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    I nuovi adolescenti: controvento alla ricerca di una bussola

    L’adolescenza più di ogni altra tappa evolutiva si caratterizza per essere l’età del cambiamento e del passaggio. Questo cruciale momento di crescita in cui il corpo e le sue mutazioni sono grandi protagonisti è segnato dalla difficile transizione dal mondo dell’infanzia a quello degli adulti, che come tale prevede un duplice movimento: da un lato un rimaneggiamento del proprio universo infantile e dell’altro la complicata ricerca di un’identità adulta. L’attivazione di questo complesso processo è l’essenza stessa dell’adolescenza, che in tutto il suo decorso è segnata da emozioni contrastanti, conflittuali ed estremizzate. In particolare, questo periodo è contraddistinto da sentimenti di tristezza legati all’elaborazione del lutto di un sé infantile e contemporaneamente da una scarsa capacità di controllo dell’impulsività, ‘acting out ’, connessa sia ai cambiamenti fisiologici, che al faticoso percorso di crescita verso la separazione/individuazione dalle figure genitoriali. Partendo da questi presupposti, come si caratterizzano i nuovi adolescenti? In cosa e se sono cambiati in questi ultimi anni? Nell’ultimo decennio ed in particolare a seguito dell’emergenza Covid, abbiamo assistito a profondi cambiamenti sociali, culturali e soprattutto delle modalità di comunicazione con un massiccio viraggio verso l’utilizzo dei social media che, insieme all’isolamento dovuto alla pandemia, sono la cornice più generale in cui si muovono gli adolescenti oggi. Gli effetti sulla crescita di questi importanti cambiamenti si rintracciano sia nell’esponenziale aumento tra i più giovani di manifestazioni sintomatiche di aggressività auto-diretta, sia nell’accentuazione di comportamenti a connotazione aggressiva etero-diretta. Questi ultimi vengono definiti ‘rule breaking behaviour’ e comprendono una serie di manifestazioni a connotazione aggressiva e dirompente, che emergono con evidenza in numerose ricerche scientifiche, in cui sono valutate soprattutto le conseguenze del lockdown sull’emotività e le condotte degli adolescenti. Le recenti cronache in proposito ci mostrano come questi fenomeni di aggregazioni di gruppo a base violenta originino da una generale percezione da parte dei più giovani di disorientamento, di una scarsa capacità di regolare gli impulsi e dalla mancanza di agganciarsi ad una propria bussola interna. Il gruppo in tal senso sembrerebbe fornire un contenitore che verrebbe utilizzato dai ragazzi a scopo difensivo, agendo con meccanismi arcaici e modalità violente come difesa dal limite e dalla inevitabile quota di dolore e perdita, che la crescita impone. L’attuale panorama adolescenziale sembra, quindi, essere caratterizzato principalmente da due poli estremi: adolescenti chiusi ansiosi/tristi, oppure oppositivi/provocatori fino a manifestare comportamenti di tipo antisociale, come espressione delle due facce della stessa medaglia. In tutto questo si inserisce il ruolo dei social, che sembra essere utilizzato sia come scudo protettivo dalle relazioni reali e quindi favorire l’isolamento, sia divenire l’unico luogo di massima espressione del sé. In questo senso sembrerebbe che le emozioni vengano filmate o fotografe per poi essere divulgate nelle chat o sui profili social ancor prima di essere state intimamente sperimentate, è come se il tempo interno di sedimentazione delle emozioni necessario alla crescita fosse bypassato per essere solo confermato o disconfermato dall’esterno.

    Che ruolo hanno in tutto questo gli adulti? Come possono operare insieme le agenzie educative scuola, famiglia e rete sociale? Compito degli adulti tutti è quello di svolgere una funzione contenitiva, principalmente nel dare significato a quanto i ragazzi provano e che viene comunicato soprattutto attraverso i loro comportamenti. Non esistono risposte precostituite o ricette magiche per affrontare un processo così articolato e come già sottolineato ancora più complicato in questo momento storico, bisogna saper guardare contemporaneamente alla complessità e alla soggettività. Gli adolescenti sono pervasi da sentimenti di inquietudine narcisistica che induce loro a dubitare delle proprie capacità e delle proprie risorse interne. Quindi come adulti è importante prima di tutto riconoscere che dietro le richieste e l’opposizione dei ragazzi non c’è solo qualcuno che ‘fa quello che vuole e come vuole’, ma piuttosto che non sapendo cosa vuole è disperatamente alla ricerca di referenti adeguati. Se vengono a mancare, dunque, agli adolescenti tutte le strutture deputate al contenimento come la scuola, la famiglia e le istituzioni in genere, l’estrema fragilità psicologica dei più giovani a cui stiamo già assistendo, sarà la prossima emergenza sanitaria che dovremo affrontare, in caso non si intervenga per tempo. Tutte le agenzie educative in modo compatto e condiviso hanno il compito di collaborare insieme per fornire alle nostre ragazze e ai nostri ragazzi tutti gli strumenti di crescita necessari a fronteggiare questo grande disorientamento, in particolare promuovendo nei diversi contesti attività volte allo sviluppo di abilità sociali e di vita, ‘non cognitive skills’, riconosciuti dall’OMS, come basi necessarie per il benessere psicologico. Come figure di riferimento, in modo non più procrastinabile, siamo chiamati con urgenza a rispondere unitamente e in modo coerente a questo disagio mettendo in campo la funzione ‘del prendersi cura’, dove per cura si intende un processo complesso di interessamento profondo, attento e continuativo, che deve tenere a mente l’adolescente nella sua progettualità che si sviluppa tra passato, presente e specialmente futuro, in cui è necessario accogliere il dolore portato soprattutto quando deve ancora prendere forma. La cura così intesa deve essere la premessa di un senso condiviso. Questa è la sfida educativa più ardua che come adulti dobbiamo sostenere insieme verso le giovani generazioni, se vogliamo donare loro un futuro. 

     

     

    Servizio di Psicologia Scolastica delle Scuole Ebraiche 

    Dott.ssa Rehana Dafne Arbib   

    Dott.ssa Laura Persichini  

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