
Personalmente credo che la musica pop, i festival musicali, nazionali o internazionali che siano, dicano sempre molto sulla società che ci circonda e sul momento storico che stiamo vivendo. Il festival dell’Eurovision di Basilea è uno di questi appuntamenti apparentemente leggeri e popolari, ma che in realtà è il palco di una serie di riflessioni sociali e storiche che non sono né leggere, né superficiali. Cominciamo dalla candidata che rappresenterà lo Stato di Israele: Yuval Raphael, non una ragazza qualunque, non una semplice cantante pop. Yuval è una sopravvissuta, una giovane ragazza che è simbolo di tutto il dolore e di tutta la resistenza della nuova generazione di israeliani. Yuval infatti è rimasta coinvolta nel massacro del festival musicale Nova. Dopo essersi nascosta con altre 50 persone in un piccolo rifugio antiaereo vicino al kibbutz Be’eri, il gruppo è stato bersagliato dai terroristi di Hamas. Soltanto 11 delle 50 persone sono sopravvissute, tra cui Yuval, che ha dovuto fingere di essere morta sotto i corpi senza vita per 8 ore. Vedere quindi Yuval che manda baci verso i manifestanti che l’hanno accolta a Basilea con le bandiere palestinesi è il più grande gesto di forza e di orgoglio che il mondo ottuso possa aver visto negli ultimi mesi. Ma i manifestanti non si sono limitati alle proteste avvolti da kefia e bandiere del terrore. Uno di loro, il più sincero o il più sprovveduto o il più furbo, al passaggio della delegazione israeliana, ha mimato il gesto del taglio della gola verso Yuval, una donna che ha visto con i propri occhi quel gesto divenire realtà per tanti giovani come lei. Capiamo quindi in che atmosfera e con che ambiente ostile Yuval si confronterà, un ambiente dove non è in discussione la sua presenza politica in quanto israeliana, bensì un ambiente dove si rifiuta e si combatte la sua esistenza in quanto ebrea, donna, israeliana sopravvissuta al più grande massacro di ebrei e di giovani ebrei dopo la Shoà. Il mondo non perdona a Yuval la sua forza, la sua tenacia, la sua stessa vita. Ed in questo Yuval è figlia di Abramo, quel patriarca che fu definito Ivri, l’ebreo. Secondo Rabbi Yehuda questo termine, Ivri indica una caratteristica ben precisa dalla radice della parola “ever” nel senso di essere dall’altra parte rispetto al mondo. Abramo è quindi chiamato in questo modo perchè stava dall’altra parte rispetto ad un mondo dove tutti erano politeisti e pagani, e lui credeva fermamente in un solo Dio, creatore del cielo e della terra. Yuval in questo senso è ebrea: il mondo la accoglie con bandiere e gesti di morte e lei banda baci e canta. Sta dall’altra parte. La parte della vita, la parte dell’amore e nella sua canzone citando un bellissimo versetto del Shir HaShirim Yuval lo afferma con forza:
מַ֣יִם רַבִּ֗ים לֹ֤א יֽוּכְלוּ֙ לְכַבּ֣וֹת אֶת־הָאַהֲבָ֔ה וּנְהָר֖וֹת לֹ֣א יִשְׁטְפ֑וּהָ
Le grandi acque non possono spegnere l’amore, e dei fiumi non possono sommergerlo.
Non importa con quanti fiumi e quanti mari il mondo invoca la cancellazione di Israele, non importa quanto numerose sono queste acque torbide di violenza e manipolazione. Yuval canta in nome dell’amore, donna gigante, con la forza delle voci dei giovani che non potranno più cantare o ballare da soli, ma lo faranno attraverso la voce di Yuval.
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