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    Tra cognomi e mestieri alla scoperta della Roma ebraica

    “I confini sono spesso visti come cosa brutta, ma se un popolo riesce a mantenere la propria identità culturale è anche grazie ad essi”. Queste le parole pronunciate da Enrico Montesano durante la Giornata Europea della Cultura Ebraica, che ha visto quest’anno Roma come città capofila. Storie di ebrei in divenire, dei loro dialetti, cognomi e tradizioni raccontate da Claudio e Michela Procaccia accompagnate dai versi di Crescenzo del Monte recitate da Montesano. 

    Un rapporto complesso e paradossale quello intercorso tra ebrei e le istituzioni in epoca medievale e cinquecentesca a Roma, dove integrazione e discriminazione convivevano su più livelli. Fu paradossalmente in quegli anni che gli ebrei espulsi dai paesi cattolici vennero ammessi nei territori pontifici. Se dall’esterno questo gruppo appariva compatto, monolitico, talvolta denigrato, dall’altra le distinzioni al loro interno erano numerose, così come i riti da loro praticati. 

    Gli ebrei presenti a Roma da lunga data erano assai diversi da quelli che frequentavano la scola siciliana e ancor di più da quelli che appartenevano alla scola catalana. Una cosa però li accomunava: la loro completa estromissione dal complesso corporativo avvenuta con l’avvento del cristianesimo in epoca feudale. Nacque così l’uso della condotta: una sorta di permesso di soggiorno che permetteva loro di esercitare solo alcuni mestieri: prestito a interesse, artigianato, attività in ambito medico. Da alcuni di questi lavori derivano cognomi tutt’ora presenti tra le persone che frequentano la comunità; e Funaro, riferito ai venditori di funi su via Ripetta, è tra questi. La situazione mutò con la breccia di Porta Pia – di cui quest’anno ricorrono i 150 anni – data simbolo dell’emancipazione degli ebrei romani. Non fu raro da quel momento – e poi fino al 1938 – veder comparire professori universitari e politici ebrei appartenenti a diverse fazioni politiche, sinonimo di una realtà frammentata e amalgamata nel tessuto sociale nazionale. La promulgazione delle Leggi razziali e il dopoguerra provocarono una battuta d’arresto in tal senso e gli ebrei ricominciarono a realizzarsi più nel settore del commercio che in quello pubblico. 

    Le diverse rivoluzioni sociali e tecnologiche impattarono la comunità di Roma per tutto il Novecento ma fu infine l’arrivo di centinaia di famiglie ebraiche provenienti dalla Libia con i loro vivaci e speziati profumi a determinare il cambiamento più radicale. 

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