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    ‘Roma 1948. Arte italiana verso Israele’: intervista ai curatori Calò e Spagnoletto

    ‘Roma 1948. Arte italiana verso Israele’: il Museo Ebraico di Roma offre ai visitatori un’opportunità importante e significativa per ripercorrere il legame tra l’arte italiana e la nascita dello Stato d’Israele: una mostra che si colloca, a buon diritto, tra le iniziative di eccellenza che caratterizzano tutte le iniziative sostenute dalla Fondazione per il Museo Ebraico di Roma e realizzate sapientemente dal Museo Ebraico di Roma.

    “Gli artisti romani per atto di solidarietà e umana simpatia verso il popolo d’Israele che combatte per la propria libera esistenza, offrono queste opere a beneficio del fondo internazionale pro Stato d’Israele.” Così scriveva Arnoldo Ciarrocchi nelle sue Note d’Arte il 20 giugno 1948, da allora sono trascorsi 75 anni e grazie ad un eccezionale prestito del Tel Aviv Museum of Art, torna a Roma una selezione di circa venti opere di pittori e scultori che all’indomani della proclamazione dello Stato di Israele si fecero promotori di una iniziativa che rimarrà nella storia: la “Mostra d’Arte pro nuovo stato d’Israele”, che ebbe luogo tra il 15 e 25 giugno 1948 nella Galleria d’Arte Antica di Palazzo Torlonia.

    L’iniziativa racconta una storia toccante e per molti versi sorprendente che si rivelò con forza, grazie al fermento culturale che caratterizzò l’Italia nel Dopoguerra, una sfida che i curatori Davide Spagnoletto e Giorgia Calò hanno accolto con entusiasmo e competenza proponendo una lettura ricca di suggestione. Shalom li ha incontrati e propone una intervista a due voci.

     

    La Comunità ebraica di Roma nel 1948, profondamente lacerata dalla Shoah, seppe dimostrare il suo impegno e il suo amore per Israele. La mostra propone un filmato storico degli ebrei romani sotto l’arco di Tito in cui guidati dal rabbino capo rav David Prato z.l. celebrano la risoluzione dell’Assemblea Generale delle Nazioni Unite del 29 novembre 1947 che aprì la strada alla nascita dello Stato d’Israele. Quali sono i vostri pensieri e le vostre emozioni pensando ad un gesto così simbolico e alla storia di identità e tradizioni che questa mostra propone?

     

    Spagnoletto: Mi piace definire questa mostra il risultato di una lunga ricerca più che una scoperta. Nel corso dei miei studi ho trovato il pieghevole dell’iniziativa: “Mostra d’Arte pro nuovo Stato d’Israele” tenutasi alla Galleria d’Arte Antica di Palazzo Torlonia nel 1948. Da quel momento ho cominciato a recuperare documenti, articoli di giornali e tutte le fonti disponibili per poter ricostruire quell’esposizione. Era una vicenda significativa da cui siamo partiti per approfondire il quadro storico, politico e artistico in cui si sono mossi gli artisti e rendere questa storia fruibile ai visitatori nelle sue molteplici chiavi di lettura. 

     

    Calò: Dopo un primo stupore iniziale, abbiamo avuto l’idea di ricostruire la storia attraverso gli artisti e le opere che vennero scelte per quella mostra In questi 14 mesi di lavoro il nostro obiettivo è sempre stato di andare oltre i fatti e ritrovare il clima che si respirava in Italia nel 1948.

     

    Quale è stato il ruolo delle istituzioni ebraiche che sono state protagoniste della storia?

     

    Calò: Mi trovavo lì quando Davide ha raccontato la sua ricerca alla Presidente della CER Ruth Dureghello che ha reagito con molto interesse, un interesse che è stato poi confermato dalla Presidente della Fondazione per il Museo Ebraico Alessandra Di Castro. Arte, Roma e Israele sono tre parole che racchiudono il senso e la missione del Museo Ebraico di Roma e di questa mostra che si pone in continuità con tutte le altre iniziative della Fondazione, tra cui la grande mostra “La Menorà. Culto, storia mito” che si tenne nel 2017 in contemporanea al Museo Ebraico di Roma e al Braccio di Carlo Magno in Vaticano.

     

    Spagnoletto: Questa mostra è affascinante perché restituisce un quadro che potrei definire magico di una collaborazione perfetta tra tutti gli enti ebraici allora e oggi coinvolti: la Comunità Ebraica di Roma, l’Unione delle Comunità ebraiche italiane e il Tel Aviv Museum of Art. Pensare che nel 2023 una selezione di quelle opere siano tornate a Roma ci riporta allo stesso spirito di solidarietà di allora.

     

    Quello stesso anno, nel 1948, la Biennale di Venezia invitò a partecipare alcuni artisti del nascituro Stato d’Israele?

     

    Calò: Sì, è molto interessante appurare il fermento culturale che ha caratterizzato quell’anno così particolare, nonché il rapporto tra Italia e Israele. L’ingegnere Angelo Fano, di origine veneziana che aveva fatto l’aliyah durante gli anni della guerra, contattò il Segretario Generale della Biennale, Rodolfo Pallucchini, all’indomani della risoluzione 181 dell’ONU che aveva avviato il processo di nascita dello Stato, per proporgli una mostra di artisti locali. Il titolo scelto dallo stesso Pallucchini “Artisti Palestinesi Erez Israel” restituisce il senso di quei mesi particolari in cui si lavora per la costruzione di una nazione che ancora non era stata legittimata. La Biennale inaugura infatti il 1° maggio 1948, due settimane dopo sarebbe nato lo Stato d’Israele. 

     

    Spagnoletto: Israele nacque con una solida cultura alle spalle. Per parlare solo del Tel Aviv Museum fu istituito per volontà del primo sindaco della città Meir Dizengoff che immaginava che Tel Aviv sarebbe diventata una metropoli moderna e vibrante con tutte le istituzioni culturali che ne derivavano e un con un museo d’arte. E così fu, proprio la Dichiarazione d’Indipendenza dello Stato d’Israele venne pronunciata non a caso nella sala del Museo di Tel Aviv con alle pareti opere di artisti. Oggi a 75 anni di distanza ricordiamo altri artisti italiani che hanno compiuto un grande gesto di generosità per il nascituro Stato d’Israele.

     

    Dal 1967 cambiò il vento, ci fu un progressivo oblio per quella solidarietà che ripercorre la mostra qual è oggi invece la situazione?

     

    Calò: L’importanza di questa mostra consiste nel fare memoria. Permette di dare nuova linfa a gesti concreti e tangibili dal grande significato per noi ebrei romani e per lo Stato d’Israele.

     

    Spagnoletto: Lo spirito di 75 anni fa viene oggi riproposto, attualizzato e arricchito per permetterci di rinsaldare virtuose e irrinunciabili collaborazioni.

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