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    Fascismo “male assoluto”? Come e perché furono barattate le libertà

    In occasione del centesimo anniversario della Marcia su Roma (28 ottobre 1922), una piccola riflessione su alcune valutazioni emerse negli anni sul fascismo.

    Il governo di Mussolini si “insediò” (31 ottobre 1922) dopo una lunga fase di crisi politica, economica e sociale generata dal primo conflitto mondiale (1914-1918) e dalla difficile normalizzazione della vita pubblica che produsse, tra l’altro, il famoso “biennio rosso” (fase compresa fra il 1919 e il 1920, contrassegnata da lotte operaie e contadine).

    L’avvento del fascismo fu visto da molti come fattore di stabilizzazione del sistema attraverso una serie di provvedimenti, sin dai primi anni del suo governo, che oggi definiremo di “welfare” a sostegno dei lavoratori e delle fasce più deboli della popolazione (ad. es. assicurazioni di vecchiaia, assegni famigliari, tutela della maternità e dell’infanzia). Diversi studiosi riconoscono l’importanza di alcuni provvedimenti, posti in essere soprattutto nel periodo di massima depressione economica mondiale, quali la creazione dell’Istituto Mobiliare Italiano (IMI, nato nel 1931 a sostegno delle “banche miste”), dell’Istituto per la Ricostruzione Industriale (IRI; nato nel 1933 per il salvataggio delle banche e delle aziende a loro connesse) e, infine, la separazione tra banche e imprese (1936), dopo che tale connessione aveva determinato tanti disastri economici e finanziari.

    Inoltre, il periodo fascista fu caratterizzato da grandi innovazioni scientifiche, tecnologiche e culturali come, ad esempio, quelle legate alle scoperte del gruppo di fisici capeggiato da Enrico fermi, denominato “I ragazzi di via Panisperna”, la creazione nel 1927 dell’Ente italiano per le audizioni radiofoniche (EIAR) e di Cinecittà (1937). Nel 1935 fu inaugurata la nuova Sapienza, per l’epoca un’università all’avanguardia.

    La moda italiana, che dal secondo dopoguerra ad oggi viene celebrata in tutto il mondo, ebbe un forte impulso creativo e registrò una notevole crescita in seno all’economia italiana proprio per volontà di Mussolini. Infine, l’ultima grande visione di Roma Capitale (al netto degli scempi archeologici) è stata quella fascista. Dal secondo dopoguerra in poi vi è stata, in larga misura, speculazione edilizia e quelle poche o tante idee che hanno avuto taluni urbanisti e “archistar”, sarebbe stato meglio che non le avessero avute. Senza voler poi parlare delle trite e ritrite bonifiche Pontine e altre iniziative analoghe.

    Tuttavia, anche volendo non dare troppo peso alle critiche di studiosi che hanno messo in evidenza diverse scelte errate del governo fascista in campo economico, finanziario e sociale, (ad esempio, l’autarchia e “Quota 90”, gli interventi sociali di retroguardia rispetto a quello che chiedevano i socialisti, la creazione di borgate sparse nell’agro romano, di fatto anti urbane), la diffusa corruzione negli ambienti politici e amministrativi coevi e anche considerando che l’Italia prefascista era tutt’altro che democratica, almeno secondo l’odierna concezione di democrazia, non si possono negare le nefandezze di un regime terrificante.

    Il “Ventennio” ha significato la demolizione dei pochi o tanti diritti acquisiti durante la fase liberale dello Stato italiano, del periodo risorgimentale e post risorgimentale.  L’avvento del fascismo ha significato la fine di ogni forma di libertà di stampa e di opinione ben prima dell’emanazione delle famigerate leggi anti ebraiche e della guerra, avvenute dopo anni di annichilimento delle coscienze. Tutto ciò, determinò, tra l’altro, la fuga all’estero di tanti italiani oppositori del regime, anche di molte eccellenze, che depauperò il Paese dal punto di vista economico nonché del sapere critico e scientifico. Chi è rimasto tra politici, intellettuali e giornalisti fu costretto ad abdicare alla libertà di azione, di ricerca e di critica.

    Idealmente, per certi versi,  il fascismo fu una città le cui fondamenta furono gettate sul sangue di Giacomo Matteotti e che crollò definitivamente a piazzale Loreto.

     

    Claudio Procaccia

    Direttore del Dipartimento Beni e Attività Culturali della Comunità Ebraica di Roma

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