nulla per convertire mio padre. Invitai la madre superiora di Santa Marta, Suora Antonia, la feci mettere in prima fila e gliela indicai. Per questo, sottolineai, che il silenzio di Pio XII di fronte alla Shoah doleva ancora come un atto mancato. Forse non avrebbe mai fermato i treni della morte, ma avrebbe trasmesso un segnale, una parola di conforto per quei nostri fratelli deportati verso i camini di Auschwitz”.

     

    In gioventù, Papa Ratzinger fu parte, come tutti in quell’epoca, della gioventù hitleriana. Lui come tanti giovani ne fu costretto. Fu ricordata questa appartenenza? “Non in quel giorno. Lo sapevamo, era un fatto noto, ma sappiamo anche che in Germania su queste cose non si scherza. Tutti i simboli nazisti sono stati spazzati via, tutti i monumenti distrutti, non come in Italia dove per la salvaguardia delle opere architettoniche abbiamo l’obelisco allo stadio ancora con la scritta Dux. Lui ci teneva moltissimo a questa visita e seguì tutte le nostre indicazioni”. Pacifici e Papa Ratzinger arrivarono all’entrata del Tempio dove ad accogliere il pontefice c’era il rabbino capo di Roma, Riccardo Di Segni e lì iniziò la storica cerimonia.


     [GALLERY]


    CONDIVIDI SU: