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    Suprematisti, nazisti e antisemitismo. Un convegno per capire come si muove l’odio del terzo millennio

    Domenica 19 maggio presso il Tempio di Adriano, la Comunità Ebraica di Roma ha ospitato il convegno “Suprematismi in Europa. Dalla rabbia all’odio”, per analizzare, in vista delle prossime elezioni per il Parlamento Europeo, i rischi del fenomeno dei suprematismi in Italia e in Europa, e gli effetti che i nuovi fenomeni di rabbia e odio razziale possono avere sulla tenuta delle democrazie. 

    L’incontro, moderato dall’avvocato  Joseph Di Porto, ha visto i saluti di apertura del Presidente della Comunità Ebraica di Roma Ruth Dureghello e gli interventi dei relatori: il Procuratore Generale della Corte d’Appello di Roma, Giovanni Salvi; l’avvocato penalista Roberto De Vita; il Vice Presidente del Progetto Dreyfus, Gianluca Pontecorvo; lo storico Alberto Melloni; i giornalisti Paolo Berizzi de “La Repubblica” e Paolo Mondani di “Report”. 

    Nel corso del dibattito sono stati proiettati 3 video, realizzati da Paolo Mondani, riguardanti le manifestazioni dei gruppi neofascisti/neonazisti in Italia e nel resto d’Europa, non come semplici cortei di folklore, ma come vera e propria dimostrazione della violenza e pericolosità di questi gruppi.

    La storia dei suprematismi è una storia che vede la responsabilità di tutti noi. Secondo l’avvocato De Vita, sono due i portanti indicatori dei suprematismi: i crimini d’odio che rappresentano il modo più efficace per capire quanto si sta affermando e avvicinando il suprematismi bianco, il neo nazismo e il neo fascismo, e il messaggio di terrore che non si limita all’evento in sé: “Ci siamo talmente abituati attraverso la paura e il messaggio politico, a vedere una religione come motivo di pericolo”, ha affermato l’avvocato De Vita.
    “La recrudescenza dei crimini d’odio verso gli ebrei, che non sono portatori di pericolo, a partire dal 2016 ha iniziato ad aumentare in maniera preoccupante”.
    La popolazione si è oramai abituata a vedere dei soggetti stranieri come portatori di attentati e di pericoli, tanto da pensare che potesse essere normale tornare a discriminare. Quel messaggio d’odio che è stato cacciato indietro con anni di dure battaglie, è tornato a manifestarsi, e la società non sta rispondendo. L’assenza di reazioni sociali, politiche e culturali fa pensare che non ci sia una soluzione.

    Questi gruppi neofascisti sono solo la punta di un iceberg, come afferma il giornalista di Repubblica Paolo Berizzi, che in questa occasione ha raccontato la sua esperienza diretta; tra questi ci sono persone che si fanno eleggere alle elezioni politiche, quelli che si definiscono i fascisti del Terzo millennio. 

    In molti minimizzavano e sostenevano che questo fosse un fenomeno marginale. Invece quei “quattro gatti” come li chiamavano, sono cresciuti, si sono fatti forza; è caduto quel senso del pudore che il fascista aveva prima, ed ecco che i gruppi sono stati sdoganati, legittimati e hanno la sensazione di essere protetti dall’alto, “a loro non importa il potere, ma la legittimazione statale; vogliono sostituirsi allo Stato  in quelle zone dove lo stato non arriva o arriva troppo tardi. Di fronte a tutto questo io non ho paura di chi mi  minaccia di morte e di chi mi insulta. Ho paura del silenzio. Ho paura di chi volta la faccia dall’altra parte. Di chi minimizza. Di chi sceglie la scorciatoia di non occuparsi di un problema.” Ha concluso Berizzi.

    Con il tempo l’antisemitismo  ha assunto diverse forme, servendosi dei mezzi di comunicazione. Oggi si serve dei social network che azzerano le distanze e i messaggi hanno una cassa di risonanza infinita. I messaggi sono sempre gli stessi, è cambiata però la metodologia: prima i messaggi erano verticali, dall’alto verso il basso, oggi sono orizzontali, del singolo individuo.

    Con l’era digitale c’è stata una crescente percezione dell’antisemitismo; Gianluca Pontecorvo, Vice Presidente di Presidente di Progetto Dreyfus ha fornito dei dati di diffusione dell’antisemitismo in rete, soprattutto in Italia.

    “Tra le nuove forme di reati d’odio il web fa parte di questo”, ha concluso il Procuratore Generale della Corte d’Appello di Roma, Giovanni Salvi: “Non solo perché il like ad un post consente un aggregazione immediata e un consenso, ma anche perché l’algoritmo di funzionamento del motore di ricerca è gestito da operatori che hanno orientamenti. Lo stesso Google è un algoritmo confermativo.
    Questo determina che se uno è orientato verso un idea antisemita troverà sempre conferme, anche false. C’è un meccanismo di compenetrazione tra il funzionamento del web e la creazione di questi sistemi. Il terrorismo si vince quando si vincono le battaglie di coscienze.”

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