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SPECIALE PESACH 5784

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    PROBLEMI DI HALAKHÀ CONTEMPORANEA. PARASHÀ DI ‘SHOFETIM: COSTITUIRAI PER TE DEI GIUDICI… IN TUTTE LE TUE PORTE (DEUT 16,18). A VOLTE ANCHE LE PORTE HANNO BISOGNO DI UN GIUDICE.

    di Rav
    Riccardo Colombo

    Domanda
    – Capitò che un falegname costruì per un tempio delle porte di un Aròn. I
    responsabili del tempio, nonostante le giuste e continue richieste dell’operaio,
    non avevano mai pagato il lavoro svolto. Un giorno, all’apertura del tempio, i
    presenti notarono che le porte dell’Aròn erano state divelte e portate vie. L’operaio,
    che aveva ancora con sé le chiavi del tempio, la notte era
    entrato e aveva prelevato le due porte lasciando scoperti i Sifrè Torà. I responsabili del tempio denunciarono il falegname
    al Tribunale Rabbinico. Qual è la norma a riguardo?

    Rav
    Eliashiv rispose: Innanzi tutto è necessario dire che è assolutamente vietato
    portar via ogni oggetto di un tempio. I Maestri insegnano che chi preleva da un
    tempio anche una semplice pietra, è come se staccasse un pezzo del Santuario,
    cosa proibita dalla stessa Torà (Deut. 12, 3 – 4).
    Detto questo, si deve però sottolineare che il falegname non ha commesso nel
    nostro caso alcuna trasgressione e che costui aveva tutto il diritto di
    prelevare le porte dell’Aròn per non aver ricevuto il giusto salario per il
    lavoro volto. La questione, però, è se sia permesso lasciare un Sèfer Torà scoperto o se ciò
    sia assolutamente vietato dalla regola ebraica. È ovvio che di norma sia una
    grande mancanza di rispetto non avere un’adeguata copertura di un Sèfer Torà. Però, nel
    trattato di Bavà Batrà (114 b) è narrato che un giorno il figlio di una persona defunta che
    aveva lasciato in eredità dei poderi ai
    propri figli vendette l’intero lascito ad un estraneo e poi morì anch’esso. Gli
    eredi si opposero alla vendita e chiesero la restituzione dei campi dichiarando
    che il fratello che vendette i campi era ancora minorenne in quanto il proprio
    corpo non aveva ancora raggiunto la maturità fisica e che per giunta la vendita non si poteva considerare valida ai
    fini della norma. Per considerare la maturità fisica del ragazzo era dunque necessario dissotterrarne il corpo, cosa
    assolutamente vietata dalla Torà. I Maestri, però,
    stabilirono che per evitare un possibile furto il corpo venisse disseppellito
    in modo che i medici potessero valutare l’età del defunto. La Torà impone la
    correttezza nel campo degli affari e vieta ogni furto. Dove non vi è onestà tra gli uomini non vi è neppure vera Torà. Pertanto, sebbene sia vietato lasciare scoperto un Sèfer Torà, al fine di
    essere giustamente risarcito per il lavoro svolto il falegname aveva tutto il
    diritto di riprendere le porte da lui forgiate. La vergogna per un Sèfer Torà in questo caso
    non è quella di essere lasciato senza copertura, ma di essere coperto da una
    porta rubata ad un onesto lavoratore.

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