
Il Museo Ebraico di Amsterdam ha presentato il suo nuovo programma pluriennale con l’inaugurazione di due mostre: “Imagining Futures” e “Photo League: New York 1936-1951”. Il Direttore Emile Schrijver nell’illustrare i contenuti dell’ambizioso progetto ha spiegato: “Abbiamo ritenuto significativo esplorare le vicende contemporanee che riguardano l’identità ebraica con i nostri partner pubblici, privati e culturali, con i nostri referenti scientifici e con gli artisti. Il programma, che coinvolgerà l’intero quartiere ebraico della città, affronterà vari temi da diverse prospettive in una serie di mostre, eventi pubblici, podcast, pubblicazioni e contributi online”.
“Imagining Futures. Il potere di pensare al futuro in tempi incerti” è una installazione, creata in collaborazione con il designer Mushon Zer-Aviv e con il supporto del fondo Netty Rosenfeld, che si compone di due parti: nella prima vengono proposti incontri con diverse persone che vivono nei Paesi Bassi e hanno familiari in Israele, a Gaza o in Cisgiordania; i protagonisti hanno partecipato a un workshop sul pensiero del futuro ad Amsterdam in cui hanno immaginato il futuro in cui sperano e gli scenari che temono. Le loro storie e i risultati delle loro riflessioni sono presentati nell’installazione sia visivamente che acusticamente. Nella seconda parte il visitatore è invitato a creare le proprie immagini dal futuro, ad aggiungerle all’installazione rispondendo a due domande: “quali cambiamenti del mondo stanno influenzando la tua vita?” e “in quale modo i cambiamenti che hai identificato danno forma alle tue idee sul futuro?”.
La mostra “Photo League: New York 1936-1951” è prodotta in collaborazione con la Howard Greenberg Gallery di New York e presenta il lavoro di un gruppo di fotografi all’avanguardia che hanno documentato la vita quotidiana nella Grande Mela. È la prima mostra europea in cui vengono esposti anche documenti storici e interviste inedite ai protagonisti, pionieri della fotografia di strada che hanno usato le loro macchine fotografiche come strumento di lotta per il cambiamento sociale, molti di loro erano ebrei, molte erano donne. La PhotoLeague è nata quando l’America era nel mezzo della Grande Depressione, un periodo di migrazione e disuguaglianza sociale. La League attirava fotografi di ogni estrazione che avevano il desiderio di esplorare la città, fotografando lavoratori, bambini, migranti e altri gruppi emarginati, scattando foto che univano la qualità artistica alla consapevolezza politica, creando un linguaggio visivo che era allo stesso tempo empatico e conflittuale. Il risultato dei lavori di quegli anni fu lo sviluppo di un nuovo stile con un mezzo che era di per sé ancora relativamente nuovo. Sono esposte opere emblematiche realizzate da artisti come Berenice Abbott, Weegee, Lisette Model e Walter Rosenblum e scatti che lasciano chiaramente intendere come il movimento della Photo League rifletta la storia dell’emancipazione ebraica e della solidarietà con le altre comunità, in particolare con la popolazione di colore di New York. Questo senso di riconoscimento reciproco tra diversi gruppi che vivevano in modo differente l’esclusione e la discriminazione ha dato origine a prospettive innovative nella fotografia. La Photo League continuò fino agli anni ’50, era l’epoca di McCarthy in cui i membri del collettivo furono accusati di nutrire simpatie per il comunismo per cui la League venne inserita nella lista nera nel 1947, gran parte dei fotografi si allontanò fino allo scioglimento avvenuto nel 1951. La maggior parte delle donne del gruppo scomparve nell’oscurità: le loro carriere si fermarono.
Foto: Ernst van Deursen