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    Corcos e Sonnino: la storia della Comunità Ebraica di Roma racchiusa in due cognomi

    Tra tutte le comunità ebraiche d’Europa, quella di Roma è certamente la più antica (i primi stanziamenti risalgono al 161 A.E.V.), e la sua presenza ha influenzato il corso della storia della città, grazie ai suoi pensatori, rabbini, artisti, e commercianti. Esistono odierne famiglie ebraiche romane che portano ancora cognomi secolari, come “Sonnino” e “Corcos”. Su l’origine di questi due rami, in particolar modo del secondo, si è discusso nel dibattito, affrontato in conferenza live-zoom, organizzato dal “Museo Ebraico di Roma” alla presenza del suo direttore Olga Melasecchi; del Direttore del Dipartimento Cultura della CER, Claudio Procaccia; ai fratelli Roberto e Bruno di Gioacchino; e della storica Marina Caffiero, che per prima ha preso la parola esponendo la storia della famiglia Corcos.

    La famiglia Corcos ha origine “Sefardita”, fa quindi parte di quegli ebrei espulsi dalla Spagna nel 1492 per decreto di Ferdinando d’Aragona ed Isabella di Castiglia, ed il loro nome deriva dall’omonimo villaggio che si trovava nella provincia di Castiglia Leòn. Giunti a Roma, nel 1537 diventarono titolari di un banco di prestito e diedero inizio ad una genealogia di dotti, banchieri e mercanti, ma anche di rabbini e studiosi del Talmud, tanto da rientrare nella Congrega dei Sessanta. Dopo l’apertura del banco ci fu la prima scissione del ramo familiare causata dalla conversione di un suo componente: Elia Corcos, che diede il via ad altrettante conversioni per tutto il secolo. Tra 1581-1582, infatti, avvenne quella di Salomone Corcos, banchiere e commerciante di argenti, direttamente per mano del pontefice Gregorio XIII Boncompagni (La conversione di questa famiglia è incisa persino in alcune chiese di Roma). Assunse il nome di “Ugo“, proseguì il suo mestiere e diventò committente e collezionista di opere d’arte di autori importanti come Guido Reni, Bartolomeo Cesi e molti altri. Nonostante le conversioni, non si interruppero i rapporti con il ramo ebraico, e questo spiegherebbe l’elevata influenza di un altro componente, Vita Corsos, nei confronti dei cattolici e, specialmente, del pontificato. Tranquillo Vita Corcos (1660 – 1730) fu protagonista indiscusso tra gli ebrei di Roma. Colto e prestigioso, scrisse molto e fu in primo piano nella politica romana, riscuotendo persino la fiducia dei Papi che gli affidarono degli incarichi. Venne nominato “grande rabbino” e donò alla “Sinagoga dei Quattro Capi” una sofisticata stoffa (tutt’oggi conservata) in cui compariva il suo stemma: due leoni rampanti che sorreggono tre monti, sui quali compaiono tre spighe; si dice, addirittura, che fosse l’interno della carrozza di Cristina di Svezia. Rabbino Corcos è stato un punto di riferimento anche fuori Roma, era infatti in contatto con colleghi europei che facevano richiesta dei suoi pareri e consigli, grazie anche alla sua vicinanza al Papa. Fu un mecenate dell’arte della mediazione, talmente influente da pubblicare le sue tesi attraverso la “Reverenda Camera Apostolica” ed essere consulente del santo uffizio: nel 1713, un prefetto della Congregazione del Santo Uffizio gli chiese spiegazione riguardo un documento. Vita Corcos si espose, fra vari scritti, riguardo il rapporto tra religione cattolica ed ebraica, sostenendo che fossero simili ma che si allontanassero solamente sul concetto di messia, e ciò rappresentava una forte volontà di conciliazione e tolleranza. Mediò per la riduzione delle tasse sugli ebrei e si batté contro l’accusa di “omicidio rituale” scrivendo memoriali volti a sfatare tale accusa, riuscendo persino a salvare alcuni ebrei accusati. Fondò una accademia, esclusiva per soli ebrei, coeva a quella della già nota dell’Arcadia, dove i discorsi erano tenuti in volgare invece che in ebraico, e introdusse nei registri della comunità gli atti scritti in volgare. Nipoti e figli continuarono la sua attività (Vittorio Corcos fu un pittore). Tutto ciò dimostra che il ghetto di Roma non fosse solamente povero e degradato, ma dimora di un’élite, pur se numericamente ridotta (rappresentava solo il 3-4% della popolazione).

    Dopo l’analisi di questo Ramo, si è passati a quello dei Sonnino, cognome storico e tutt’oggi molto presente nella Comunità. Devono il nome all’omonima città in provincia di Latina ed il loro stemma è raffigurato da un Leone dormiente. La prima presenza nel ghetto risale al 1551, ed una parte frequentava la “Scola Tempio”, mentre l’altra quella “Castigliana”. Anche il ramo dei Sonnino donò delle stoffe alle sinagoghe con il loro stemma impresso.

    L’evento ha permesso di ricostruire una parte della storia della Comunità Ebraica di Roma, analizzando le radici di due antiche famiglie, a testimonianza della profonda identità romana che caratterizza gli ebrei della capitale.

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