
Poco o nulla dell’identità ebraica traspare dalle opere degli artisti italiani attivi dalla seconda metà dell’Ottocento. La liberazione dai ghetti e l’entusiasmo per l’Emancipazione orientarono infatti pittori e scultori verso stili e soggetti condivisi nel resto della penisola, dimostrando una piena integrazione nel tessuto sociale della nuova nazione. Ma questa integrazione non implicò necessariamente l’abbandono delle proprie radici.
Lo dimostra una vicenda poco nota, riemersa sfogliando giornali e archivi: la storia di Visione profetica, una grande composizione allegorica dipinta nel 1893 da Gerolamo Navarra (Verona, 1852 – Milano, 1920). Il quadro, oggi disperso, fu celebrato al tempo dalla stampa ebraica italiana – come “Il Vessillo Israelitico” e “Il Corriere Israelitico” – ma anche da testate a larga diffusione come “L’Adria” di Trieste, che ne sottolineava il valore civile: «Navarra vuole combattere, con le sue nobilissime armi, una battaglia contro l’antisemitismo, una delle malattie che affliggono l’umanità di questa fine secolo».
Per anni di quest’opera si conoscevano solo le descrizioni. Finché un’immagine fotografica non è emersa tra i documenti dell’archivio di Émile Zola, a Parigi. Fu lo stesso Navarra a inviarla nel 1898, da Venezia, al celebre scrittore francese affiancandola a una dedica eloquente: «Al sommo maestro Emilio Zola esempio unico di sublime eroismo e sacrificio, il trionfo della sua causa trionfo della verità e della giustizia». Era un omaggio diretto a colui che, proprio in quell’anno, con il celebre articolo J’Accuse…! pubblicato su “L’Aurore”, aveva preso pubblicamente posizione in difesa di Alfred Dreyfus, l’ufficiale ebreo dell’esercito francese condannato ingiustamente per spionaggio. Il gesto di Navarra colloca dunque il suo dipinto dentro una rete europea di solidarietà e denuncia, ben al di là dei confini italiani.
Dalla fotografia oggi nota, Visione profetica si presenta come una scena allegorica attraversata diagonalmente da un flusso d’acqua, nel quale fluttuano due angeli che trasportano le Tavole della Legge. La figura d’Israele, ammantata da un peplo, calpesta serpi e belve; le sue braccia si protendono in un ampio gesto verso due altre figure simboliche – “il cuore” e “l’ingegno” – che rappresentano le forze dello spirito umano. Sulle sponde, le manifestazioni dell’intelletto e dell’arte sembrano disporsi a sostegno del suo cammino.
Visione profetica appare così non solo come un’opera d’arte, ma come un manifesto morale: un quadro che mette in scena un popolo saldo nei suoi valori spirituali e culturali. In un’epoca in cui l’antisemitismo tornava ad affacciarsi con forza nella politica e nella stampa europea, Navarra scelse consapevolmente la pittura contro la violenza e la discriminazione, usando le armi dell’immaginazione e del simbolo. Oggi, grazie al ritrovamento di questa immagine, Visione profetica torna a parlare: non più solo come testimonianza storica, ma come atto d’arte e di coraggio civile che interroga ancora il nostro presente.
Artisti ebrei dall’Emancipazione alla fine dell’Italia liberale
Davide Spagnoletto
Edifir-Quaderni della Fondazione Ambron Castiglioni
Caratteristiche: 128 pp * brossura * 17×24 cm * ill. b/n
Foto: Lettera di Gerolamo Navarra a Émile Zola del 5 febbraio 1898, Parigi, Centre d’Études sur Zola et le Naturalisme & Institut des textes et manuscrits modernes