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    Netanyahu visita la Comunità ebraica di Roma. Il discorso della Presidente Dureghello: “Siamo e saremo sempre dalla parte dello Stato d’Israele”

    Pubblichiamo di seguito il discorso della Presidente Ruth Dureghello durante la visita privata del Primo Ministro dello Stato d’Israele Benjamin Netanyahu presso la Comunità Ebraica di Roma

    Gentile Primo Ministro Benjamin Netanyahu, 

    Gentile Signora Sara Netanyahu, 

    Rabbanim, autorità e amici. 

    È con grande piacere che ho l’onore di accogliere il primo ministro dello Stato d’Israele nella sua visita a Roma e alla Comunità Ebraica. 

    Questa città ha un significato importante nella storia del popolo ebraico.

      

    I primi ebrei arrivarono qui a Roma in quello che allora rappresentava il centro della civiltà dell’epoca più di ventidue secoli fa. A ricordarci quello che avvenne successivamente c’è l’Arco di Tito con la raffigurazione della Menorah trafugata e della deportazione degli ebrei dopo la distruzione del Tempio di Gerusalemme. 

     

    Da quel giorno il popolo ebraico ha assunto su di sé l’imperativo morale di ricordare sempre, nei momenti tristi come in quelli lieti, il luogo da cui sono stati deportati e giunsero i  nostri avi. “Im  Eshkachèkh Ierushalaim tishkah ieminì” Se ti dimentico Gerusalemme si paralizzi la mia mano destra.”

     

    Caro Primo Ministro, le posso assicurare che la Comunità Ebraica di Roma non solo non ha mai dimenticato Gerusalemme, ma come nessuna comunità nella diaspora ha saputo fare, è sempre stata e sarà dalla parte dello Stato ebraico, della sua capitale Gerusalemme, unica e indivisibile e di ogni singolo ebreo in qualsiasi luogo del mondo egli si trovi.

     

    Sotto l’arco di Tito questa Comunità tornò simbolicamente nel 1947 con il Rabbino David Prato zl, all’indomani della Dichiarazione Generale delle Nazioni Unite che apriva la strada alla nascita dello Stato d’Israele, celebrando così l’inizio della fine della diaspora del popolo ebraico. 

     

    Nulla ha potuto scalfire questo legame millenario, non sono bastati secoli di vessazioni e privazioni, non c’è riuscita la segregazione nel Ghetto, né la persecuzione nazifascista con una ferita che ancora oggi non è rimarginata. Non c’è riuscito neanche l’attentato palestinese il 9 ottobre 1982 quando sotto una pioggia di proiettili e granate, all’uscita di questa sinagoga, quaranta persone rimasero ferite e un bambino di due anni, Stefano Gaj Tachè fu barbaramente ucciso. Oggi sono fisicamente con noi i genitori e il fratello Gadj, ma posso assicurare che il ricordo di Stefano è più vivo che mai a perenne memoria di ciò che produce l’odio contro Israele. 

    In quegli anni terribili il clima ostile verso Israele invitava gli ebrei a disconoscere il rapporto identitario con Israele, a prendere le distanze dalle scelte dei suoi governi.

    Questa Comunità non si piegò al ricatto morale di chi voleva imporre l’assunto per cui per essere cittadini italiani bisognasse condannare Israele.

     

    Sin da quei giorni la dirigenza comunitaria decise di darsi una regola che con convinzione rispettiamo ancora oggi: le scelte dei governi d’Israele riguardano i cittadini israeliani. Cittadini che, come in ogni democrazia, hanno il diritto di esprimere dissenso e di avere posizioni politiche diverse.

     

    Noi ebrei nella diaspora non abbiamo questo privilegio. Noi siamo dalla parte dello Stato d’Israele perché l’antisemitismo che si cela anche sotto l’antisionismo non permette divisioni e o spazi in cui insinuarsi.

     

    Il compito di una Comunità è quello di aiutare Israele a difendersi dai tentativi di delegittimazione perché sappiamo, e la Shoah ce lo ha insegnato, che la sicurezza degli ebrei della diaspora è legata all’esistenza di uno Stato Ebraico forte e sicuro.  Noi rispettiamo e apprezziamo la vitalità della democrazia israeliana e l’unico auspicio che possiamo rivolgere è che il popolo d’Israele possa continuare ad essere unito nelle sue diversità e differenza. 

     

    Nei giorni scorsi, a Purim, abbiamo accolto sessanta familiari di vittime di attentati terroristici o di soldati caduti in battaglia. Se ogni ebreo è responsabile per l’altro significa che dobbiamo ricordare sempre quanto sia importante l’unità del popolo ebraico.

     

    Oggi questa è una Comunità viva, ricca di sinagoghe, scuole ebraiche e attività di ogni tipo. Gli ebrei romani sono parte integrante della vita sociale, culturale e politica di questa città e di questo Paese. Siamo i più antichi fra i romani ed orgogliosamente italiani con il cuore e lo sguardo sempre rivolto a Gerusalemme di cui sosteniamo con convinzione il riconoscimento da parte del Governo italiano come capitale dello Stato d’Israele.

    La nostra vicinanza ad Israele, al suo popolo e alla sua democrazia non può essere messa in discussione, siamo necessari l’uno per l’altro.

     

    La forza d’Israele è negli ebrei della diaspora e la forza degli ebrei nella diaspora è lo Stato d’Israele. 

     

    Grazie Signor Primo Ministro

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