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    I resistenti ebrei: la storia di Hermann Wygoda, il leggendario partigiano “Enrico”

    Quest’anno la commemorazione nazionale del 25 aprile si arricchisce di nuove vicende di resistenti ebrei. La Fondazione CDEC infatti ha proseguito il suo lavoro di censimento nazionale con 80 nuovi nomi da ricordare come persone che, in maniera diversa hanno militato in favore dell’antifascismo e dell’antinazismo.

     

    Sono state sondate le regioni Campania, Lazio, Toscana, Emilia Romagna e Liguria e sono emerse personalità straordinarie che hanno contribuito alla Resistenza con le loro capacità militari (quelli che avevano fatto la prima guerra mondiale come Mario Jacchia, medaglia d’oro), organizzative (come Eugenio Calò o Pino Levi, capi partigiani), mediche (Vittorio Servi, Rinaldo Laudi, Sauro Rottenstreich), di pensatori politici  (Leo Valiani, Vittorio Foa, Emanuele Colorni), di coraggiosi paracadutisti (Enzo Sereni, Luciano Servi) e la lista potrebbe allungarsi a dismisura.

     

    La cosa importante da sottolineare è che stiamo parlando di resistenti, non necessariamente di partigiani in armi, sono infatti inclusi in questa ricerca quegli ebrei che hanno usato particolare senso di solidarietà verso gli altri ebrei lavorando per le organizzazioni di soccorso, producendo documenti falsi, guidando verso la frontiera italo-svizzera come Goffredo Pacifici, Mario Finzi, Massimo Teglio. 

     

    Voglio qui ricordare una particolare figura di ebreo partigiano, la cui vicenda supera qualsiasi fantasia si volesse mettere in una fiction sulla resistenza. Si tratta di Hermann Wygoda, ebreo polacco che aveva studiato ingegneria civile a Berlino e che conosceva bene Quest’anno la commemorazione nazionale del 25 aprile si arricchisce di nuove vicende di resistenti ebrei. La Fondazione CDEC infatti ha proseguito il suo lavoro di censimento nazionale con 80 nuovi nomi da ricordare come persone che, in maniera diversa hanno militato in favore dell’antifascismo e dell’antinazismo.

     

     tutti i risvolti della lingua tedesca. Al momento dell’invasione della Polonia decide di farsi passare per polacco nato in Germania, status particolarmente gradito agli invasori. Con documenti falsi, decide di recarsi a Berlino, tana del leone, ma anche città della sua gioventù. Risponde ad un annuncio sul giornale di richiesta di lavoratori esperti e laureati, si presenta agli uffici dell’Organizzazione paramilitare Todt, responsabile delle fortificazioni e dell’edilizia di guerra (ponti, strade, trincee, muraglie). Si fa assumere e apprezzare dai suoi capi che, naturalmente, non sanno che è ebreo e gli concedono perfino una pistola. Chiede di essere mandato come ingegnere in uno dei Paesi occupati, prima in Lituania poi a nord della Germania. Infine, con uno stratagemma, si fa mandare nell’Italia occupata, si presenta all’ufficio della Todt in Liguria dove i tedeschi temono che avverrà lo sbarco alleato. Viene accolto con grande gioia perché si deve costruire una muraglia tra Varazze e Savona lungo il litorale.  Lo mettono a capo di una squadra di lavoratori italiani, lui ne approfitta per imparare la lingua. Dopo qualche mese decide di fuggire attraversando il mare verso la Corsica già liberata dagli Alleati. Proprio quando tutto è pronto per la partenza su una barca da pesca, la notte stessa, viene arrestato dalla gendarmeria militare (non dalla Gestapo). Wygoda si chiede come mai viene trattato con rispetto e non come un qualsiasi povero ebreo che cerca di salvarsi. Viene incarcerato in attesa di interrogatorio in una caserma italiana scarsamente sorvegliata. Nella stessa cella trova due soldati tedeschi disertori dall’esercito, li convince che, senza prendere provvedimenti, saranno presto tutti e tre fucilati. Decidono di tentare di evadere: una sera, Wygoda si butta per terra ululando e, facendo finta di stare male, si rotola dal dolore, arriva una guardia italiana, i tedeschi gli danno una botta in testa e lo legano, fuggono insieme buttandosi da una finestrella del bagno. Corrono verso le colline di Savona. Si separano per maggiore sicurezza. Lui corre a perdifiato per ore; al mattino bussa alla porta di un casolare per cercare aiuto che gli viene prontamente accordato. I contadini gli raccontano che in città si è sparsa la voce che una spia inglese è evasa di prigione. È così spiegato il trattamento con i guanti usato dai tedeschi nell’arrestarlo. I montanari temono un rastrellamento, mettono al riparo il fuggitivo in una grotta inaccessibile nella montagna. Dopo una decina di giorni, Wygoda vede avvicinarsi due partigiani che gli chiedono di seguirlo, i loro capi lo stanno attendendo, giunge al loro cospetto: senza troppi preamboli, gli chiedono se sa usare le armi e se vuole unirsi a loro. Lui, che non vedeva l’ora, risponde subito che accetta. Nel giro di pochi mesi è a capo di una piccola formazione, poi di una brigata e, poi, quando il movimento della resistenza si ingrossa con nuove reclute, addirittura di una divisione. Diventa Enrico, il leggendario capo partigiano delle montagne savonesi.

     

    Questa storia e altre sono il soggetto di alcuni podcast che, assieme ad una piccola mostra digitale di documenti, si trovano nel sito resistentiebrei.cdec.it

     

    I podcast si trovano anche sulla piattaforma Spotify.

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    Photo credits:  per gentile concessione della Fondazione CDEC

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